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8° capitolo: I luoghi dell'Altrove
In una mattina di febbraio, quando imperversava nel mondo un’infinità di sofferenze, fra le più impensate, fra la ciclopica frana delle filippine, fra le rivolta dei musulmani a causa di alcune vignette su Maometto, e a causa del Male che soffiava furiosamente sul fuoco delle fragilità umane, Sirenetta sentì una lieve scossa, una seconda scossa, sentiva una voce lontana che la chiamava dal profondo degli abissi. Una voce mai udita prima, suadente e imperiosa che la chiamava con la forza prepotente dell’amore. Fu come se mani titaniche smovessero il suo sito di pietra, staccassero il grosso masso sul quale era stata posizionata dal suo creatore. Ad un tratto le parve di essere cullata, il sasso si dondolava, si allontanava, si staccava dai luoghi che l’avevano vista nascere. Sirenetta si allontanava “pericolosamente” dalle sue sicurezze ma anche dai suoi vissuti di solitudine. Andava verso terre concupite dal sole, verso un sito sconosciuto ma atteso con tutto il suo essere. Inanimato ma segretamente vivo. Straordinariamente vivo. Ecco che le sue membra si fanno di carne, la posizione d’immobilità si scompone,si lascia andare, si può finalmente stendere, riappacificarsi con il suo corpo prigioniero, ora finalmente libero. Un gorgo d’acque chiare, anelli di acque limpide l’avvolgevano, la cullavano con infinita dolcezza; innumerevoli braccia di alghe l’abbracciavano. Nenie antiche mai udite si diffondevano nell’aria e nell’acqua, favorendo la sua fuga. Muti e melodiosi cori si levavano dal golfo mistico di un’orchestra invisibile ma “presente”.. Il suo cuore diventò palpitante e pulsante come un “vero” muscolo di carne. Un gladio di luce, come bisturi affilato, le incideva l’opacità cristallina, liberandola dalla cecità ereditata. Le cinque capacità sensoriali erano attivate da un input sovrannaturale. La massa pietrosa dei capelli le si sciolse in innumerevoli fili di capelli-di angelo. Poteva sentire sulle sue labbra ténere e rosa il sapore salino delle onde frantumate e complici . Sirenetta vedeva dissolversi in un prisma di luce i neri sparvieri della notte, le ceneri dei suoi desideri prendere forma e colore, percorreva Giardini di affascinanti saperi. Un albore boreale si dispiegava davanti al suo sguardo neonato, prometteva isole di tesori nascosti. Galeoni, dalle svettanti vele, si allineavano su un nuovo asse temporale, anelanti rotte dense d’amore. Poteva, finalmente, provare l’umana esperienza del “dolore”, del desiderio, della speranza. Aveva per lunghissimi anni vissuto osservando il mare “sopra”, adesso, finalmente poteva penetrare con il suo sguardo, in tutti gli anfratti dei fondali marini, nelle tane delle murene, poteva scorgere il tenace grongo uscire dagli interstizi cavernosi, i tritoni avvinti in danze inusitate. La donzella pavonina vestita di glauco regale e guizzi e ombre e nuvole di liquido amore, trovare rifugio nelle conchiglie disabitate e il temuto capodoglio divenire mansueto e mite come il lupo di Francesco. Scorgeva barriere di rosso corallo, e pesci lucerna argentati e lucenti. E si smarrì di dolce meraviglia quando comprese che l’inatteso rossore che attraversava in quel momento il mare era dovuto al riverbero della luna, la quale civettuola e stranamente umana, si specchiava nel fondo del mare. Di quanta bellezza era stata privata. Mentre più inesorabilmente si allontanava, addentrandosi nell’abisso, Sirenetta pensava che il mare-sotto era ancora più affascinante di quello che lei aveva imparato a conoscere dalla sua postazione in superficie. Il mare, il fondo del mare era il luogo dell’altrove, dentro il quale avrebbe voluto vivere per sempre. Fu allora che dalle sue pupille di pietra sgorgò una lacrima vera…. Una goccia salata… una goccia di salino dolceamaro , ma non era come quella del suo amico mare, era una goccia rotonda simile ad una perla, simile ad un gioiello. Un cristallo nel quale si specchiava tutto ciò che lei aveva amato. Il cielo, il cielo si specchiava in quella goccia per darle l’ultimo saluto. Il mare, c’era anche il mare, suo amico, suo liquido amniotico. La terra,anche la terra, sua madre, con i suoi profumi, con i suoi straordinari colori si rispecchiava in quella liquida perla , in quell’amplesso di amore e dolore. Finalmente sollevata dalla pesantezza dell’Essere. Sirenetta sentiva che il suo corpo si librava lievemente in spazi mai sperimentati e abitati prima di allora..
Spazi accoglienti, ospitali, sconfinati. Spazi
che l’attendevano da mille anni.
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