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Dovendo
fissare la data di nascita della Marina Militare essa non può che essere
quella della proclamazione del Regno d'Italia, il 17.3.1861. Infatti la
Marina nasce in pratica nel biennio 1860/61 dalla fusione delle Marine
preunitarie (Sarda, Napoletana e Toscana) a cui si aggiungono gli
uomini della Marina Garibaldina e due unità pontificie di preda
bellica, recuperate nel porto di Ancona. Il Cavour, politico
particolarmente accorto, pur se oberato di lavoro non trascurò la
Marina ed il 4 aprile 1860 emanò un decreto che integrava uomini e
mezzi della Marina Toscana con la Marina Sarda. Seguì a questo un
decreto di Garibaldi ‑ come direttore delle province meridionali ‑ del
7.9.1860 che fondeva le Marine Napoletana e Siciliana, con quella del
«Re d'Italia». Infine Cavour, valutati ormai i tempi maturi, con il
decreto del 17 novembre del 1860 diede un assetto definitivo a quella
che sarà la Regia Marina. Il territorio nazionale fu diviso, ai fini
marittimi, in tre Dipartimenti, quello settentrionale con sede a Genova,
quello meridionale con sede a Napoli e quello dell'Adriatico con sede ad
Ancona. Lo stesso decreto stabilì che tutto il personale già appartenuto
alle marine degli stati preunitari fosse immesso nei ruoli della nuova
Marina con il grado e l'anzianità maturati al 30 settembre di quell'anno.
Alla data della proclamazione del Regno la flotta era composta di 97
navi di cui 79 operative; di queste ultime per gli amanti delle
statistiche 22 erano ad elica, 35 a ruote e 22 a vela e provenivano 32
dalla Marina Sarda, 24 dalla Napoletana, 13 dalla Siciliana, 8 dalla
Toscana e 2 dalla Pontificia; a queste 79 unità vanno aggiunte le 6
cannoniere della flottiglia del Garda.
La
Marina Nazionale si imperniava su quella Sarda e Napoletana che, per
quanto modeste in armonia alle limitate esigenze dei due Stati, avevano
curato le costruzioni navali e la preparazione del personale. Nel
breve periodo intercorso fra la unificazione e la terza guerra d’
indipendenza, la rinascente Marina Italiana dotò le forze navali di una
importante aliquota di unità corazzate. La prevalenza della nostra
flotta su quella austriaca, durante il conflitto del '66, combattutto
troppo presto agli effetti dell'addestramento e della fusione degli
uomini, non impedirà tuttavia di giungere alla disavventura di Lissa; in
realtà un modesto insuccesso, frutto della situazione di generale
debolezza, di una Italia nata da appena 5 anni, dopo secoli di
oppressione e smembramento. Dopo un breve periodo di smarrimento, la
Marina si riprese per merito degli Ammiragli Augusto Riboty e Simone
Pacoret de Saint Bon e del Generale Ispettore del Genio Navale Benedetto
Brin.
Nel
periodo in cui le sorti della Marina furono rette da questi eminenti
uomini, vennero concepite e costruite ben 14 navi corazzate, mentre un
forte numero di unità minori andava completando la flotta. Sette di
queste corazzate, le cinque della classe Duilio e le due del tipo
Italia, rappresentarono un'ardita rivoluzione della tecnica navale
dell'epoca. Unità colossali per i tempi, fra le 12.000 e le 16.000
tonnellate, avevano tali caratteristiche che in una seduta del Congresso
degli Stati Uniti, si disse che la «Duilio» avrebbe potuto da sola
distruggere la flotta americana ed, in Francia, che fosse la più forte
macchina da guerra creata dall'arte navale.
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Col
passare degli anni, per quanto di fronte al progressivo sviluppo di
altre marine il nostro tonnellaggio scendesse nella graduatoria
mondiale, la flotta itlaiana rimase tra quelle di primaria importanza,
continuando a distinguersi per genialità di concezione: un’ altra
rivoluzione tecnica, infatti, era stata introdotta quando il Generale
Cuniberti, agli albori del secolo, aveva progettato il nuovo tipo di
nave da battaglia monocalibra.
