San Benedetto |
Norcia (Perugia), ca. 480 - Montecassino (Frosinone), 21 marzo 543/560
E' il patriarca del monachesimo occidentale. Dopo un periodo di solitudine presso il sacro Speco di Subiaco, passò alla forma cenobitica prima a Subiaco, poi a Montecassino. la sua Regola, che riassume la tradizione monastica orientale adattandola con saggezza e discrezione al mondo latino, apre una via nuova alla civiltà europea dopo il declino di quella romana. In questa scuola di servizio del Signore hanno un ruolo determinante la lettura meditata della parola di Dio e la lode liturgica, alternata con i ritmi del lavoro in un clima intenso di carità fraterna e di servizio reciproco. Nel solco di San Benedetto sorsero nel continente europeo e nelle isole centri di preghiera, di cultura, di promozione umana, di ospitalità per i poveri e i pellegrini. Paolo VI lo proclamò patrono d'Europa (24 ottobre 1964). La sua memoria, a causa della Quaresima, è stata trasferita dalla data tradizionale del 21 marzo, ritenuto il giorno della sua morte, all'11 luglio, giorno in cui fin dall'alto Medioevo in alcuni luoghi si faceva un particolare ricordo del santo. (Mess. Rom.)
Patronato:Europa, Monaci, Speleologi, Architetti, IngegneriLa sua nobile famiglia lo manda a Roma per gli studi, che lui non
completerà mai. Lo attrae la vita monastica, ma i suoi progetti
iniziali falliscono. Per certuni è un santo, ma c’è chi
non lo capisce e lo combatte. Alcune canaglie in tonaca lo vogliono per
abate e poi tentano di avvelenarlo. In Italia i Bizantini strappano ai
Goti, con anni di guerra, una terra devastata da fame, malattie e
terrore. Del resto, in Gallia le successioni al trono si risolvono
in famiglia con l’omicidio.
"Dovremmo domandarci a quali eccessi si sarebbe spinta la gente del
Medioevo, se non si fosse levata questa voce grande e dolce". Lo dice
nel XX secolo lo storico Jaques Le Goff. E la voce di Benedetto
comincia a farsi sentire da Montecassino verso il 529. Ha creato un
monastero con uomini in sintonia con lui, che rifanno vivibili quelle
terre. Di anno in anno, ecco campi, frutteti, orti, il laboratorio...
Qui si comincia a rinnovare il mondo: qui diventano uguali e fratelli
“latini” e “barbari”, ex pagani ed ex ariani, antichi schiavi e antichi
padroni di schiavi. Ora tutti sono una cosa sola, stessa legge, stessi
diritti, stesso rispetto. Qui finisce l’antichità, per mano di
Benedetto. Il suo monachesimo non fugge il mondo. Serve Dio e il mondo
nella preghiera e nel lavoro.
Irradia esempi tutt’intorno con il suo ordinamento interno fondato sui
tre punti: la stabilità, per cui nei suoi cenobi si entra per
restarci; il rispetto dell’orario (preghiera, lavoro, riposo), col
quale Benedetto rivaluta il tempo come un bene da non sperperare mai.
Lo spirito di fraternità, infine, incoraggia e rasserena
l’ubbidienza: c’è l’autorità dell’abate, ma Benedetto,
con la sua profonda conoscenza dell’uomo, insegna a esercitarla "con
voce grande e dolce".
Il fondatore ha dato ai tempi nuovi ciò che essi confusamente
aspettavano. C’erano già tanti monasteri in Europa prima di lui.
Ma con lui il monachesimo-rifugio diventerà monachesimo-azione.
La sua Regola non rimane italiana: è subito europea,
perché si adatta a tutti.
Due secoli dopo la sua morte, saranno più di mille i monasteri
guidati dalla sua Regola (ma non sappiamo con
certezza se ne sia lui il primo autore. Così come
continuiamo ad essere incerti sull’anno della sua morte
a Montecassino). Papa Gregorio Magno gli ha dedicato un
libro dei suoi Dialoghi, ma soltanto a scopo di edificazione,
trascurando molti particolari importanti.
