"La differenza tra me e i surrealisti sta nel fatto che io sono surrealista"
Salvador Felipe y Jacinto Dalì nasce l'11 maggio 1904 a Figueras nella provincia catalana di Gerona. Il padre Salvador Dalì y Cusì, è notaio. Uomo severo, colto, possiede una ricca biblioteca, dove Salvador fa le sue prime scoperte letterarie e filosofiche.
Dalì che trascorre le estati a Cadaques fin da piccolo fantastica, popolando la sua vita di figure immaginarie, di segni avvertiti come predestinazioni alla gloria. Dalì è bravo nel disegno, ha talento per la pittura.
Se ne accorgono i Pichot, una famiglia di artisti presso la cui residenza i Dalì soggiornano spesso, e il pittore tedesco Siegfried Burmann: è lui che nel 1914 regala a Salvador la sua prima tavolozza. Nel 1921, alcuni mesi dopo la morte della madre, è ammesso all'Accademia d'Arte di S. Fernando a Madrid, dove stringe amicizia con Federico García Lorca e il regista Luis Buñuel. Salvador Dalì verrà un anno dopo sospeso a causa delle feroci critiche ai suoi insegnanti e definitivamente espulso nel 1926, anno in cui tra l'altro incontra Picasso a Parigi.
Nel 1929 collabora con Buñuel alla regia del film "Un chien andalou" a Parigi e incontra Tzara, i surrealisti, Paul Eluard e Gala, sua futura compagna di vita e musa ispiratrice. Nell'anno successivo Dalì sviluppa il suo celebre metodo paranoico-critico. Il Surrealismo per Dall’ era l’occasione per far emergere il suo inconscio, secondo quel principio dell’automatismo psichico teorizzato da Breton. “Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere sia verbalmente che per iscritto o in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”. A tale automatismo psichico Dalì assegnò un nome preciso: metodo paranoico-critico.
E lo spiega in un saggio fondamentale, "La conquista dell'irrazionale" (1935), dove descrive le proprie ricerche e afferma: "Tutta la mia ambizione, sul piano pittorico, consiste nel materializzare con la più imperialistica smania di precisione le immagini dell'irrazionalità concreta... che provvisoriamente non sono spiegabili né riducibili attraverso i sistemi dell'intuizione logica o i meccanismi razionali". E ancora:"Attività paranoico-critica:metodo spontaneo di conoscenza irrazionale basato sull'associazione interpretativo - critica di fenomeni deliranti". Dunque le immagini che l’artista cerca di fissare sulla tela nascono dal torbido agitarsi del suo inconscio (la paranoia) e riescono a prendere forma solo grazie alla razionalizzazione del delirio (momento critico)..nascono così immagini di straordinaria fantasia, tese a stupire e meravigliare grazie alla grande artificiosità della loro concezione e realizzazione.
Al metodo paranoico-critico si collegano una serie di immagini di virtuosistico effetto. Si tratta d’immagini doppie, dove la combinazione delle figure fa apparire più cose simultaneamente. Secondo la teoria dell'immagine multipla o immagine paranoica, qualsiasi aspetto di un'opera d'arte (una forma, un colore, un oggetto, …) suggerisce infatti, contemporaneamente non una, ma più immagini. Nel 1934 la sua mostra personale a New York riscuote un successo grandioso; tale successo è immediatamente successivo al suo primo scontro con i surrealisti in occasione dell'esposizione dell'opera "L'enigma di Guglielmo Tell".
Nel 1938 partecipa alla mostra internazionale dei surrealisti a Parigi e nell'estate dello stesso anno Freud e Dalì s’incontrano a Londra. L'anno seguente si copierà la sua rottura definitiva con i surrealisti; dopo un breve soggiorno a Parigi, resterà a New York con Gala fino al 1948. Importante segnalare di questo periodo la mostra Dalì;-Mirò; al Museum of modern Art a New York, nonché la collaborazione cinematografica con Hitchcock per il film "Spellbound".
Al suo ritorno in Europa Salvador Dalì collabora come scenografo con Luchino Visconti e Peter Brook. Nel 1951 inaugura con la pubblicazione del "Manifesto mistico" il suo periodo corpuscolare; nell'anno successivo espone a Roma e Venezia. Il genio di Dalì viene sempre più riconosciuto a livello internazionale, con conferenze e mostre in luoghi autorevoli, quale quella del 1956 alla National Gallery di Washington. Nel 1961 si tiene a Venezia la prima del balletto "Ballet de Gala": di Dalì le scene e il libretto, mentre le coreografie sono affidate al grande Maurice Béjart. Sette anni dopo espone le sue opere stereoscopiche al Guggenheim Museum e a maggio del 1978 viene nominato membro dell'Académie des Beaux-Arts di Parigi.
L'anno seguente si tiene una retrospettiva di Dalì al centre Georges Pompidou di Parigi, trasferita poi alla Tate Gallery di Londra. Il 10 giugno del 1982 muore Gala e nel luglio dello stesso anno gli viene conferito i titolo di Marchese di Pùbol. Nel maggio dell’83 dipinge "La coda di rondine" suo ultimo quadro. Nel 1984 riporta gravi ustioni nell'incendio della sua camera al castello di Pùbol, dove oramai stabilmente risiede. Il 23 gennaio del 1989 Salvador Dalì muore nella torre Galatea a causa di un colpo apoplettico. In rispetto delle sue volontà, viene sepolto nella cripta del Teatro-Museo Dalì a Figueras. Nel suo testamento lascia allo Stato spagnolo tutte le opere e le sue proprietà. Viene organizzata una grande retrospettiva postuma nella Staatsgalerie di Stoccarda, trasferita poi alla Kunsthaus Zurich.
