Michel Quint "I crudeli giardini
della vita" Rizzoli Editore
Recensione
di Gabriella Bona
Che cosa c’è di più assurdo
di un clown che non fa ridere? E come può esserci speranza senza
verità e senza memoria?
E’ partendo da queste due domande che
si svolge il brevissimo romanzo “I crudeli giardini della vita” di Miche
Quint, autore francese di noir che riesce a mantenere viva la curiosità
del lettore dall’inizio del libro e fino all’ultima pagina.
E’ la storia di un maestro elementare
che “bazzicava i ricevimenti di fine anno, i party natalizi, i compleanni
e le feste aziendali”, vestendosi da clown di fronte al figlio che si vergogna
delle incapacità paterne.
Ma il padre, “dietro al trucco ridicolo,
nel perdere il suo tempo e la sua reputazione di integerrimo dipendente
statale a divertire degli ingrati, pessimo artista e consapevole di esserlo,
lui sprizzava felicità”.
E, come se non bastasse, il bambino
si ritrova a doversi vergognare anche di una buffa coppia di zii poveri
e infantilmente espansivi.
Ma nel racconto, man mano che scorrono
le pagine, cominciamo a scoprire una strana storia che si svolge durante
la seconda guerra mondiale, il governo di Vichy, la resistenza francese,
i sabotaggi, con due fratelli giovanissimi che, racconta lo zio, “nella
resistenza siamo entrati, non so gli altri, in ogni caso io e tuo padre,
per divertirci, […] come degli incoscienti”.
Talvolta l’incoscienza porta a situazioni
che costringono a maturare in fretta, a vivere momenti assurdi e terribili
che segnano per sempre la vita dei sopravvissuti e delle loro famiglie.
Lo stile con cui sono narrate le vicende
è molto piacevole, quasi una fiaba, sempre equilibrato tra dolcezza
e ironia. Quando, finalmente, il figlio riesce a capire le storie dei componenti
della sua famiglia e le ragioni dei loro strani comportamenti, quando genitori
e zii sono ormai morti da tempo, decide di raccontare la loro storia e
in parte di riviverla perché la memoria è alla base della
speranza.
“Tenterò anche di essere come
te, che non hai mai perso la memoria. Come meglio potrò”: è
la dichiarazione del figlio che ha capito e cominciato ad amare veramente
il padre, per la dignità con cui ha saputo attraversare la vita.
gabriella bona
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