Aspetti
terapeutici
del suono e della Musica
Per
meglio comprendere i modi e i mezzi d'azione e prima di addentrarsi nella
trattazione specifica, è opportuno richiamare alcuni termini e concetti
tecnici.
Fisicamente il suono è da intendersi come vibrazione di un
mezzo elastico a questo trasmessa dalle vibrazioni di un corpo eccitato oppure,
equivalentemente, come piccola perturbazione del mezzo elastico in cui si
propaga, le cui molecole sono messe in vibrazione con frequenze dell'ordine di
poche migliaia di Hz. Nel linguaggio comune si intende invece la sensazione
uditiva acustica prodotta da tali vibrazioni.
L'orecchio umano è in grado di
percepire vibrazioni che spaziano in un campo di frequenze da circa 16 Hz fino a
circa 16 KHz. Il concetto di suono è quindi collegato all'organo di senso in
grado di percepirlo. Se consideriamo tutto lo spettro di frequenze possibili,
compresi gli infrasuoni e gli ultrasuoni, possiamo affermare che ogni corpo in
vibrazione emette un suono; questo fenomeno avviene con una facilità ed una
frequenza notevolissima nell'ambiente che ci circonda: basta infatti che due
corpi si sfiorino o un corpo si muova in un fluido che subito ne scaturisce un
suono. Ogni oggetto possiede una propria peculiare caratteristica sonora
derivante dalla unicità della sua struttura fisica. In base a questo principio
l'intero nostro pianeta e tutto il cosmo, ove vi sia un mezzo che ne consenta la
propagazione, è suono.
Facciamo ora un passo avanti nella
comprensione di come agisca la musicoterapia. Fin dalla nostra infanzia abbiamo
vissuto, sperimentato ed immagazzinato diversi modelli sonori, associando a
ciascuno di essi una particolare entità definita (una sensazione, un
significato, una reazione biochimica, una circostanza o, più in generale, un
concetto): tutti questi suoni possono essere definiti modelli sonori
condizionati, in quanto derivanti da una associazione mentale. Esistono
però anche dei modelli sonori incondizionati, a cui appartiene tutta una
gamma di "suoni primitivi", puro riflesso delle emozioni e
comprensibili da tutti senza bisogno di precedenti condizionamenti cognitivi.
Oggigiorno esistono solo due suoni incondizionati (primitivi): il pianto e il
riso; tutti gli altri suoni primitivi sono ormai scomparsi insieme ad una parte
della spontaneità comportamentale. E' proprio in questo contesto che entra in
gioco il potere della musica e del suono in senso lato. Non è difficile infatti
rendersi conto che il principale effetto che tutti i suoni, ed in particolare la
musica, producono su di noi è rappresentato proprio da emozioni. La musica ha
il grande potere di suscitare forti sensazioni emotive, sia in chi la
produce che in chi l'ascolta, in funzione del tipo di esperienza personale se si
tratta di suoni condizionati o comuni a tutti gli individui se si tratta di
suoni primitivi. Tenendo conto che l'enorme bagaglio di accumuli emotivi che
risiedono nel nostro essere sono spesso causati dal blocco delle emozioni e sono
la principale causa dei fenomeni patologici a sfondo psicosomatico, non è
difficile rendersi conto del potenziale benefico della musica: essa suscita
emozioni positive che correttamente sfruttate possono rimuovere o trasformare le
energie negative accumulate che causano un errato funzionamento della struttura
psicofisica.
