Memories

 

Memories è composto da tre episodi, l’uno contenente l’altro.

Il primo tratta di una missione di salvataggio nello spazio siderale.

Il secondo di un’arma batteriologica dalle potenzialità disastrose, che cade nelle mani di un inconsapevole impiegato.

Il terzo della vita di una città, che si dedica unicamente al bombardamento di un nemico invisibile.

 

La rosa magnetica: due astronauti imprigionati in un mondo fatato creato da una cantante d'opera.

La bomba puzzolente: un giovane si trasforma involontariamente in una inarrestabile arma biologica in corsa verso Tokyo.

Carne da cannone: una giornata in una città del futuro in guerra contro un nemico invisibile.

 

Info: Memories si snoda attraverso l’immaginazione e la genialità di tre autori che fanno capo a Katsuhiro Otomo, genio dell’animazione, autore di un kolossal sospeso e eterno quale Akira. Memories è composto di tre episodi, ognuno rinchiuso nel corpus narrativo dell’altro. Il primo episodio, Memories appunto, diretto da Koji Morimoto e tratto da un racconto breve dello stesso Otomo, è un omaggio alla fantascienza kubrickiana di 2001: Odissea nello spazio e a quella piacevolmente poetica di Tarkovskij di Solaris. Il secondo, diretto da Tensai Okamura, è una satira tendente all’eccesso sulla paranoia del terrorismo e delle armi batteriologice. Il terzo è un meraviglioso piano sequenza, girato ed inventato da Otomo, che rappresenta la giornata tipo di una città il cui unico scopo è cannoneggiare un nemico di cui non si sa niente.

Il primo Memories s’inserisce nel secondo come semplice programma tv, mentre il secondo (Stink Bomb) come sogno di un bambino, personaggio del terzo (Cannon fodder). Sono tre episodi apparentemente slegati fra loro, per lo meno concettualmente. Ma è evidente come il tema portante dell’intero film, Trino che diventa Uno, è l’esame, ora ironico, ora drammatico, degli aspetti più insensati dell’essere umano. I suoi lati più effimeri e nascosti, che riaffiorano sotto forma di sogno, di paranoia, di paura.

Otomo si diverte a traslare tempo e spazio, senza definire in maniera precisa il luogo dell’azione e il momento, giocando con i personaggi, usandoli come burattini, per dimostrare l’inafferrabilità del cinema e della vita.

 

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