Per continuare a ricordare - ( per gentile concessione del
figlio
Salvatore Nereo Salerno )
SOMMERGIBILE AMMIRAGLIO
CARACCIOLO DELLA REGIA MARINA ITALIANA
Gaspare Salerno Classe 1912 Capo Motorista, matricola n. 20148.
Insignito della Croce di Guerra e
della Medaglia Guerra d’Africa Orientale 1940/1943
Desidero dare il mio contributo in ordine all'autoaffondamento
del sommergibile "Caracciolo,"
della classe Cagni, avvenuto a circa 30 miglia al largo di
Bardia nella notte tra
il 10 e l'11 dicembre del 1941 e ricordato sempre, con profondo
dolore, da mio padre ex Capo Motorista Gaspare
Salerno, salvatosi perché giunto alla torretta tra gli ultimi,
come pochi altri, dopo avere eseguito insieme al collega Mario
Tinti l'ultimo ordine del Capitano Musotto: "Gente in mare,
aprire gli allagamenti."
Riferisco, pertanto, di una lettera del 6.9.84 inviata al
Comandante
Grand'Ufficiale Giorgio Lupo, Presidente dell'Associazione
Nazionale Marinai d'Italia di Palermo. La lettera è
stata richiesta dallo stesso Presidente per conoscere quanto
accaduto in quella tragica notte dell'11 Dicembre del 1941 al
sommergibile Caracciolo
e al suo Equipaggio, ai cui comandi era stato destinato
il Capitano di corvetta Alfredo Musotto.
Ciò premesso, allo scopo precipuo di rendere omaggio alla
memoria di quanti non poterono salvarsi ed al resto
dell'equipaggio che insieme agli altri "ospiti," invece,
fortunatamente, tornarono all'abbraccio dei propri cari, come
fece anche mio padre quantunque dato per disperso
per sei mesi e dopo lunga prigionia.
Il sottoscritto desidera, perciò, affidare la
conoscenza dell'episodio in questione raccontato, non senza
reticenze, dal proprio padre anche al
Giornale di Sicilia
su insistente invito della redazione e riportato
poi a firma di Nicola
Volpes nell'edizione domenicale del
23.9.1984.
Come lo Scirè
un altro sommergibile affondato con i suoi uomini .
Salvatore Nereo Salerno (da Palermo) Giugno 2009
Palermo - dal
Giornale di Sicilia del 23.9.1984. Articolo a firma di Nicola Volpes
GASPARE SALERNO CAPO MOTORISTA (
classe 1912 )
COSI' VISSI L'AGONIA DEL
CARACCIOLO PRIMA CHE DIVENTASSE UNA TOMBA
Segue sui
giornali le vicende del tentativo di recupero dello
Scirè, il sommergibile affondato
42 anni fa nella baia di Haifa con tutto l'equipaggio, ma il suo pensiero é per
i suoi compagni del < Caracciolo
>, l'unità sulla quale era imbarcato, rimasta per sempre nel mare di
Bardia, con 48 uomini dentro lo
scafo. E' un palermitano di 72 anni, Gaspare Salerno, pensionato delle Ferrovie.
Due storie parallele, quella dello Sciré
e del Caracciolo, il primo
divenuto famoso perché dotato di speciali attrezzature per il trasporto dei
mezzi d'assalto, fu protagonista di alcune tra le più brillanti operazioni della
Marina Italiana nella seconda guerra mondiale; il secondo finito a picco,
compreso il suo Comandante Alfredo Musotto, di Pollina (prov di Palermo), mentre
espletava l'incarico più umile che può essere demandato ad un sommergibile
oceanico, quello di trasportare un carico di 180 Tonn. di benzina e munizioni
per rifornire le truppe del fronte africano. Gaspare Salerno, con i baffi a
spazzola, portamento da vecchio lupo di mare da 43 anni insegue l'immagine
dei <
suoi
> marinai, tutti morti senza chiedere il perché, i cui volti forse gli
appaiono come scoloriti dall'acqua che culla i corpi finiti negli abissi. <
quelli dello
Sciré'- dice con il tono di chi
conosce la solitudine di fronte alla morte - giacciono a trentatré metri i miei
chissà dove>, ma secondo stime di esperti, il sommergibile sarebbe a circa 1000
metri di profondità.
Capo Motorista del "Caracciolo" ,
forse non avrebbe più riaperto il libro della sua storia drammatica se alla fine
di giugno non avesse letto, su questo giornale, delle onoranze rese a Napoli -
dal Gruppo palermitano dell'Associazione
Nazionale Marinai d'Italia - all'Ammiraglio
Caracciolo, nel 185° anniversario del martirio, e al Capitano di Corvetta
Alfredo Musotto palermitano di Pollina , medaglia d'argento al valore militare,
inabissatosi con il sommergibile omonimo.
