dietro
molti fatti storici abbiamo un sistema di eliminazione fisica
che
per alcuni era quasi un’arte
Dicono i maligni che
a differenza del "biondo Tevere", effettivamente biondo prima delle meches
da inquinamento dell'ultimo secolo, il "Danubio blu" era in realtà
tale solo nei valzer di Strauss. Ma l’anno 2000 fece il miracolo, col famoso
disastro dell’inquinamento da cianuro. "Cianuro" viene infatti dal
greco "cyanos", che significa proprio "blu". Il
"ciano" dei collezionisti di francobolli e dei laboratori
fotografici. O "blu di Prussia", o "acido prussico", dal
momento che fu isolato per la prima volta a Berlino nel 1704, dai prussiani
Dippel e Diesbach. E se vogliamo buttarla proprio in chimica, anzi, dovremmo specificare
che il cianuro uccide col legarsi al ferro presente nell'emoglobina, e col
bloccare quindi l'assunzione di ossigeno da parte del sangue. Insomma, si
soffoca fino a diventare, appunto, "cianotici". Variazioni sul
tema... Il Danubio Blu al cianuro, dunque, come ironica tautologia. Oltre che
come incidente ecologico di prima grandezza. Ma perché non anche come epifania
della storia? "Il mulino ad acqua dà la società schiavista, il mulino a
vento la società feudale, la macchina a vapore la società capitalista",
diceva Marx. Solo l'energia, o non anche i veleni? La preistoria dei popoli
cacciatori e raccoglitori, ad esempio, è la civiltà degli stricnoidi. I veleni
da punta di freccia usati contro la selvaggina, e su tutti il famoso curaro dei
popoli dell'Amazzonia. L'uirari, descritto dagli esploratori fin
dal XVI secolo, e che è estratto da una liana diluita in acqua bollente.
Paralizza i muscoli, e uccide in pochi minuti per il blocco di quelli
respiratori, anche con una ferita di striscio. Ma se ingerito per via orale è
innocuo, al punto che gli yanomami ne fanno addirittura un tè
contraccettivo. Quindi la carne della preda avvelenata può essere consumata
senza problemi. Anzi, è addirittura più sana di quella che circola dai nostri
macellai. Mangimi alla diossina e mucca pazza a parte, quella morte anestetica
evita le tossine da paura e dolore che le bestie accumulano nei nostri
"civili" mattatoi. Comunque, gli stessi yanomami conoscono un
disgustoso ma efficacissimo antidoto: in caso di ferita da freccia avvelenata,
bisogna bere immediatamente urina di donna e versarne un po' sulla ferita,
applicandovi subito dopo del fango bianco.
Ma contrariamente a
quanto spesso si dice, gli stricnoidi non sono una risorsa solo dei
"primitivi" del Nuovo Mondo. I boscimani dell'Africa Australe
sono altrettanto abili nell'estrarre veleni per frecce dai cespugli di strophantus
del deserto. Ai succhi vegetali, però, loro aggiungono anche il veleno di
serpenti, ragni e scorpioni. Col risultato che, al contrario del curaro
amazzonico, il loro dà una morte lentissima: due ore per una gazzella; dieci
ore per un'antilope; anche due giorni per una giraffa. Forse è solo una
suggestione, l'idea del veleno animale come risorsa ancora più arcaica del
veleno vegetale. Fossile di un'epoca ferina, in cui l'agricoltura non era
neanche cominciata. Certo è, però, che il veleno animale, anche in tempi più
recenti, ha sempre conservato un'aura di sinistra barbarie. Alle tossine del
pesce palla, ad esempio, ricorrono i bokor, gli stregoni del vudu
haitiano, per mandare la gente in catalessi, trasformandola in quella sinistra
categoria di "morti ipnotici" resa popolare dai film dell'orrore con
l'etichetta di zombie. Può sembrare incredibile, ma perfino questa
raccapricciante mistura è stata brevettata dall'industria farmaceutica Usa come
anestetico. Come d'altronde è stato fatto col curaro amazzonico.
Ancora, è una forma
di suicidio particolarmente feroce quel morso di aspide con cui Cleopatra
punì il suo corpo per non essere stato capace di sedurre Ottaviano allo stesso
modo di Cesare e Antonio. Ed è a base di teste di vipera pestate e mescolate al
vino la terribile ricetta con cui cerca di liberarsi del marito la moglie
traditrice di Donna Lombarda, un'antica e truce ballata diffusa su diversi
testi, dialetti e musiche in tutto il territorio d'Italia, e che gli esperti di
folklore considerano uno dei
"classici" della tradizione nazionale. Al di là della varietà delle
forme, sorprendentemente convergente è la vicenda dell'adultera smascherata
dalla miracolosa denuncia di un neonato, e costretta con la spada alla gola dal
marito a bere a sua volta la bevanda mortale. Costantino Nigra, un padre della
patria che fu anche pioniere degli studi demologici in Italia, sosteneva che la
"donna lombarda" non era altri, in realtà, che il ricordo
trasfigurato nella leggenda della "donna longobarda" Rosmunda.
