La storia di Conversano ha
origini antichissime. Un primo villaggio lo possiamo con sicurezza datare nell'età del
ferro, quindi nell'VIII - VI sec. A.C., sede di popolazioni japigie e peucezie. A questa
epoca forse già esisteva il nome prelatino "Norba" che indicava un
"abitato chiuso in una cavità circolare". Gli abitanti
dovettero scegliere l'attuale ubicazione della città soprattutto per la favorevole
posizione geografica facendola diventare un ricco centro nel quale l'economia prosperava,
anche protetta da una sicura cinta muraria i cui resti sono tuttora visibili. La ricchezza
dell'antica Norba è testimoniata dai ricchi ritrovamenti di vasi, armature, coppe,
piatti, armi e gioielli. Nel 268 a.C. Norba, come tutta l'Apulia, subì l'influenza Romana
entrando a far parte dell'Impero. Con il declino romano, anche la gloriosa Norba
scompariva a seguito delle invasioni barbariche. Scomparsa Norba, dopo 15 sec. di gloriosa
storia, nel V sec. comparve, quasi misterosamente il casale Cupersanem.
A determinare la nascita di un borgo medievale sulle rovine di Norba sicuramente grosso
peso ebbe la posizione geografica. E così iniziò per la cittadella medievale un nuovo
periodo di crescita economica cui seguì un generale progresso artistico e culturale. Per
avere idea di quella che fu l'Atene delle Puglie basterà recarsi in quello che da 15 sec.
è il vero "cuore" della città: Piazza della Conciliazione. Ma se chiederete ad
un conversanese, egli vi risponderà col nome che da sempre appella la piazza: "Largo
della Corte". Ed il vecchio nome ( meglio del nuovo ) ben simbolizza lo splendore
cortigiano che qui visse. Sul "Largo della Corte", infatti ,si affacciano gli
edifici delle tre istituzioni che dominarono non solo il casale Cupersanem, ma anche
l'intero medioevo di tutta l'Europa. Per la sua mole, salta subito agli occhi il castello,
simbolo del potere feudale dei conti; accanto si affaccia la Chiesa romanica, a
significare il vescovado ed il potere non solo spirituale della Chiesa.
A due passi dalla Cattedrale troviamo il Monastero Benedettino con la sua comunità. La
vastissima mole del Castello ben evidenzia l'importanza del potere comitale che ( unito a
quello clericale ) accompagnò l'esistenza del borgo sino al 2 Agosto 1806 quando Giuseppe
Bonaparte abolì la feudalità e, con essa, 8 secoli di storia del casale Cupersanem.
Possiamo infatti retrodatare la nascita della contea Conversanese ad 8 sec. or sono,
quando cioè scesero nel Mezzogiorno i Normanni di Roberto il Guiscardo.
E fu proprio il nipote del Guiscardo, Goffredo D'Altavilla ,che assunse il titolo di
"comes Cupersani". Uno storico ignoto fissa al 1054 l'anno di inizio della
storia comitale. Secondo l'autorevole "Chartularium Cupersanense" di D.Morea, la
contea che ebbe come centro la città di Conversano si estendeva da Polignano e Monopoli a
Nardò sino alle porte di Brindisi e Lecce e comprendeva il territorio che da Conversano
sale verso sud e abbraccia Castellana. Nel corso dei 4 sec. successivi la contea passerà
attraverso le mani di oltre 20 ceppi diversi: dagli Altavilla ai Bassavilla ed ai Gentile;
ad abitare le sontuose stanze del palazzo comitale troviamo i Brienne ( proprio un
Brienne, Gualtiero IV, nel 1338 aveva realizzato il "Casal Vecchio" ), i
d'Enghien, i Lussemburgo e poi anche i regi funzionari: Ugone Lupino, Clinardo, Monfredi
da Barbiano, i Caldora...
Nel 1422 la contea passò agli Orsini e poi a Giovanni Antonio Orsini del Balzo, Principe
di Taranto e duca di Bari. Nel 1455 la contea di Conversano passò agli Acquaviva, grazie
al matrimonio tra Caterina Orsini del Balzo ( figlia di Giovanni Antonio, che le diede in
dote proprio la contea ) e Giulio Antonio Acquaviva, duca di Atri e conte di Teramo.