Gaspare Salerno non ha trovato giusto che neppure una parola fosse stata
spiegata per quei 48 ragazzi scomparsi in mare. ed è venuto a raccontarci la
storia del "Caracciolo",
dopo aver premesso che il suo "som" era uno dei quattro della classe oceanica ,
punte di diamante della nostra flotta subacquea, temutissimi dai marinai inglesi
che avevano avuto ordine di braccarli ovunque ne avessero sospettato la
presenza, fino all'annientamento.
Duemila tonnellate di dislocamento, 14 tubi di lancio e 36 siluri in dotazione ,
2 cannoni e 4 mitragliatrici antiaeree, 18 nodi di velocità, ventimila miglia di
autonomia. Gaspare Salerno , dopo avere frequentato l'istituto nautico
palermitano, a 18 anni - nel 1930- si arruolò volontario in marina, frequentò le
scuole di Pola, venne imbarcato sulla Nave Scuola Colombo e poi sulla gemella
Leonardo da Vinci. Successivamente conobbe l'esperienza dei sottomarini con un
primo imbarco sul Glauco ed
ancora sui Mas . Quando 10 anni dopo, scoppiò la guerra, era sposato da 14 mesi
e aveva un bambino. Partì e ritornò sei anni dopo, nel maggio del 1946. dopo
essere stato dato per disperso. Da allora e sino a dicembre del 1971 è stato a
lavorare presso il Deposito Locomotive di Palermo. il bambino che lasciò
partendo per la guerra adesso è Capostazione a Sant'Ilario d'Enza, vicino Parma.
Io sono vivo - dice - perché fui uno
degli ultimi a raggiungere la torretta. Andò così : la sera del 5 dicembre 1941
partimmo da Taranto con un carico di 180 tonnellate di benzina tedesca e
munizioni destinati all'Afrika Korp. l'ordine era di navigare in superficie, di
non attaccare navi nemiche e raggiungere la meta nel più breve tempo possibile .
Nei pressi di Sollum fummo attaccati da un aereo inglese che ci mitragliò, vidi
morire il mio più caro amico, il Guardia Marina
Milos
Baucer,
che era istriano, ma abbattemmo l'inglese che cadde a breve distanza. Subito ci
piombarono addosso alcune siluranti nemiche. Ci immergemmo a 80 metri, non ci
trovarono, e se ne andarono. Tornati in superficie , avvolgemmo
Baucer in un telo zavorrato e lo
calammo in mare, quindi di corsa fino a
Bardia, ove scaricammo la benzina per i tedeschi, e via per il ritorno in
Italia , con molti ospiti: Ufficiali dei bersaglieri e dei Carabinieri. Mi pare
che in realtà si sia salvato solo un bersagliere.
La notte tra il 10 e l'11 di dicembre del secondo anno di guerra l'incontro
fatale, l'ultimo per il
<Caracciolo>,
trovatosi all'improvviso, tra le tenebre più fonde, nel mezzo di una formazione
navale inglese di scorta ad un convoglio. Il comandante - dice Salerno - decise
di attaccare, e diede ordine di lanciare due siluri da poppa che andarono
perduti. Le unità nemiche ci vennero addosso per speronarci. Immersione rapida
da parte nostra. Le bombe di profondità divennero una pioggia. Ci colpirono. Le
apparecchiature di controllo andarono in avaria, e pure la valvola per imbarcare
acqua. Toccammo quota
160 metri, una profondità incredibile, e le bombe continuavano a giungere sul
Caracciolo. Fu a quel punto che il comandante ordinò l'emersione a pallone,
gridando pure, tutti ai posti di combattimento. Quando venimmo fuori, gli
inglesi ci accolsero sparando a zero . i nostri serventi ai cannoni volarono in
pezzi. Il nostro som
ormai agonizzava, straziato da tutte le parti. L'ultimo ordine che udii fu
questo : "gente a mare, aprire gli
allagamenti",
e con un collega veneto, che si chiamava Tinti, mi ritrovai in acqua, in mare
forza 8 circondato dai traccianti
e con vicino il comandante Musotto che non riuscii a
salvare.
Gaspare
Salerno nuotò per un quarto d'ora. Del
"Caracciolo"
e dei suoi uomini più nessuna notizia. Poi fu inquadrato da un proiettore, era
il caccia inglese l 70 - dice l'ex motorista - e qualcuno mi lanciò una cima.
Venni issato a bordo, fui frizionato con alcool, mi offrirono rhum, sigarette e
un accappatoio.
Venni sbarcato ad Alessandria. Trasferito con camion a Suez al campo di
concentramento n. 308, poi in Sud Africa fino all’agosto del '44 , ed infine in
Inghilterra al campo di Stantonharcourt. Pur tanto fortunato, purtroppo, la mia
guerra era finita e iniziava l’umiliazione della prigionia. Il mio sommergibile
e 48 uomini di
equipaggio, e gli altri
“ospiti”
sono ancora lì, al largo di
Bardia. Non ho più saputo nulla di nessuno.
Palermo
- dal Giornale di Sicilia del 23.9.1984. Articolo di Nicola VOLPES
Gaspare Salerno -
prigioniero di guerra -
Decorati
al V.M. e Storie di Marinai di Palermo
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