Ovvero, l'infelice regina che il crudele Alboino aveva costretto a bere dal
teschio di suo padre, e che si era vendicata facendolo uccidere dal suo amante
Elmichi, con cui era poi riparata in territorio bizantino. Naturalmente, dopo
aver svaligiato la cassa del tesoro regio. Ma, narra Paolo Diacono, a quel
punto il complice era di troppo, vista la richiesta di matrimonio subito
pervenuta dall'esarca di Ravenna, Longino. E Rosmunda tentò dunque di togliere
di mezzo anche lui, appunto con un bicchiere di vino avvelenato. Ma fece
l'errore di scegliere un prodotto a lento effetto, sì da consentire ad Elmichi
di rendersi conto del tranello e, prima di tirarci le cuoia, di far fare anche
a lei la stessa fine. Proprio come nella canzone, costringedola a bere nello
stesso bicchiere a punta di spada.
Ma ci sono animali di
mezzo anche nella formula della "cantarella", il terribile veleno dei
Borgia. "Una polvere bianca, pressoché simile allo zucchero",
la descrisse Paolo Giovio. Ucciso un maiale, se ne cospargevano d'arsenico i
visceri e poi si faceva essiccare la massa putrefatta fino a ridurla in polvere
o se ne raccoglieva il liquido. Gli alcaloidi, uniti così all'acido arsenioso,
non ne alteravano il sapore, ma ne accrescevano la violenza tossica, che
mandava all'altro mondo in capo a ventiquattr'ore. Soffrendo atrocemente, visto
che l'arsenico "brucia" letteralmente l'intestino. Ma qua si è
bruciata forse anche qualche tappa... Di mezzo, infatti, andrebbe ricordata
l'antichità, come civiltà dei veleni "simil-alimentari". La cicuta,
di cui morì Socrate, contro cui Mitridate aveva fatto la sua famosa cura
di assuefazione prendendosela un po' per volta, e con cui si suicidò Annibale.
E i funghi velenosi con cui Agrippina si liberò di Claudio, per far
posto a suo figlio Nerone. Per curiosità, di funghi velenosi propinati da
qualche anticlericale infiltrato si riparlerà secoli dopo ma sempre a Roma, a
proposito della misteriosa intossicazione collettiva che colpirà i partecipanti
al Conclave del 1903. Sono tossici diversi, visto che la cicuta è uno
stricnoide che come il curaro si limita a paralizzare i muscoli, mentre le
tossine dei funghi distruggonpo addirittura le cellule. Ma in comune hanno
l'essere facilmente confondibili con vegetali commestibili, dal momento che la
cicuta è un'ombrellifera. Parente maligna, dunque, di carota, finocchio e
prezzemolo, e componente dell'indispensabile know-how di una società
agricola avanzata. D'altra parte, non sono usate più per la caccia, ma per
l'omicidio, o per la pena capitale. Se vogliamo, anzi, potremmo dire che,
motivazioni a parte, le modalità dell'esecuzione indolore di Socrate sono
comunque più "civili" che non i feroci spettacoli della crocifissione
di Gesù. O dello scorticamento di Marc'Antonio Bragadin. O del rogo di Giordano
Bruno. O degli squartamenti e mazzolamenti della Francia monarchica. O della
ghigliottima della Francia rivoluzionaria. O anche della sedia elettrica degli
Stati Uniti del XX secolo. Bisogna arrivare all'America di oggi per ritrovare
dopo tanti secoli, nell'iniezione letale, un tipo di esecuzione altrettanto
attento ad evitare sofferenze inutili. E' il cloruro di potassio, in questo
caso, il principale agente del cocktail mortale. Quello stesso
"cloro" di cui gli italici settantasettini auspicavano
somministrazioni massicce "al clero".
