Lynch: “Confessioni
di un becchino poeta”, edito da Zelig
Recensione
di Gabriella Bona
“Un uomo con cui lavoro, Wesley Rice,
una volta ha trascorso un’intera giornata e un’intera notte a ricucire
con cura i pezzi del cranio di una ragazza che era stata uccisa da un folle.
[...] Molti imbalsamatori, di fronte a quello a cui Wesley si trovò
davanti dopo che aprimmo la sacca dell’obitorio si sarebbero limitati a
dire ‘bara chiusa’ [...] sarebbe stato più semplice. Il prezzo era
lo stesso. Invece lui cominciò a lavorare. Diciotto ore dopo, la
madre della ragazza, che aveva implorato di vederla, la vide”.
Un impresario di pompe funebri conosce
la vita che si svolge attorno a chi è appena morto meglio di chiunque,
perché vedove e vedovi, orfani, genitori, amici o parenti più
o meno lontani, si trovano spesso impreparati e si rivolgono a lui in questi
momenti particolarmente tristi. Gli impresari conoscono tutte le sfumature
del dolore, del rimorso, conoscono le attese, le debolezze, le aspettative
e ciò di cui le persone sopravvissute hanno bisogno per poter affrontare
questo momento e cominciare a superare l’assenza.
Thomas Lynch non è soltanto impresario
di pompe funebri in una città del Michigan, è anche un poeta,
ha pubblicato due libri di poesie e diverse riviste hanno pubblicato le
sue rime e i suoi saggi. Con uno stile raffinato e preciso, a tratti anche
ironico, ci racconta la sua esperienza: figlio di un impresario di pompe
funebri, lo è diventato anche lui, come diversi suoi fratelli e
dall’esperienza con la morte ha tratto spunti per approfondite e intelligenti
riflessioni sulle quali ci invita a meditare.
Il suo libro non è una raccolta
di casi eccezionali né la descrizione di singoli funerali, ma una
serie di ragionamenti, tra una lettura di versi e la scelta di una bara,
dove vengono studiate e sottolineate le reazioni delle persone di fronte
agli atti e ai momenti che la vita ci propone, soprattutto quando di fronte
c’è la morte: in “Confessioni di un becchino poeta”, edito da Zelig,
Lynch dimostra come quel tipo di abilità porti ad una visione molto
particolare di ciò che lo circonda: “La sera, mia moglie ed io andiamo
a passeggiare. Lei vede i particolari architettonici delle case [...] io
vedo il garage della coppia di insegnanti [che] furono trovati asfissiati
nella loro Oldsmobile. [...] Mia moglie vede un giardino ben curato [...]
io ricordo di aver ridipinto durante la notte le pareti di una camera da
letto in cui un uomo si era sparato”.
Dal suo racconto scopriamo che anche
il modo di vivere di ogni giorno e dei giorni della morte in un mondo molto
lontano e molto differente dal nostro. Ma, soprattutto, l’autore, con una
sensibilità veramente poetica, ci aiuta a pensare ai momenti difficili
che abbiamo affrontato e che ci aspettano nel futuro, ci spinge a pensarci
prima che accadano, a non farci trovare impreparati di fronte a qualche
cosa che, purtroppo, fa parte del normale corso della natura, a vedere
le cose da diversi punti di vista, perché si può, come dimostra
l’autore nell’ultimo, bellissimo capitolo del libro.
gabriella bona
|