La democrazia “consolidata”
molti sono i casi nella storia recente di
degenerazione del potere quando non si ha il ricambio politico
Quanti anni può rimanere un partito al potere? Nel 2000 si è
parlato tanto della sconfitta del Partito Rivoluzionario Istituzionale
"dopo 71 anni". In realtà però, questa cifra richiede qualche
precisazione. Prima di tutto, tecnicamente il Pri come tale non esisteva che
dal 1946. Dunque, 54 anni. E' vero, invece, che Pri era il nuovo nome assunto
in quella data dal Partito Nazionale Rivoluzionario, fondato nel 1929,
e che già nel 1938 si era ribattezzato Partito della Rivoluzione Messicana. Ma
anche quella del 1929 non era stata in realtà che la costituzione formale in
movimento politico di una nomenklatura termidoriana già al potere, ed emersa
dalle convulse vicende della Rivoluzione Messicana tra 1917 e 1920. Dunque,
possiamo parlare di almeno 83 anni.
Ma è corretto comparare la durata al potere di un partito in quadro
pluralista con uno che invece agisce in un regime autoritario? La Democrazia
Cristiana italiana può suscitare più o meno simpatie o antipatie, ma
tra 1946 e 1994 al potere c'è stata per voto popolare. In elezioni che
certamente erano in generale espressive della volontà del Paese. Bisognerebbe
però aggiungerci anche i due anni tra 1944 e 1946, quando il partito dello
scudo crociato fece parte dei governi del Cln, non ancora ratificati da nessuna
legittimità popolare formale. Il Partito Comunista Bulgaro,
anch'esso al potere in simili circostanze dal 1944, dopo aver vinto le elezioni
del 1945 nel 1947 tolse la possibilità legale ai partiti di opposizione di
andare al potere, pur se non istituì mai un regime di partito unico formale,
permettendo all'antica Unione Popolare Agraria di sopravvivere come suo
satellite. Il pluralismo non fu ristabilito che nel 1989, ma le elezioni del
1990 furono vinte, sia pure solo di misura, dal Partito Socialista Bulgaro,
nuova denominazione dei comunisti. E solo nel 1991 ci fu finalmente il
sospirato ricambio. Come in Italia abbiamo avuto dunque un partito al governo per
50 anni, anche in Bulgaria lo abbiamo avuto per 47. Con la differenza, però,
che una legittimazione elettorale si era avuta in Italia per 48 di questi 50
anni, e in Bulgaria solo per appena 3 anni su 47.
Per tornare al Messico, in teoria il Pri non è mai stato un partito unico o dominante di tipo sovietico, e l'opposizione è sempre stata formalmente tollerata. Ma il sistema di brogli, clientelismo e occupazione del potere era tale che solo nel 1967 riesce a vincere i suoi primi sindaci di grandi città il Partito d'Azione Nazionale, quello che col neo-presidente Vicente Fox ha finalmente ottenuto l'alternanza. E solo dalle presidenziali del 1988 si può parlare di una competizione veramente aperta a livello nazionale. Va detto che era stato lo stesso Pri, con la cosiddetta "perestroika messicana", a favorire l'apertura. Ma, in effetti, se ci limitiamo a un contesto elettorale relativamente corretto, il cosiddetto "lungo governo" del Pri si limita a non più di una dozzina d'anni. Tutti sono capaci di restare al potere al lungo, senza la periodica verifica delle urne!
C'è però un altro modo di governare in eterno. Ed è quello di essere un
grande partito in un piccolo Paese estremamente stabile, e con un sistema
costituzionale su misura che impone ai grandi partiti di stare al governo tutti
insieme. Il record imbattuto e imbattibile, infatti, appartiene, senza che
nessuno se ne accorga, a quel partito svizzero il cui nome in tedesco significa
letteralmente "Partito Democratico dei Liberi Pensatori", quello in francese
"Partito Radicale Democratico", e la cui denominazione
nell'italofono Canton Ticino è Partito Liberale Radicale. Sono 153 anni di
governo, che continuano tuttora. Anche se si riducono a 107, se ci si limita
alla costituzione formale in partito su modello moderno. Naturalmente anche gli
altri partner nella "formula magica", come in Svizzera chiamano
questa eterna coalizione tra "i primi quattro", hanno performance
rispettabili, anche se non a quel livello: 110 anni per quello che fino al 1970
fu il Partito Conservatore Cattolico e che dal 1970 si chiama Partito Popolare
Cristiano Democratico; 58 anni per i socialdemocratici; 42 per l'Unione del
Centro Democratico ora condotto Cristoph Blocher, il cosiddetto "Haider
svizzero". Per quanto possa avere senso comparare al protestatario Haider
il leader di un partito che è al governo inamovibile da tante decadi...