"Caro signore, bisogna realmente che io vi ringrazi della parola di introduzione che mi ha condotto il visitatore di ieri. Poiché fino a quel momento ero tentato di considerare i surrealisti, che apparentemente mi hanno scelto come santo patrono, come dei pazzi integrali (diciamo al 95%, come per l'alcool puro). Il giovane Spagnolo, con i suoi candidi occhi di fanatico e la sua indubbia padronanza tecnica, mi ha incitato a riconsiderare la mia opinione. In realtà, sarebbe molto interessante studiare analiticamente la genesi d'un quadro di tal genere. Dal punto di vista critico si potrebbe tuttavia dire che la nozione d'arte si rifiuta a ogni estensione quando il rapporto quantitativo tra il materiale inconscio e l'elaborazione precosciente non si mantiene entro limiti determinati. Si tratta qui, in ogni caso, d'un serio problema psicologico."
Con queste parole Freud descriveva le sue impressioni di fronte alle tele del giovane Salvador Dalì.
Freud era stato per il surrealismo quello che Winckelmann era stato per i neoclassici: l'ispiratore o, come egli stesso si definisce, "il santo patrono".Con queste parole Freud descriveva le sue impressioni di fronte alle tele del giovane Salvador Dalì.
Già nel Manifesto del Surrealismo (1924) Andrè Breton, riconosceva apertamente l'apporto fondamentale degli studi di psicanalisi, anzi dichiarava apertamente che il metodo della psicanalisi era proprio la strada da seguire per raggiungere la libertà dell'immaginazione: lasciarsi guidare dall'inconscio, come accade nel sogno, lasciare che le immagini scorrano nella propria mente liberamente, per rivelare la nostra interiorità che altrimenti resterebbe ignota anche a noi stessi.
Freud d'altra parte si era subito stancato di questa scomoda "paternità", accusando i surrealisti di essere dei "pazzi integrali". La sua opinione cambia però di fronte alle opere di Dalì, di cui ammira la notevole padronanza tecnica;
Freud si dichiara profondamente interessato nello scoprire la genesi delle opera di Dalì, ma quello che più lo affascina è la complessa personalità del pittore. Freud, pur non conoscendo la vicenda interiore di Dalì, deduce che qualcosa nel corso della vita lo ha intaccato dal punto di vista psicologico.
Alcune osservazioni riguardo elementi pittorici che si ripetono in molte opere di Dalì
Autoritratto con pèancetta fritta: “invece di dipingere l’anima, cioè l’interiorità, ho dipinto l’esteriorità, l’involucro. Questo guanto del mio io è commestibile e perfino leggermente putrefatto; per questo motivo dalla pancetta escono delle formiche”; evidente il riferimento alle origini catalane del pittore, che sfociano nell’ossessione per il cibo [“io sono quello che mangio”] presente, sotto varie forme, in molti dei suoi dipinti.
l’amore inappagato è uno dei temi allucinatori della mitologia dei sentimenti. Tristano e Isotta mi apparivano i prototipi di una tale tragedia che nasce da un amore inappagato e che, nello spettro dei sentimenti, può essere altrettanto selvaggio e sfrenatamente cannibalesco quanto una mantide religiosa (insetto spesso presente e che simboleggia la sua paura per il sesso femminile), che divora il maschio nell’atto d’amore.”
Dalì ama giocare con le doppie immagini; ad esempio nel quadro DORMIENTE, CAVALLO, LEONE INVISIBILI: “La doppia immagine può prolungarsi, continuare il processo paranoico, per il quale la premessa di un’altra idea ossessiva è sufficiente a far apparire un’altra immagine e così via…”
i paradossi presenti nelle varie tele (es. CANNIBALISMO AUTUNNALE): “Per me l’erotico deve sempre essere orribile, l’estetico sacro e la morte bella”.
la continua contrapposizione tra il “molle” e il “duro”: “al mondo apparivo più che mai una fortezza; ma dentro di me continuavo a invecchiare nel molle” (es. PERSISTENZA DELLA MEMORIA, con i famosi orologi molli)
la ripetizione, sotto varie forme più o meno riconoscibili delle due figure, una maschile l’altra femminile, tratte da L’ANGELUS di Jean François Millet: “la sua visione mi scosse divenendo improvvisamente per me il dipinto più sconcertante, denso, più ricco di concetti inconsci che sia mai esistito” (es. L’ANGELO ARCHITETTONICO DI MILLET, ritratto nella locandina della mostra)
altri due elementi ricorrenti, sono il corno di rinoceronte, ricordo del fratello morto di meningite e la stampella, simbolo in primo luogo la realtà, riferimento legato alla terra che tiene in equilibrio fantasia e intelligenza. Simbolo di morte e resurrezione, come l’atto sessuale.
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Immagini totali: 12 | Ultimo aggiornamento: 12/04/08 22.24 | Generato da JAlbum & Chameleon | Aiuto |
Alcuni Video di Salvador Dalì ( altri li potete trovare su Youtube digitando Dalì )
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