Un effetto più diretto, ma meno
riconoscibile, è rappresentato dalla vibrazione indotta sul nostro corpo
dalla sorgente che produce il suono. Ogni strumento musicale produce infatti
vibrazioni particolari, rappresentate dalle onde acustiche generate dal mezzo
eccitante (le corde di una chitarra o di un pianoforte, le superfici di un
tamburo o di uno xilofono, …), che giungono fino a noi e ci trasmettono il
loro potere inducendo il nostro corpo a vibrare anch'esso. In termini fisici si
potrebbe interpretare l'onda sonora come forzante esterna agente su di un
sistema meccanico inerte rappresentato dal nostro corpo; in funzione
dell'energia trasmessa (molto debole nel caso della musica) e del peso delle
singole armoniche elementari dello spettro di frequenze rispetto alle
frequenze proprie delle parti del corpo, si può teoricamente giungere
localmente al fenomeno di risonanza. Il timpano del nostro orecchio ad
esempio, sollecitato dalle onde acustiche esterne, vibra alla stessa frequenza
dell'onda incidente e trasmette questo segnale, opportunamente trasdotto dal
sistema nervoso, fino al cervello producendo la sensazione acustica. Attraverso
la cassa armonica degli strumenti musicali, il fenomeno della risonanza può
essere utilizzato in musicoterapia per indurre la persona a sentirsi accolta e
compresa, senza l'ausilio di parole. Questa atmosfera può riportare ciascuno di
noi alle esperienze originarie vissute nella nostra storia personale fin
dall'istante del concepimento. Sono infatti ormai a tutti noti i risultati delle
ricerche condotte al fine di valutare l'influenza dell'ambiente sonoro in cui si
sviluppa il feto. La vita all'interno del grembo materno è un susseguirsi di
fenomeni sonori che presentano aspetti costanti come il pulsare del cuore, il
circolare vorticoso del sangue, l'immissione ed emissione dell'aria e variabili
come la voce e tutti i suoni provenienti dall'esterno. Per tutti i mesi della
gestazione la nuova vita, all'interno del copro materno, si nutre di alimenti
attraverso la placenta e di esperienze acustico-sonore che impregnano di
esperienza il bambino che sta crescendo ed influenzeranno la sua vita futura.
Tutti questi suoni rappresentano la prima orchestra conosciuta da ogni
essere umano.
In sintesi possiamo affermare che il
suono viene raccolto dal nostro orecchio ed elaborato dal nostro cervello in una
collezione di emozioni che producono in noi modificazioni a livello psichico
(rilassamento, paura, ansia, …) e fisico a livello delle funzioni vitali
dell'organismo (una musica brillante, ad esempio, produce un aumento della
frequenza del battito cardiaco, mentre gli strumenti a corda favoriscono la
peristalsi intestinale). Tutto ciò naturalmente è vero se si assume un atteggiamento
attivo nei confronti della musica: ascoltarla passivamente è come guardare
un quadro d'autore senza vederlo.
Il musicoterapeuta conosce gli effetti
positivi della musica e deve stare attento a non mettere in atto quelli
negativi. Come per tutto quanto riguarda l'uomo, ciò che può fare bene se
somministrato oculatamente, in dosi eccessive può essere nocivo. Questo vale
anche per la musica, in modo a volte palese e a volte così sottile da diventare
perfino subdolo. Questo non significa che non ci si possa accostare alla musica
con energia e vigore. Possiamo infatti lasciarci cullare dalla melodia,
dall'armonia, dal ritmo e dal timbro (elementi distintivi della musica) in un
abbraccio che ricorda quello del grembo materno, oppure possiamo partecipare
attivamente all'atmosfera musicale creando musica o lasciandoci trasportare e
liberando le nostre emozioni anche con un'esplosione incontrollata di gesti e
suoni. Entrambi gli approcci possono essere presi in considerazione, purchè
sussista l'elemento fondamentale che caratterizza il modo di accostarsi alla
persona da parte del musicoterapeuta rispetto ad altre forme di intervento
(rieducazione, riabilitazione, psicoterapia) e cioè l'ascolto empatico.
