Articolo alla pagina 73 con seguito alla 74 dell'Edizione straordinaria de "L'Espresso" dell'11 ottobre 2001.

 

 

Musulmani d'Italia
Fondamentalismo alla milanese
Il Corano e la Legge Divina. Anche un po' di Bakunin e di anarchia. L'incredibile storia del "Messaggero dell'Islam"

di Giuseppe Nicotri


Il titolo promette bene: "Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo". E rassicura che sia stata emessa a Parigi, cuore della patria dell'Illuminismo e della Ragione. Così come il fatto che contenga ben 23 diritti, tutti specificati in altrettanti articoli, dispone bene alla lettura, saltando la presentazione dove si può leggere: "Fondata sul Corano e sulla Sunna" (una particolare interpretazione del Corano, seguita dai sunniti). Ma a leggere i cinque punti del preambolo, i quattro articoli del credo e i 19 "doveri cui ci sentiamo vincolati", c'è di che fare un balzo sulla sedia.

In sintesi, tutti i diritti sono svuotati o, se si preferisce, blindati in partenza da alcuni doveri vincolanti. Dovere numero 3: «Ciascuno di noi ha l'obbligo di diffondere gli insegnamenti dell'Islam con la parola e con le azioni, anche nella società in cui viviamo». Dovere numero 4: «Lavorare per la rifondazione di una realtà storica di natura socio-politico-territoriale, dove si attui l'ordinamento islamico». Il quale ordinamento islamico deve farsi carico che «tanto gli uomini di governo quanto i cittadini siano sottoposti alla Legge». Ove per Legge si intende, come specificato al quarto punto del preambolo, non quella decisa dal parlamento democratico dei cittadini, bensì la Legge Divina. Per essere più chiari: la Shahrya che prevede, tra l'altro, la lapidazione delle adultere, il taglio della mano ai ladri ed altre cose che mal si accordano non solo con l'infinita misericordia di Allah e del suo Profeta, ma soprattutto con le leggi dei Paesi cosiddetti occidentali. Ovvero i Paesi, Italia compresa, dove gli immigrati di religione musulmana hanno l'obbligo di "lavorare" per la creazione di uno Stato islamico, come ordina la stessa Dichiarazione (l'introduzione la definisce "redatta da eminenti studiosi dell'Islam, giuristi e rappresentanti dei movimenti e del pensiero islamico").

A diffondere la Carta di Parigi è "Il Messaggero dell'Islam", periodico in lingua italiana, e quindi presumibilmente destinato alla propaganda se non al proselitismo, appartenente al Centro Islamico di Milano e Lombardia. Il Centro fa capo alla moschea di Milano (una delle tre o quattro esistenti in Italia e che, a differenza delle varie centinaia di altri luoghi di riunione e preghiera, ha il diritto di chiamarsi moschea perché dotata di cupole e minareti), e fa capo all'Unione delle Comunità e delle Organizzazioni Islamiche in Italia (Ucoii). L' Unione è una delle sei anime dell'islamismo presente in Italia, ma è ritenuta la più politica. Ed è attraversata da venature dal sapore, per così, dire islamo-comunista, con fraseggi e pensieri che ricordano certi gruppi extraparlamentari di oltre tren'anni fa. Un certo Yussuf Sarno si dilunga per vari numeri del "Messaggero" in ineffabili analisi-giaculatorie sul pensiero di Bakunin, il russo padre fondatore dell'anarchismo. In soldoni, Sarno sostiene che le tesi di Bakunin "in uno stato islamocratico" sono superate. Perché? «Perché nello Stato islamocratico non esiste la schiavitù dell'uomo sull'uomo», mentre invece c'è la Legge Divina, l'implacabile Shahria.

«Qualcuno contro "il sistema" ci sarà sempre, prima con l'arma dell'anarchismo e del comunismo, ora con l'arma dell'islamismo delirante», commenta Radwan Altungi, imam, ovvero guida spirituale del Centro islamico di Bologna. Poi aggiunge: «Ma quelli che fanno più danno, più realisti del re, sono gli italiani convertiti». Come sarebbe a dire? «Sarebbe a dire», spiega l'imam, di professione esportatore di articoli sanitari, «che il Centro Islamico di Milano è una creatura dell'avvocato in pensione Pasquini, non ne ricordo più il nome, convertitosi con il nome di Abdul Al Rachman. E che il Sarno dei vaniloqui bakuniniani è l'italianissimo Beppe Sarno, diventato Yussuf con la conversione. La Shahrya è roba da ignoranti, non è certo la fissazione della maggior parte dei musulmani, né in Italia, né nel mondo intero». Sì, ma... «Ma è giusto accertarsene, chiedendo chiarimenti e garanzie», conclude l'imam: «Siamo stufi anche noi di nostre ambiguità e furbizie "levantine"».


09.10.2001