Nel libro c’è però un’espressione ricorrente: i
visitatori di Benedetto – re, monaci, contadini – lo trovano spesso
"intento a leggere". Anche i suoi monaci studiano e imparano. Il
cenobio non è un semplice sodalizio di eruditi per il recupero
dei classici: lo studio è in
funzione dell’evangelizzare. Ma quest’opera fa pure di
esso un rifugio della cultura nel tempo del grande buio.
Dai
"Dialoghi"
San G regorio Magno
L'anno di nascita di s.
Benedetto non è storicamente certo, ma la tradizione lo colloca
nel 480 a Norcia. S.Benedetto appartiene ad una famiglia nobile, forse
quella gens Anicia, che come molte, nel periodo di decadenza
dell'Impero, aveva abbandonato Roma per la più tranquilla
provincia. Benedetto compie i primi studi a Norcia. Alla sua formazione contribuiscono gli esempi dei venerati asceti e della sorella Scolastica, consacrata alla vita religiosa fin dagli anni dell'infanzia. Mandato successivamente a Roma per seguire un indirizzo letterario e giuridico, conveniente alla sua condizione sociale, Benedetto conosce il degrado economico e sociale della città, determinato anche dalla contesa del supremo pontificato da parte di Simmaco e Lorenzo, nonostante la pace assicurata in quegli anni da Teodorico. A 17 anni Benedetto, accompagnato dalla sua nutrice, fugge da Roma verso Tivoli e si ferma nel borgo di Enfide, l'odierna Affile, a circa 60 Km da Roma, per dedicarsi in solitudine alla vita religiosa. Ma i primi eventi straordinari alimentano la devozione e la curiosità e suscitano intorno a lui una indesiderata popolarità. Benedetto prosegue il cammino verso i monti e raggiunge la vicina località di Subiaco, "sub lacus". Qui incontra un monaco di nome Romano, il quale dimora in un piccolo monastero non lontano, sotto la guida del padre Adeodato, al quale Benedetto confida il suo proposito di vita ascetica. Romano lo accompagna in una caverna nascosta in un luogo selvaggio, lo riveste dell'abito religioso, e si cura di portargli quotidianamente del pane, privandosi della sua porzione di cibo, calandolo dall'alto per mezzo di una fune. Romano è fedele alla consegna e custodisce il segreto del rifugio nel quale Benedetto, per tre anni, conduce una vita aspra e solitaria. Venerato per la sua virtù, Benedetto, secondo la tradizione, viene invitato da una comunità di monaci di Vicovaro ad assumere il governo del monastero a seguito della morte dell'abate. I tentativi di Benedetto di creare i presupposti per una nuova vita spirituale si infrangono contro l'ostinata volontà dei monaci, che tentano di ucciderlo con una coppa di vino avvelenato. Benedetto abbandona così Vicovaro e ritorna allo speco di Subiaco: ma sono ormai molti che vengono a lui e lo riconoscono come maestro di vita. Egli ben presto comprende la necessità di abbandonare definitivamente la vita ascetica per dedicarsi all'insegnamento. Fonda così dodici piccoli monasteri, con i rispettivi superiori, che fanno tutti capo a lui, riservando per sé il monastero dedicato alla formazione dei discepoli. La fama di Benedetto si diffonde anche presso la nobiltà romana: due illustri cittadini, Equizio e il patrizio Tertullio, consegnano a Benedetto i propri figli Mauro e Placido, che saranno i primi componenti della grande famiglia benedettina. Ma la gelosia e l'avversione per il successo che Benedetto riscuote tra i giovani, spinge un monaco di nome Fiorenzo a tentare di ucciderlo con del pane avvelenato. Il piano non riesce. Tuttavia Fiorenzo istiga alla corruzione i discepoli conducendo sette giovani fanciulle nel giardino del monastero. Benedetto decide allora di abbandonare tanta malvagità e di trasferirsi in altro luogo, per edificare una nuova casa, espressione definitiva di quell'ideale di vita monastica che ha maturato nei lunghi anni di vita contemplativa. Assicurato un definitivo assetto alla comunità sublacense, Benedetto inizia il suo viaggio verso l'antica