Gli svizzeri, dunque, sono fuori concorso. Anche senza di loro,
comunque, il record di permanenza del Pri messicano non sarebbe durato che tre
mesi e mezzo. Fino al recentissimo "cambio" avvenuto alle ultime
elezioni di Taiwan, a marzo del 2000, il primato "extra-elvetico" non
era infatti quello del Pri ma quello del Kuo-min-tang, il
"Partito Popolare Nazionale" di Sun Yat Sen protagonista della rivoluzione
repubblicana cinese del 1911. Anche se negli ultimi 41 di questi 89 anni il suo
potere non si è esercitato più sulla Cina continentale, ma solo nel ridotto
isolano di Taiwan. Dove il generalissimo Chang Kai-shek si era rifugiato dopo
aver perso nel 1949 la guerra civile contro i comunisti. Anche qui,
bisognerebbe però ricordare come in realtà era solo da 10-15 anni che il Kuo-min-tang
governava in un quadro di effettivo pluralismo.
Qual è comunque ora, ripetendo per l'ultima volta e considerandolo
d'adesso in poi sottinteso "fuori della Svizzera", il partito al
governo da più tempo al mondo? Naturalmente, gli ultimi regimi comunisti stanno
tutti nella top ten. Sono 53 anni per il Partito dei Lavoratori Coreani,
al potere al Nord della Penisola. Uno in più dei 52 del Partito Comunista
Cinese. Altri 47 per il Partito Comunista Vietnamita, anche se la
conquista del Sud non è avvenuta che 25 anni fa. E 42 per il Partito
Comunista Cubano, contando però dalla presa del potere da parte di
Fidel Castro nel 1959, e non dalla sua costituzione formale nel 1961, né
dall'assunzione dell'attuale denominazione nel 1965. Mentre i 27 anni del
Partito Rivoluzionario Popolare Laotiano ne fanno una specie di fanalino di
coda.
E tuttavia, il primato in carica non spetta a un regime comunista, ma a
un altro partito-Stato tipicamente latino-americano: l'Associazione Nazionale
Repubblicana, che però tutti in Paraguay chiamano Partito Colorado,
cioè rosso, dal suo colore tradizionale. Lo spagnolo delle Americhe ha
conservato quell'arcaica nomenclatura romana e medievale secondo cui è il rosso
il colore per eccellenza. Retaggio dell'epoca in cui i molluschi dei fenici
erano gli unici coloranti conosciuti, e la tunica porpora era il privilegio
dell'imperatore.... Non si tratta invece di un "rosso" nel senso
consueto della simbologia europea. Al contrario, i colorados sono in
Paraguay la destra, in contrapposizione a quel Partito Liberale che è invece la
sinistra tradizionale, e che però è contrassegnato da un colore in Europa da
sempre associato alla destra:
l'azzurro.
Nei due partiti, fondati nel 1887, il richiamo ideologico è però
abbastanza vago, rispetto a un radicato sentimento di appartenenza che si passa
di padre in figlio, quasi come una religione. Anche se qualcosa sta ora
cambiando. Fino a 10-20 anni fa, all'incirca, su ogni 5 paraguayani 3 erano
incrollabilmente "rossi" e 2 altrettanto incrollabilmente
"azzurri". Oggi, sempre all'incirca, su ogni 4 uno è colorado, uno
liberale, uno vota per chiunque non siano i due partiti tradizionali, e uno
vota per clientela. Il che però vuol dire pure che vota colorado, visto
che il partito è al governo dal 1940. Sessant'anni. D'altra parte, questo è un
Paese che non ha mai avuto ricambi democratici. Dall'indipendenza al 1870 ci
furono regimi autoritari. I colorados governarono poi dal 1870 al 1904,
anche se la costituzione formale del partito è nel 1887. I liberali, che
boicottavano le elezioni, presero il potere nel 1904 con una rivoluzione e ci
rimasero fino al febbraio 1936, quando il colonnello Rafael Franco fece un
golpe e andò al potere con una giunta in cui i quattro membri si proclamavano
rispettivamente nazista, fascista, comunista e nostalgico dei regimi di prima
del 1870 (e il partitino che si richiama a quell'esperienza sta oggi
nell'Internazionale Socialista!). Contro-golpe nel 1937 del generale liberale
Estigarribía, che però morì nel 1940 in un incidente aereo. E il suo vice
litigò subito coi liberali, e riportò al potere i colorados, che grazie all'aiuto
di Perón vinsero nel 1947 una feroce guerra civile contro una strana coalizione
tra liberali, comunisti e "febreristi". Questi ultimi i seguaci, in
teoria ex-fascisti, della "Rivoluzione di Febbraio" del colonnello
Franco.
