Åsne Seierstad "Il
libraio di Kabul" Edizioni Sonzogno
Recensione
di Gabriella Bona (gabri.bona@libero.it)
Quando si parla di Afganistan è
più facile pensare a bombe, a guerre, a corpi mutilati che a cultura
e a libri.
“Il libraio di Kabul” di Åsne
Seierstad, giovane e apprezzata inviata di guerra norvegese, già
dal titolo promette di portarci a conoscere un lato di questo paese che
è stato, in questi anni, trascurato da libri e giornali.
Arrivata a Kabul nel 2001, dopo
aver “trascorso sei settimane con i comandi dell’Alleanza del Nord […],
seguito la loro offensiva contro i talebani”, ha conosciuto Sultan Khan,
“elegante signore brizzolato” e provato il “sollievo di poter sfogliare
un libro e parlare di letteratura e di storia”.
Le parole di Sultan Khan, un patriota
deluso ma deciso a proseguire il proprio lavoro: “Prima i comunisti hanno
bruciato i miei libri, poi i mujahidin ne hanno fatto razzia, poi i talebani
li hanno bruciati un’altra volta”, fanno nascere nell’autrice del libro
l’idea di raccontare anche questo Afganistan, di scrivere un libro sul
libraio e la sua famiglia.
“Un nebbioso giorno di febbraio
mi trasferii in quella famiglia” della quale racconta la storia, portandoci
a conoscere dall’interno usi e mentalità, persone e cibi, affetti
e violenze di una società molto lontana dalla nostra e così
difficile da comprendere. Figlio di una famiglia povera ma decisa a permettere
al figlio di frequentare la scuola, Sultan può arrivare alla laurea
in ingegneria. Comincia a guadagnare i primi soldi, aiutando così
i genitori nella spesa, a undici anni, lavorando in una fabbrica di mattoni
ma, arrivato alla laurea, abbandona presto il lavoro di ingegnere e i progetti
di palazzi per dedicarsi ai libri. Editore, libraio, cerca sulle bancarelle
libri antichi e preziosi, immagini da stampare su cartoline, diventa proprietario
di diverse librerie.
Moderno, liberale, partecipa al
progetto per la stampa dei nuovi libri scolastici, dopo aver ritrovato
testi precedenti ai periodi comunista, mujahidin e talebano durante i quali
si è prodotto un pauroso arretramento nell’istruzione.
Ma attraverso il racconto di Seierstad
scopriamo anche che il moderno e liberale libraio “in famiglia è
rimasto un patriarca autoritario”, i cui figli non hanno potuto studiare,
le cui mogli e sorelle non possono avere idee diverse dalle sue, ai cui
fratelli più piccoli non sono permesse scelte o iniziative che siano
in contrasto con quelle del fratello maggiore.
Strenuo difensore della cultura
in un paese in cui il settantacinque per cento della popolazione è
analfabeta, appassionato della cultura antica del suo paese, Sultan vive,
nello stesso tempo, tutte le contraddizioni di una mentalità che
impedisce alla maggior parte delle persone di avere accesso ai libri, allo
studio, alla libertà individuale. E la sua storia ci permette di
conoscere un’altra parte di questo mondo diviso tra il desiderio di progresso
e l’attaccamento alla tradizione.
gabriella bona
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