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dall' intervista a Vanessa Beecroft di Silvana Vassallo Vanessa Beecroft
Lascio
che la componente aleatoria di una performance crei momenti non previsti,
non perché io ami il caos, ma perché non lo posso evitare. Le ragazze
reagiscono in modo soggettivo alle mie regole. La rigidità di una
soluzione formale mi angoscia a tal punto che lascio la performance aperta
a creare se stessa.
dall' intervista a Patrick Tuttofuoco di Donatella Galasso Patrick Tuttofuoco
Non
credo assolutamente che un lavoro per poter esser definito profondo non
possa sfruttare un impianto comunicativo forte e, per intenderci, il
piacere del colore. Il "gioco" da me è visto come condizione di ricerca
attiva, come possibilità di movimento, e non come rimando ad una
spensieratezza priva di uno sguardo critico. L'idea di "gruppo" e lo
scenario urbano sono sempre stati al centro del mio lavoro e la città per
sua natura li comprende perfettamente.
dall' intervista ad Andrea Chiesi di Luca Panaro Andrea Chiesi Il tempo non esiste, è una contraddizione. Infondo esiste solo l'attimo: quello che è già accaduto non c'è più e il resto deve ancora venire. Il pensiero del tempo che sfugge e delle cose che decadono mi ossessiona. Forse nasce da qui il mio interesse per l'archeologia, tradizionale e industriale, e l'attenzione alla memoria storica. Nella mia pittura tutto è rallentato, il tempo stesso è prossimo alla cristallizzazione. Anche il procedimento esecutivo è lento, c'è la ricerca dei luoghi, la fotografia, i disegni, l'esecuzione pittorica, con un fare mentale e manuale tra lo zen e la follia. Nel ciclo La casa ho prima fotografato, poi dipinto il mondo osservato attraverso le finestre di casa durante un periodo di isolamento. Le opere avevano come titolo il giorno, ora, minuto, secondo, dell'attimo colto. Tutti gli spazi che ho dipinto sono luoghi che ho visitato realmente e in misura diversa fanno parte della mia memoria. Da quando ho iniziato a disegnare, cioè da oltre 25 anni, tengo una specie di agenda in cui annoto brevemente quello che faccio. Ogni pagina serve a dare un senso a ogni giorno trascorso, a costruire nel trascorrere dei giorni la storia di una vita (che in questo caso è la mia, ma potrebbe essere qualsiasi altra). In questa lettura il lavoro è una sola opera autobiografica, una lunghissima e lentissima opera dedicata al tempo che scorre e si dilegua di cui la pittura è la manifestazione finale. posted by Andrea Sterpa
dall' intervista a Paolo Consorti di Luca Panaro Paolo Consorti Io nasco come pittore puro, anche se ho sempre cercato - in modalità di volta in volta differenti, inventando strategie e sperimentando contaminazioni possibili tra pittura e tecnologia - di giungere ad un risultato diverso da quello puramente artigianale. Orientarmi su tale percorso non è stata una scelta di carattere ideologico, ma una necessità espressiva, scaturita, credo, da un confronto in parte volontario ma anche direi obbligato, con la produzione immensa d'immagini della nostra epoca e con i mezzi che producono e propagano tali immagini. Se quindi da un lato la mia pittura - e l'operazione che sto costruendo attorno ad essa - ha i suoi referenti nella tradizione storica italiana, d'altra parte il cinema e la fotografia ricoprono un ruolo molto importante, soprattutto per quanto riguarda la qualità dell'immagine. La mia posizione si situa ad un punto d'incontro tra manualità e tecnologia, un punto d'equilibrio che non si può definire in una formula e che per me fa parte di una sensibilità pittorica contemporanea, che mi fa sentire lontana sia la pittura accademica interamente manuale, sia l'impersonalità della stampa digitale. L'intervento pittorico su una stampa di questo tipo è un procedimento abbastanza diffuso. Ciò che contraddistingue il mio lavoro, dal punto di vista tecnico, è il grado di fusione tra procedimenti tecnologici ed interventi manuali. Devono essere fattori strettamente connessi, perchè si tratta di un problema di visione mentale. posted by Augusto Marchetti
