Libero dagli impegni della Tosca, posso finalmente scrivere. Il pensiero d’ogni giorno, l’estraniarmi dalla volontà. Nella Tosca io sono stato “costretto” a recitare in tre parti come comparsa: Cardinale, Robertis (il torturatore) e frate. Uno scherzo da prete del regista, esagitato, nella penombra, dietro un palco, dove alcune catinelle sorreggevano, tele dipinte; dall’altro lato suggestivi palazzi, chiesa di sant’Andrea. Pesanti abiti, confusi ordini, lunghissima attesa, madidi ed incerti, salire scale con abiti lunghi, con me dei preti e le lunghe lance delle guardie svizzere. Un breve passaggio, tra noi e l’altra parete pochi metri, coperti da vigorosi coristi, nei costumi di popolani e pie donne. Un veloce cambiarsi d’abito e divento il torturatore; cosa dovevo fare in scena forse non lo saprò mai. Il regista credendomi attore avvezzo ai ruoli, non mi indicava mai nulla, appena un cenno: Vai ed esci con Cavaradossi. Immobili gli sbirri ed io chiuso in un angolo, tra pareti di tela, dove non erano segnate porte. Uscire con Cavaradossi, ma da dove? Interpretavo il personaggio, un torturatore deve restare immobile? Glaciale o tormentato dalla mala azione che s’apprestava a compiere.

Naturalmente ho scelto il tormentato, le luci coprivano i mille volti che mi stavano guardando e vedevo solo le ghette di Ettore, lo Scarpia cinico e crudele. Tenevo gli occhi bassi, timore? No, solo opportunità, non dovevo rischiare di sfidare il pubblico, con un ruolo che non mi apparteneva. La sera era romantica, rare nubi e luna. Terzo atto e sono un frate, l’abito da me preferito, il mio sogno d’eremita che si realizza; povero, indosso solo sandali e sotto il saio ho le gambe nude; le mostro agli amici come una ballerina; qualcuno avanza proposte; se entrassimo nel palco ad orinare? Già fatto da Bene. Non scherziamo, qui ho parte da organizzatore e non da attore; qualche pubblicità in più ma il progetto d’una stagione lirica, per il futuro sarà sogno a svanire.

L’attimo è romantico. Guardo Luna nel profilo della città, non odo altro che musica e luci sul mare. Saltarin, procede lento in lucean le stelle…Voce di comparsa, ufficiale: -questo fa credere che Dio esiste, forse!-. Sorride. Incanto svanisce, in volto di Spoletta, ombra arcigna, sulle tragiche parole  dell'aria,  il vecchio  protesta "a noi cade la pazienza. Sbrigati, vuole prendersi la scena-.

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