Nel
1954, però, nel Partito Colorado si impose con un golpe interno il
generale Alfredo Strossner, epurando la dirigenza del partito, parte della
quale andò all'opposizione e appoggiò nel 1961 un tentativo guerrigliero degli
sconfitti del '47. Il regime di partito unico terminò nel 1963, ma in un quadro
semi-autoritario alla Pri messicano in cui Strossner rimase presidente fino al
1989. A rimuoverlo fu infine un golpe del consuocero generale Andrés Rodríguez,
appoggiato dagli americani e da un'ala del Partito Colorado ormai stufa
dell'intrusione dei favoriti di Stroessner in ogni leva di potere. A quel
punto, però, i colorados di opposizione rientrarono nel partito. A ogni
successiva elezione, via via, l'opposizione è cresciuta, si è arricchita di
nuove forze diverse dai liberali e dal 1991, per la prima volta nella storia
del Paese, si sono avuti ricambi pacifici a livello di amministrazioni locali.
Ma i colorados sono sempre rimasti al governo, sia pure in un contesto
di tali divisioni interne da vedere per le elezioni del 1999 la candidatura
alla presidenza e alla vice-presidenza di due personaggi talmente contrapposti
che subito dopo l'elezione sicari del primo uccisero il secondo. Al che i
seguaci dell'assassinato, alleandosi ai liberali e alle altre opposizioni,
scatenarono una rivoluzione-golpe che costrinse il capo dello Stato all'esilio,
sostituendolo col presidente della Corte Suprema Luis González Macchi.
Naturalmente, colorado anche lui. Al voto del 13 agosto 2000 il colorado
Félix Argaña, figlio del vice-presidente ucciso, è stato sconfitto dal liberale
Julio César Franco. Ma questo resta un vice-presidente liberale di un governo
cui il suo partito è all’opposizione, ed in cui siedono invece, coi colorados,
i ministri del partito di sinistra Incontro Nazionale (En). Sebbene arrivato al
potere in modo irregolare, González Macchi dice comunque di voler arrivare fino
alla scadenza del mandato, nel 2004. Che sarebbero 64 anni di potere. D'altra
parte Bader Rachid, presidente del partito, ha minacciato in un comizio che una
sconfitta alle elezioni "porterebbe alla guerra civile". Ma questo è
un classico dei colorados. Il defunto Luis María Argaña, ora compianto
anche dai liberali come martire della democrazia, nel 1991, da ministro
dell'interno, aveva detto che immaginare i liberali fare un ricambio dal potere
in Paraguay sarebbe stato come "supporre che la democrazia è una
Cappuccetto Rosso che può essere violentata al primo angolo di strada".
Ma quello di Partito Colorado è evidentemente un nome che
propizia l'eternità al potere, visto che all'omonimo movimento uruguayano
spetta il record mondiale di permanenza al potere (extra-svizzero...): 94 anni,
tra 1864 e 1958. Anche se, ideologicamente, corrisponderebbe più ai liberali
paraguayani, mentre l'omologo dei colorados paraguayani sono in Uruguay
i blancos. Fu con i colorados e contro i blancos che
combatté Garibaldi nel famoso assedio di Montevideo, ed è in suo ricordo che
sono stati in passato colorados gran parte degli immigrati italiani.
Fino al punto da dare alla contrapposizione tra partito colorado e
partito blanco quasi un sapore da contrapposizione tra partito
"italiano" e partito "spagnolo". In effetti, però il record
colorado passa il secolo, visto che nel 1952 si era istituito un sistema
di presidenza collegiale in cui anche il rivale partito blanco finiva
per essere rappresentato. La sconfitta significò dunque solo che invece di 3 colorados
e 2 blancos al potere ci furono 3 blancos e 2 colorados.
Salvo che poi, quando nel 1965 tornarono a vincere, i colorados ristabilirono
un presidenzialismo secco. Era d'altronde un colorado il presidente Juan
Maria Bordaberry che, nel 1973 appoggiò il golpe con cui i militari sciolsero
Parlamento e partiti. E poiché Bordaberry non fu a sua volta rimosso dai
militari che nel 1976, in effetti i colorados uruguayani restarono al
potere per 113 anni. Il bello è che ci sono tornati nel 1985, al primo voto
libero dopo la fine del regime militare. Sconfitti dai blancos nel 1989,
sono tornati a vincere nel 1994. E sono al governo tuttora.
