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Essere erranti
Dovremmo imparare ad essere interiormente erranti. Infatti è per poterti controllare che la Grande Madre (partito, chiesa, new age, ecc.) ti vuole psicologicamente immobile. Naturalmente, se cambi fede ogni due anni, look, residenza e lavoro in continuazione, è ben contenta: verrai comunque controllato, a ogni passaggio e intanto consumerai di più. Anche se sei disposto a indebitarti per andare in vacanza in paesi lontani, come fanno ogni anno gli americani, con apposite carte di credito, reclamizzate su Internet. Ma si tratta, appunto, di falsi movimenti. In apparenza ti muovi: da una religione all'altra, da una città all'altra, da una donna all'altra, da un continente all'altro. In realtà sei immobilizzato, inchiodato nell'angoscia dello schiavo della tarda modernità, che deve muoversi per credersi libero.
L'errante invece si muove in profondità, anche se magari non va più lontano dell'isolato in cui abita. Egli è colui che non si lascia fissare dai mille controlli della modernità, sempre all'erta nel registrare quanti soldi hai, come passi il tuo tempo libero, che sport fai, dove andrai in vacanza. L'errante rompe i giochi, neutralizza i controlli. L'identikit che i fornitori, le associazioni, i centri di controllo sociale si sono fatti di lui non riesce mai a fissarne la fisionomia. È quello che non compra mai il libro che gli propongono gli esperti dei club di editori, sulla base degli acquisti precedenti. E' la variabile imprevista nei comportamenti elettorali. E' la delusione dei venditori a domicilio o per corrispondenza: lei, signor tal dei tali, che abita nella tal via e ha il tal reddito, non potrà non avere... E invece lui non ha. E ha magari altro, di più o di meno, non importa, ma quel che ha incontrato lui, personalmente, nelle sue scorribande, e che gli interessa. Non quello che gli propone il venditore telefonico, supplicando un appuntamento. L'errante, colui che non è mai, interiormente, dove la Grande Madre lo aspetta, rifiuta senza proclami la legge non scritta secondo la quale avere la spina dorsale, la volontà di potere su di sé, sia un peccato di superbia, di cui il bravo cittadino delle democrazie occidentali non deve macchiarsi. Egli sfugge silenziosamente al destino, già scritto per lui, di suddito devoto e di disciplinato consumatore. Sfugge all'alienazione e all'angoscia che tormenta gli individui a identità debole, imposta dall'esterno e sollecitata a continui mutamenti dal ciclo incessante dei consumi. Ma neppure cade nella follia. Quella alta in cui scivola l'ultimo Nietzsche, che si crede Dioniso, ma anche quella, postmoderna e metropolitana, verso cui corre la comprensibile rivolta del ribelle di Figbt Club.
Diventare psicologicamente degli 'erranti', dei nomadi, è così una praticabile via di uscita dalla spinta pietrificante di un sistema che ci vuole identificare coi nostri consumi, le nostre cose, la nostra maschera sociale. E' in fondo una via di fuga dalla schiavitù…
(Cfr. Claudio Risé, "Essere uomini", Ed. Red)