Riflessioni in forma di Conversazioni di Doriano Fasoli Jannis Kounellis L'artista per quanto artista è sempre colto, quando si parla di cultura per un quadro non s'intende la descrizione letteraria di un'immagine ma il riconoscersi in una struttura linguistica vasta e trovarci l'alimentazione necessaria per continuare a costruire forme espansive con segni che indicano una centralità anche quando, per ragioni storiche, sei costretto alla frammentazione. posted by Andrea Sterpa
dall' intervista a Maurizio Cattelan Sculture Sept 05 Maurizio Cattelan Ci sono degli spazi, più che delle zone, che mi piace tenere nascosti, lasciarli all’immaginazione. Casa mia per esempio. Anche se poi in realtà non c’è nulla da immaginare e nulla da vedere. Sono quattro pareti e la moquette, niente mobili e nessun quadro alle pareti. È come con la marmellata, in fondo: quando sei piccolo e sai che il barattolo è nel mobile alto della cucina, non lo puoi vedere e non sai di che frutta sia, te la ricordi sempre più buona di come sia in realtà. A te piace la marmellata? posted by Andrea Sterpa
Intervista a Deborah Ligorio Premio Furla 2005 Deborah Ligorio Il mio lavoro non è autoreferenziale, non parla del linguaggio stesso dell’arte, ma si serve dei linguaggi dell’arte per parlare della vita, delle questioni sociali, quindi si rivolge al pubblico e credo che sia comprensibile da chiunque. Naturalmente ci sono diversi livelli di lettura per cui, dopo il primo livello, che è un livello assolutamente comprensibile, credo da chiunque, ci sono dei livelli più complessi dove probabilmente c’è bisogno di nozioni, di spiegazioni, di confronti e di conoscenze dell’arte contemporanea che è un mondo dove c’è molta libertà, molta possibilità di sperimentare. Credo che il mio lavoro sia assolutamente aperto, e ci tengo che sia così, ci tengo a lavorare in questo senso, per esempio, i miei video sono assolutamente comprensibili. posted by Andrea Sterpa
Intervista a Vedovamazzei "The Art is a fifth element", 2001 Vedovamazzei La scienza ha come priorità la scoperta a tempo indeterminato e la sua applicazione è solo un modo per cadere nell’ errore. L’uomo non ha avuto più il tempo dell’ assimilazione, si è avvinghiato alla sua sensibilità e l’ha seguita sino a crederla verità assoluta. L’idea del caveau è di dare la percezione di come sono in realtà distanti le sensazioni. Ë proprio qui che entrano in gioco le tecnologie, si vanno ad eliminare i punti e le incrostazioni del passato, le emozioni che la memoria favorisce, e le sue confusioni e incoerenze di un passato che la tecnologia tramuta in possibilità. Qui la nostra fisicità entra in relazione diretta con la dimensione del suono di un corpo del cosmo. E’ fra oggetti arcaici, come il giradischi e il vinile, e il suono del moto dei pianeti, che si ridefinisce un senso, un modo di percepire, pensare, vivere l’ universo. posted by Andrea Sterpa
Nei miei panni identità di un sogno reale
"The Art is a fifth element", 2001
C’è molta differenza fra il Cabaret Voltaire di Zurigo e Pharmacy di Londra? La grande Arte di oggi non è forse figlia di Duchamp? Del Dadaismo? Del ready-made?
Qual è il vero scopo per cui è nata e vive l’Arte? il tuo Blog mi riporta alla mente qualcosa che avevo fatto un po’ di tempo fa … Avevo sottoposto questa domanda ad un po’ di amici: “Qual è il vero scopo per cui è nata e vive l’Arte?” Alcuni di loro mi hanno risposto così: Sgarbi dice che l’Arte è la prova dell’esistenza di Dio. Beh, Oscar Wilde diceva che il fine ultimo dell’Arte è l’Arte stessa. Perché abbiamo tutti bisogno delle cose belle, un disperato bisogno di qualcosa di sacro. Per farci godere… per deliziarci, per incantarci… per farci sognare e per dimenticare. Per il bisogno ancestrale dell’uomo di esternare le proprie esperienze.
Nei miei panni identità di un sogno reale
dall' intervista a Deborah Ligorio
dall' intervista a Ra di Martino
dall' intervista a Valerio Berruti
http://www.gospark.it/magazine/index.asp?Sez=02&Ord=5&Cod=214&SubSez=02&PageType=art&LastClick=3 |