Il primato dei colorados uruguayani, comunque, surclassa i 70
anni dei tories britannici tra 1760 e 1830, seguiti a loro volta
ai 46 anni dei whigs tra 1714 e 1760. E i tories sono superati
anche dai comunisti sovietici e mongoli, al potere rispettivamente per 74 anni
tra 1917 e 1991, e per 75 tra 1921 e 1996. Anche se i comunisti mongoli hanno
governato fino al 1924 assieme all'ultimo re, e dal 1990 di nuovo in un quadro
pluralista. E in quest'anno 2000, anzi, sono tornati al potere con voto
democratico. Quanto all'Urss, bisogna ricordare che, in effetti, i dirigenti di
gran parte delle repubbliche uscite dalla ex-Urss vengono dalla vecchia
nomenklatura comunista. Compresi Eltsin e Putin.
Anche i colorados uruguayani, però, ebbero lunghe parentesi
autoritarie, oltre a quella del 1973-76. E il loro stesso andare al potere nel
1864 fu dopo una guerra civile. Quello dei tories, dunque, è il record
genuino di un partito che in un sistema di alternanza andò al potere col voto e
ci rimase sempre col voto. Sia pure il tipo di voto imperfetto che ci poteva
essere tra 1760 e 1830. In epoca moderna, invece, il record di permanenza in
democrazia di alternanza spetta ai democristiani olandesi: 61
anni, tra 1933 e 1994. Quando liberali di destra, liberali di sinistra e laburisti
costituirono la coalizione tuttora al potere, e il cui collante è appunto
soprattutto nel desiderio di non vedersi più sempre i dc al governo, ora
appoggiandosi agli uni ed ora agli altri. C'è però da specificare che questo
periodo è interrotto dai 5 anni di occupazione tedesca, tra 1940 e 1945. E
anche che l'attuale Appello Cristiano Democratico (è questo il nome ufficiale)
non fu costituito che nel 1980 dalla fusione tra tre partiti preesistenti: il
Partito Popolare Cattolico ed i calvinisti Partito Antirivoluzionario e Unione
Cristiano-Storica. Il record dei 61 anni si ottiene solo considerando insieme i
3 partiti, dei quali però a volte uno o anche due stavano all'opposizione.
Anche i 70 anni dei radicali francesi tra 1870 e 1940 sono
in un contesto di trasformismo e scissioni caotiche che rendono a volte
difficile decifrare effettivamente le maggioranze. E d'altra parte, formalmente
il Partito Repubblicano Radicale e Radical-Socialista, come recita la sua
barocca sigla formale, non è costituito che nel 1901. Stesso discorso che vale
per i 61 anni di governo dei liberali in Italia tra 1861 e 1922. O 74 anni, se
vogliamo prenderla dall'inizio del Parlamento subalpino nel 1848. Non
considerando per ragioni "dittatoriali" le "democrazie
popolari" dell'Est europeo tra 1945 e 1990, il record spetta dunque (ve lo
sareste aspettato?) proprio ai 48 anni della Dc italiana! Che supera i 46 anni
del National Party sudafricano tra 1948 e 1994 (non
votavano i negri, ma la competizione tra bianchi era perfettamente pluralista).
I 44 dei socialdemocratici svedesi tra 1932 e 1976. I 41 dei dc belgi tra 1957
e 1999, anche loro alla fine spediti all'opposizione da una coalizione "di
liberazione dai dc" all'olandese tra liberali di destra, socialisti e
verdi. I 38 anni dei liberal-democratici giapponesi tra 1955 e 1993, anche se
sono subito tornati al governo nel 1994, e ci sono rimasti. I 30 anni del
Congresso Nazionale Indiano tra 1947 e 1977. I 29 anni dei laburisti israeliani
tra 1948 e 1976. E pure i 29 anni dei liberali tedeschi tra 1969 e 1998, sia
pure come socio di minoranza di due partner diversi: i socialdemocratici fino
al 1982, e poi la Cdu di Kohl.
Maurizio Stefanini. Romano, 39 anni, laureato in Scienze Politiche alla Luiss, giornalista
professionista. Collabora con diversi quotidiani e riviste a carattere
nazionale. Ha appena pubblicato, assieme a Giovanni Negri, I Senzapatria.
Avanti rispetto alla politica, indifferenti alla cosa pubblica, stanchi di un
Paese che non funziona. Il romanzo degli italiani fai-da-te per le Edizioni
Ponte alle Grazie. Altri suoi libri: Struttura e organizzazione del Primo
Gruppo Divisioni Alpine, Fidel Castro, Cinque secoli di storia di Timor Est.