Ma qui stiamo già dai
vegetali ai minerali. E questa è l'ulteriore evoluzione tra il Medio Evo e
l'Età Moderna. Attraverso le pozioni delle streghe, da cui poison,
"veleno" in francese, pronunciato "puason". E in in
inglese, che però attraverso la differenza tra radice francese e latina
distingue il "poison" vegetale o minerale dal "venom"
animale. E testimonia così, nella sfumatura linguistica, l'ulteriore passaggio
attraverso i pentoloni degli alchimisti, col loro sapere umanistico ed
ermetico. E non è d'altronde un fenomeno quasi mefistofelico, la prodezza di
quei "mangi-arsenico" che nelle montagne dell'Austria Meridionale si
sono assueffatti da generazioni a usarlo come tonico e ricostituente? Arsenico,
è nella storia anche il famoso "processo dei veleni" alla corte di
Luigi XIV. O quelle tracce nei capelli del cadavere che continuano a rilanciare
i sospetti sul presunto avvelenamento di Napoleone a Sant'Elena. E, più in
generale, anche ogni morte misteriosa che abbia fatto pensare ad intossicazioni
lente. Dalla terribile fine che colpì papa Clemente XIV dopo aver
decretato la soppressione dei Gesuiti, con l'agonia di un mese e la finale
autopsia che trovò il cadavere con le labbra nere, la pelle squamata, le ossa
decomposte, le unghie e i capelli caduti. Alla leggenda dell'uccisione di Lenin
da parte di Stalin con un berretto avvelenato. E, perché no, anche alle chiacchiere
su Papa Luciani. A questo veleno, d'altra parte, è legato anche quel
capolavoro dell'humor nero che è Arsenico e vecchi merletti,
irresistibile farsa delle due vecchiette yankee che tra una canasta e una fiera
di beneficienza aiutano i vecchietti soli ad andare in Paradiso con vino di
sambuco "corretto", e li seppelliscono poi in cantina. A differenza
di quanto racconta Charlie Chaplin in Monsieur Verdoux, invece, il vero
Landru non avvelenava. Strangolava.
Ma qua siamo già in
pieno '900. E anche prima di questa apoteosi danubiana da Terzo Millennio, era
stato già il cianuro a conquistarsi il
titolo di "veleno della modernità" per antonomasia. E' con la
scoperta dell'America, infatti, che fa la sua massiccia irruzione nel Vecchio
Mondo. A livelli minimi, l'acido prussico è presente in varie sostanze
alimentari, dai noccioli delle ciliegie a quelli delle pesche o delle
albicocche. Il famoso "odore di mandorle amare" descritto nei libri
gialli, anch'essi a loro modo un'icona della modernità. Ma dosi letali stanno
invece nella manhiot esculenta,
attuale nome scientifico di quel tubero che i popoli pre-colombiani
conoscevano, a seconda delle aree, come mandioca, o yucca, o cassava.
Innocua era invece la manhiot utilissima, con l'altra facilmente
confondibile. Ma, dopo presumibili secoli di avvelenamenti, gli indios avevano
infine imparato a rendere commestibile anche la pianta nociva, eliminandone il
cianuro dalla nutrientissima polpa con un procedimento a base di grattugia,
lavaggio e cottura. Anche in Asia e in Africa, oggi, gran parte del mondo
tropicale si riempie la pancia grazie a questa sensazionale "trovata"
dei "selvaggi" d'America. Perfino i pigmei della foresta
congolese, che un'immagine superficiale supporrebbe "incontaminati",
hanno in realtà oggi una vera e propria dipendenza fisica dall'alto livello di
carboidrati di questa pianta americana. E la mandioca "depurata" è
anzi talmente digeribile che nel nostro stesso mondo "temperato" la
sua farina è uno dei principali alimenti con cui i nostri figli si svezzano: la
famosa "tapioca".
Ma se un tubero al
cianuro ha messo a gran parte dell'umanità una marcia in più nello stomaco, il
cianuro vero e proprio, isolato all'inizio della Rivoluzione Industriale, vi ha
poi fatto da insostituibile propellente monetario, nel momento in cui nell'800
si è scoperto il modo con cui estrarvi l'oro. Tornando a buttarla in chimica,
il cianuro sodico in presenza di ossigeno atmosferico forma un cianuro doppio
di oro e sodio, da cui il giallo metallo emerge infine dopo un ulteriore
trattamento con zinco metallico. Non ci avrete capito niente, ma nella storia
della tecnica mineraria l'"invenzione" ha avuto la stessa importanza
che il passaggio dalla carrozza all'auto nella storia dei trasporti. E stato comunque
il cianuro a rendere possibile la grande corsa all'oro nel Far West americano.
Gild Edge nel Montana e Mercer nell'Utah sono le due città che si contendono
l'invenzione. Certo, come quando si guida una macchina, è il caso di farci un
po' di attenzione. Appunto, Danubio docet...
Ma c'è anche un altro
straordinario titolo del cianuro all'Oscar di "veleno moderno". A
parte i caffè al cianuro di Pisciotta e Sindona, poiché è a
cianuro che andavano le camere a gas dei lager nazisti, è questo il veleno che
ha ammazzato in assoluto più gente nella storia. L'unico, anzi, a farlo in
quantità e con metodi "industriali". Per una singolare nemesi, di
cianuro si suicidarono anche gerarchi nazisti come Himmler, Goering
o Goebbels.
Veramente, il
"blu di Prussia"...
.