Nel corso secolare della sua
vita, la Marina Italiana non si è mai concessa soste, né in pace né in
guerra: centinaia di crociere oceaniche; ventiquattro giri del mondo;
campagne idrografiche e talassografiche; contributi basilari allo
sviluppo delle radiotelecomunicazioni (nate sul mare con l'esperienza di
Marconi a bordo di varie unità militari, fra il 1897 ed il 1902);
contributi decisivi allo sviluppo e all'affermarsi dell'aviazione (il
Ten. di Vascello Mario Calderara fu, nel 1909, il primo pilota italiano
brevettato). Né mancarono gli interventi là dove era necessario tenere
alto il prestigio della bandiera, proteggere interessi e comunità
italiane all'estero, accorrere e dare soccorsi in grandi calamità (come
il terremoto di Messina nel 1908): interventi che hanno rappresentato
gli aspetti più importanti dell'attività navale nel periodo di pace.
Nei primi decenni del secolo
la Marina ebbe occasione di sperimentare la preparazione dei reparti.
Con le compagnie da sbarco di alcune unità, concorse alla difesa delle
legazioni di Pechino nel 1900 contro la rivolta xenofoba. All'inizio
delle ostilità con l'Impero Ottomano, il 29 Settembre 1911, le forze
navali svolsero un'attività intensissiina e risolutiva attuando da sole,
con reparti da sbarco del Comandante Cagni, l'occupazione ed il
mantenimento di Tripoli. Questi «Garibaldini del Mare», come furono
chiamati, guadagnarono alla bandiera della Marina la prima Medaglia
d'Oro al Valor Militare. Nella notte del 18 Luglio 1912, cinque
torpediniere, al Comando dei Cap. di Vascello Enrico Millo, violarono i
Dardanelli ove si trovava al sicuro la flotta Ottomana. L'azione
confermò valore e preparazione dei marinai italiani, dimostrando, ai
fini generali della guerra sul mare, la insicurezza delle grandi navi
anche nei porti più muniti; mise in luce l'importanza del naviglio
sottile. L'ardimento delle cinque torpediniere che meritarono il
conferimento della Medaglia d'Oro al V.M. precorse i tempi, anticipando
le azioni dei MAS e dei mezzi d'assalto durante la prima guerra
mondiale, con le quali i nostri arditi del mare scrissero pagine di
eroismo da Trieste a Premuda, da Durazzo a Pola, destando l'ammirazione
di tutte le marine del mondo. Imprese anticipatrici di nuove tecniche di
guerra, usate nel secondo conflitto, che portarono alle azioni dei mezzi
d'assalto ad Alessandria, Gibilterra, Suda ed Algeri.
Nell'Agosto del 1914,
allo scoppio delle ostilità, i Paesi dell'Intesa avevano isolato gli
Imperi Centrali con tiri blocco navale tendente a precludere i
rifornimenti di materie prime. Nel Mediterraneo, tale blocco era
mantenuto, a Sud del Canale d'Otranto, tra Capo Santa Maria di Leuca e
l'Isola di Santa Maura, dalle forze navali francesi. Malta, base più
vicina, distava ben 300 miglia e ciò comportava un notevole sperpero di
energie e di combustibile. L'intervento della flotta italiana, il 24
Maggio 1915, liberò gli alleati, ed in particolare la Marina francese,
dall'onere di tale vigilanza. I compiti fondamentali affidati alla
Marina Italiana erano due: continuare a garantire l'isolamento
dell'Austria dai mercati mondiali; impedire sbarchi austriaci nella
pianura veneta alle spalle dello schieramento dell'Esercito. La
superiorità numerica della flotta italiana era in gran parte annullata
dalla situazione geografico strategica del teatro operativo: la costa
del nostro Paese si presentava infatti aperta alle offese, mentre quella
austriaca era protetta da una catena di numerosissime isole, che
costituivano un complesso di basi eccellenti sia per la difesa che per
l'offesa. Mentre gli austriaci tenevano le forze chiuse in Pola, lontane
dal principale obiettivo, costituito dal Canale d'Otranto, unica via di
rifornimento marittimo per l'Austria Ungheria, la Marina Italiana
moltiplicava gli sforzi per tagliare le comunicazioni nemiche ed
assicurare i |
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