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La mia musica ha come principale fonte di linguaggio l'ironia. Per me l'ironia è un giocare, seriamente, con tutti i parametri a disposizione: con il ritmo -sono stati fondamentali gli studi con l'etnomusicologo Simha Arom -, con la parola -i poeti che attirano il mio interesse sono giocolieri, funamboli della parola: Raymond Queneau, Achille Campanile, Edoardo Sanguineti, Roberto Piumini-, ed infine con i linguaggi codificati dalla storia -non negata ne affrontata con paura, ma osservata con discernimento, come una tavolozza di colori per un pittore-.

Gli studi "matti e disperatissimi" con Brian Ferneyhough, insieme agli straordinari incontri con Luciano Berio, mi hanno dato la base solida da dove parte il mio linguaggio, perché la musica principalmente necessita di farsi comprendere. Importante nel mio cammino rimane la convinzione di una trasparenza, almeno in superficie, senza togliere nulla alla tecnica. La mia musica, per dirla con Roland Barthes riferito a Queneau, è una musica che tenta di respingere e avvicinare nello stesso tempo la derisione e la gravità per mezzo dell'ironia.

Il lavorare per e con i bambini è un passo fondamentale del mio scrivere: la coscienza di un'umiltà, che non vuol essere rinuncia di complessità e strutture.

La mia musica non vuole essere volutamente semplicistica, o peggio neo-qualcosa, ma chiede di essere viatico per una forse migliore comprensione sia di un testo letterario che di un'idea.

Nota Bibliodiscografica



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