città di Cassino, dove vi approda tra il 525 e il 529. Qui, nonostante cinque secoli di predicazione cristiana, il paganesimo è ancora molto diffuso, anche in quei luoghi che sono stati sede del vescovo Severo, situati vicino ad Aquino, importante diocesi occupata in quegli anni da s. Costanzo. Benedetto abbatte gli altari pagani, recide il bosco sacro ad Apollo, volge al culto cristiano i templi, consacrandoli a s. Martino di Tours, il monaco apostolo delle Gallie, e a s. Giovanni Battista, padre dei monaci del Nuovo Testamento e precursore di Cristo. Adattando i vecchi edifici, ne eleva di nuovi per la dimora dei monaci. La costruzione di Montecassino vede Benedetto impegnato come architetto, ingegnere ed organizzatore del nuovo monastero, dove resterà per sempre, dedito alla definizione della sua Sancta Regula, sul modello eremitico orientale risalente a s. Pacomio e sulla base degli insegnamenti di s. Basilio, di Cassiano, di s. Cesario e della Regula Magistri, anonima. La tradizione vuole che Benedetto muoia a Montecassino nel 547, il 21 di marzo. Sei giorni prima fa aprire il sepolcro e, sentendo vicino l'ora della dipartita, si fa accompagnare nell'oratorio ove, munito dei sacramenti e sostenuto dai discepoli, rende l'anima al Signore. Alcuni dei miracoli di S. Benedetto dal racconto di S. Gregorio Magno Miracolo del vaglio ricomposto. Durante la permanenza ad Affile, la nutrice di Benedetto chiese in prestito un setaccio, che accidentalmente si ruppe. Benedetto, viste le lacrime di dispiacere della donna, lo ricompose miracolosamente. I monaci di Vicovaro, non acconsentendo alla severità della sua vita, cercarono di sbarazzarsi di s. Benedetto, servendogli una bevanda avvelenata. Il Santo tracciò il segno della croce sul calice, ed esso si spezzò " come se fosse stato non già benedetto bensì colpito da un sasso". L'intervento miracoloso del corvo salva s. Benedetto dal pane avvelenato con cui il monaco Fiorenzo tentò di ucciderlo. Un Goto, uomo semplice ed accanito lavoratore, occupato a liberare dai rovi un terreno sulla riva del lago, adopera con tanta forza la sua roncola che il ferro si stacca e cade nell'acqua profonda. Il Goto va da Mauro per accusarsi del suo errore. Mauro parla a s. Benedetto che avvicinandosi al lago prende il manico dell'utensile e lo avvicina all'acqua: la lama, per miracolo, si ricompone subito con il manico. Un giorno il piccolo Placido, prendendo l'acqua dal lago, viene trascinato dalla corrente. Benedetto dalla sua cella assiste all'episodio ed ordina a Mauro di correre in aiuto del fanciullo. Una volta in salvo, Placido si rende conto del miracolo: nel venir trascinato fuori dall'acqua, egli vedeva, sul capo, la mantellina dell'abate ed "aveva l'impressione che fosse lui a tirarlo fuori". A Totila, re dei Goti, era giunta la notizia del dono della profezia di s. Benedetto e volle verificarla. Domandò di essere ricevuto da Benedetto. Ma venuto il giorno della visita mandò al suo posto lo scudiero Rigo, vestito di tutto punto dell'abbigliamento regale e attorniato da una scorta regale. Benedetto vedendo giungere Rigo, gli grida "Levati, figlio, levati quest' abbigliamento che indossi senza che sia tuo". Rigo riferisce tutto a Totila che si presenta di persona. S. Benedetto gli rimprovera la sua crudeltà e l'invita a rinunciarvi non prima di aver profetizzato: "Entrerai in Roma, passerai il mare, regnerai per nove anni e nel decimo morrai". Così, in seguito, avvenne. Due monaci peccano contro la Regola mangiando al di fuori del monastero. Al loro rientro s. Benedetto elenca loro tutto ciò che hanno mangiato e presso chi l'hanno fatto. In tempi di carestia s. Benedetto precisa "Perchè il vostro animo si affligge per la mancanza di pane? Oggi, è vero, ce n'è poco, ma domani ne avrete in abbondanza". Il giorno seguente, furono trovati davanti alla porta del monastero 200 moggi di farina. |