Da questa data ebbe inizio una lunga serie dei conti Acquaviva che, attraverso le
intricate ed avventurose vicende di 19 conti diversi, lungo 4 secoli di storia costellati
da duelli e patti di sangue, tradimenti e aspri combattimenti con le armi bianche,
caratterizzerà profondamente la vita del borgo medievale. Nell'interminabile serie di
conti Acquaviva, moltissimi sono quelli che si distinsero per il valore guerriero e per
l'attenzione prestata allo sviluppo delle arti, ma anche, molto spesso, per il regime
dissoluto di vita che essi condussero. Il capostipite degli Acquaviva di Conversano,
Giulio Antonio, fu un valoroso guerriero, che si distinse nella guerra di Toscana (
1478/80 ) tra il Papa e Napoli contro Firenze, Venezia e la Francia. Tornato in Puglia a
seguito dell'arrivo ad Otranto della flotta dei Turchi saccheggiatori ( 1480 ), combattè
strenuamente i musulmani e fu da questi ucciso il 6 febbraio 1481. In seguito, il Re di
Napoli Ferdinando I DAragona, a riconoscenza dell'eroica morte dell'Acquaviva,
insignì la memoria di Giulio Antonio e i suoi discendenti del nome reale DAragona.
Anche il figlio di Giulio Antonio, Andrea Matteo, fu un coraggioso guerriero e parteggiò
per il francese Carlo VIII nella sua discesa a Napoli venendo per questo imprigionato
dagli spagnoli.
Con la definitiva vittoria degli spagnoli, A.Matteo potè dedicarsi alla cultura, sia come
abile mecenate, sia in prima persona come traduttore e commentatore ( soprattutto di
Plutarco ). Arricchì il castello di una preziosissima biblioteca e di una delle prime
stamperie del regno, incrementando la cultura rinascimentale cortigiana. Il successore,
conte Adriano, realizzò tra il XVI e XVII sec. il Casal Nuovo, con la struttura a
scacchiera per far fronte all'inurbamento dei contadini più poveri dalle campagne. Ed
ecco che, finalmente, incontriamo la figura sicuramente più nota, croce e delizia dei
conversanesi d'ogni epoca: Girolamo II DAragona, VII Duca di Nardò, Conte di
Castellana e XXXII Conte di Conversano, il famigerato "Guercio delle Puglie" che
tenne la contea dal 1626 al 1665. Attorno al personaggio la storia si intreccia con la
leggenda e noi quasi rivediamo le lotte al chiaro di luna,le fughe tempestose nei cunicoli
segreti del castello e di lì, alla luce tremolante d'una torcia, sino alla lontana chiesa
di S.Maria dell'Isola,che un leggendario passaggio segreto congiungeva direttamente alle
stanze del maniero... Il più delle volte furono i nemici del Guercio che ne ingigantirono
le malefatte, gelosi del suo immenso potere; e così corrono mille storie: pare che il
Conte si divertisse a centrare con lo schioppo le brocche d'acqua che le popolane
attingevano dai pozzi di Terra Rossa ( "rossa" proprio per il sangue delle donne
più sfortunate ). Probabilmente è vero che esercitò più volte lo "ius primae
noctis", cosa che lo portò in evitabile disaccordo con i mariti delle conversanesi.
Gli echi di tale leggenda sono giunti sino a noi, appellati, e non senza invidia, dagli
abitanti del circondariato, "FIGLI del CONTE". Ed ancora: fece decapitare 12
canonici di Nardò, colpevoli di essersi opposti al suo potere nella città, ma non è
affatto vero che con le loro pelli ne fece rivestire sedie. Fu proprio mentre tornava a
Conversano dopo i 16 anni di prigione che dovette scontare nelle carceri spagnole per le
violenze sulla città di Nardò, che il Conte si ammalò di malaria, morendo nel marzo del
1665. Nonostante i citati atti di inusitata violenza, il Conte fu un uomo dedito
soprattutto alla corte, alla cultura ed al rispetto della religiosità e del suo Re ( per
il quale pose mano alla spada durante la rivolta di Masaniello ): pensiamo agli affreschi
della chiesa di S.Cosma,fatta erigere da lui stesso nel 1636 per devozione ai SS.Medici.
