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C’era una volta …

Quando la lana... belava!

 

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Nel mese di maggio, sfruttando la luna favorevole per evitare alcuni spiacevoli inconvenienti, i nostri pastori, anticipando la stagione calda, davano di mano alle forbici e tosavano (carusavunu) le pecore, ricavandone una pregevole “lana janca ’i piecura gentile”, un tempo denominata “maggiatica”, per distinguerla da quella settembrina, che veniva stipata nei sacchi di canapa (cannavazzu), in attesa che gli acquirenti, già prenotatisi sin dall'anno prima, venissero a ritirarla ccu llu ciucciu, per poi portarla al fiume dove poteva essere lavata con facilità.

Erano questi, genitori ansiosi di vedere finito il corredo nuziale della propria figlia, prossima alle nozze, i cui materassi e relativi cuscini, ovviamente di lana, costituivano il pezzo forte.

Dal corso principale del Catocastro¹ veniva deviata una parte delle sue acque in un punto prestabilito, in modo da formare “nu vullu”² e, allo stesso tempo, veniva acceso il fuoco sotto l'immancabile “quadara ’i rama chjina d'acqua”, ritenuta anch'essa un importante pezzo dotale.

Quando, quest'ultima, era sul principio di bollire, vi s'immergeva la lana e con l'ausilio di un bastone si cominciava a rimestarla con cura per tutto il tempo ritenuto necessario. Con lo stesso bastone, poi, a sgrassatura avvenuta, si provvedeva a toglierla dal calderone ed a stenderla vicino l'acqua precedentemente deviata, dove veniva risciacquata a freddo.

Seguiva una spremitura manuale e, quindi, posta sulle pietre o su di una coperta, si attendeva che la lana asciugasse sotto i raggi del sole che già facevano assaporare i piaceri dell'estate.

Ultimata questa fase che vedeva la lana sfavillante ed asciutta, con pazienza certosina venivano tolte a mano tutte le impurità rimaste ed il prodotto era quindi, pronto, per essere cardato (scarmuniatu), …ma questa è un'altra storia.

Antonio Furgiuele

Nonna Angela

La signora Angela Tani, nonna dell’autore, in una immagine di altri tempi, mentre fila la lana con il suo inseparabile fuso.

¹ Nasce alle falde del monte Cocuzzo (mt. 1541), scorrendo per tutto l'anno. La sua foce è antistante la spiaggia di Amantea (CS), sul litorale tirrenico.

² Pozza d'acqua creata artificialmente, vena d'acqua.