Conversano, inoltre poteva vantare una pinacoteca con oltre 400 dipinti, dovute alla
preziosa opera di mecenate del "Guercio" nei confronti del pittore napoletano Paolo Finoglio, il quale arricchì le
Chiesa di S.Cosma, di S.Benedetto e del Carmine di meravigliosi dipinti ed eseguì la
superba serie di 10 enormi tele sul tema della "Gerusalemme Liberata" di
T.Tasso. Solo unendo la componente culturale alla vita cortigiana possiamo rendere il
giusto onore al Conte più illustre tra quanti abitarono le grandi sale del Castello. La
condotta dei conti a lui successivi toccherà alti e bassi. Il figlio del Guercio, Cosimo,
morì in un duello contro Petricone, duca di Martina, ancor prima dell'investitura. Nel
1690/92, durante il regno di Giulio II, scoppiò la III peste che Conversano abbia visto (
le precedenti erano avvenute nel 1528/30 e nel 1656 ). Ultimo conte di Conversano, prima
che il decreto di Bonaparte spazzasse via il potere feudale, fu Giangirolamo V. La Chiesa
conversanese, al pari della contea, vanta una tradizione notevole: la leggenda vuole
addirittura Conversano come punto di sosta di S.Pietro nel suo viaggio dalla Palestina a
Roma. Figura nei tempi resa leggendaria è quella di Simplicio, protovescovo di
Conversano: a lui la accreditata tradizione attribuisce il merito di aver portato nel
paese, nel 489, l'icona bizantina della Madonna della Fonte che, dal 1897, è la Venerata
Protettrice di Conversano. Col passare dei tempi, la storia definisce meglio le figure di
circa 70 vescovi che tennero la cattedra conversanese. In particolare, dal 1266, con
Stefano I, iniziò l'annosa lotta tra i vescovi, gelosi del potere delle vicine
"Badesse", e queste ultime, forti dell'appoggio dei conti ed insuperbite del
sostegno papale. Il monastero di S.Benedetto rappresentò un potere eccezionale in Italia,
analogo solo a sporadici altri casi nel mondo cristiano. Nel 1266, infatti, con l'avvento
di un gruppo di monache cistercensi ( fuggite probabilmente dal Peloponneso ) guidate da
Dameta Poleologo, il monastero ( fondato nel VII sec. da monaci benedettini ) già posto
sotto la diretta protezione papale nel 1110, fu insignito del potere abbaziale: Dameta
Paleologo e le monache che succedettero, furono nominate "Abbatissae infulatae"
ossia Badesse Mitrate. Quello delle badesse costituiva un potere singolare poiché queste,
al pari dei vescovi, indossavano la mitra, impugnavano il Pastorale, esercitavano la
giurisdizione vescovile sul clero castellanese, gestivano un grosso potere economico e
godevano dell'onore dato dal "baciamano", eccezionale se attribuito ad una
donna. Tale supremazia inorgoglì le badesse che, appoggiate dai conti ai quali erano
spesso imparentate, entrarono ben presto in duro contrasto con i vescovi conversanesi che
vedevano limitati i loro poteri. Tuttavia, i tempi diedero ragione proprio ai vescovi che,
con il "Deleatur hoc monstrum Apuliae" - Che questo "Monstrum" ( Cosa
terrificante e meravigliosa insieme ) delle Puglie venga distrutto!! - di Murat e la Bolla
"De Ulteriori" di papa Pio VII, si impossessarono del glorioso monastero. Il
termine della feudalità lasciò la Chiesa quale unica testimonianza dei tempi passati. Ad
essa si affianca un nuovo potere sociale: la borghesia. Sarà questo nuovo elemento che
caratterizzerà le vicende del secolo passato, giusto tramite tra il partito dei
"galantuomini" e quello dei "cafoni", la povera gente. Proprio in
un'ottica di lotta di classe si inquadra uno degli episodi più dolorosi del secolo
scorso. Dal racconto minuzioso del famoso architetto conversanese Sante Simone ( 1823-1894
) apprendiamo gli avvenimenti che portarono all'esasperazione del malcontento popolare nei
confronti del ceto dei "galantuomini", che il 20 maggio 1886 culminò nel
disastroso incendio del Municipio. Anche nei tempi più recenti Conversano ha sempre fatto
sentire la propria ferma presa di posizione nella difesa dei diritti civili. Durante
l'epoca fascista emerge l'indole fiera dell'onorevole Giuseppe Di Vagno, assassinato dalle
squadre fasciste il 25 settembre 1921.
Uscita da quella palese cappa oppressiva, Conversano ha potuto continuare la propria
crescita economica e sociale della quale noi stessi siamo testimoni ed artefici.
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