L'ascolto empatico si basa sul ricalco della postura della persona della
quale il musicoterapeuta si vuole prendere cura. Il ricalco posturale consiste
nel rimarcare il tono energetico della persona facendole avvertire di essere
accolta ed apprezzata. Attraverso questo artificio, specifico della
musicoterapia, si ottiene una comunicazione diretta, immediata, imprevedibile,
modificabile in ogni attimo ed adeguabile ad ogni circostanza senza dover
ricorrere a parole, a richieste, a spiegazioni. L'ascolto empatico si attua
attraverso l'euritmia ed il dialogo sonoro. Euritmia è un termine
antico, in uso presso la civiltà greca, e sta ad indicare la coordinazione fra
suoni-ritmi e movimenti. La madre che allatta il proprio bambino compie un gesto
euritmico, cullandolo e dondolandolo mentre gli sussurra parole affettuose o gli
canta una melodia, adeguando ogni gesto ed ogni suono a quanto il piccolo sembra
gradire di più, infondendogli sicurezza, fiducia e gioia. Il musicoterapeuta
può cercare di riprodurre, o meglio di imitare questa situazione, servendosi ad
esempio della grande cassa armonica di un pianoforte a coda vicino al quale o
sul quale adagia il bambino nella posizione che questo preferisce e adeguando
ogni gesto ed ogni suono alle reazioni del bambino ricalcando le emozioni del
bambino e valorizzandole nel gioco musicale. In questo modo si possono
richiamare le emozioni positive e le vibrazioni che il canto della madre
induceva sul corpo del figlio. Il musicoterapeuta in questo modo interagisce con
la persona che presenti una patologia per condurla verso il superamento delle
sue difficoltà.
Gli aspetti teorici più evidenti
dell'attività musicoterapica possono essere individuati dunque nel fenomeno
della risonanza, nel dialogo sonoro e nell'improvvisazione musicale,
nell'ascolto empatico, vissuti magari con la presenza contemporanea di due
terapisti con formazione differente e complementare e, qualora si tratti di
bambini o ragazzi, alla presenza dei genitori. Una corretta applicazione del
metodo musicoterapico prevede inoltre il confronto costante con l'équipe di
medici specialisti che hanno in cura la persona e con le persone che
eventualmente si prendono cura dell'educazione o dell'inserimento sociale
dell'individuo. La figura del musicoterapeuta viene così a trovarsi nella
difficile posizione di dover mediare ed amalgamare produttivamente gli aspetti
del mondo medico, sociale, educativo e personale della persona in cura.
Sottolineiamo che la musicoterapia non ha come fine l'apprendimento musicale, ma
si prefigge di portare il corpo alla parola attraverso la relazione
suono-corpo-affetti.
Si riscontrano notevoli
differenze nell'accostamento a questo tipo di trattamento tra i soggetti adulti
e i bambini. Da parte di un adulto, fare o ascoltare musica può essere
immediatamente valutata dall'adulto come una perdita di tempo, mancando una
risposta immediata e precisa di tipo produttivo, senza lasciare alcun margine
all'imprevedibilità; un bambino è più disposto a vivere questa esperienza
come un gioco con un atteggiamento più spontaneo, gioioso, imprevedibile e
pronto a compiere nuove esperienze. In musicoterapia, invece l'imprevedibilità
è la regola fondamentale: essa è ciò che attira la nostra attenzione,
rompendo gli schemi consueti; i bambini sono spesso imprevedibili ed anche per
questo motivo sono al centro della nostra attenzione. Quest'ultimo è il miglior
modo di affrontare l'esperienza musicoterapica ed ottenerne risultati..
La regola dell'imprevedibilità
è tipica dell'arte e trova il suo fondamento nell'originalità che caratterizza
ogni essere umano, differenziandolo dal suo simile. In musicoterapia si agisce
attraverso l'ascolto empatico a salvaguardia dell'originalità di ogni persona.
A titolo di esempio, tra i
brani che svolgono un'azione rilassante si ricordano: Le Cygne di C.
Saint-Saëns, i primi minuti dell'Ouverture Tannhäuser di R. Wagner, nonché
l'Aria della Suite n°3 in re maggiore di J. S. Bach. Un'azione tonificante è
prodotta invece dall'ascolto dell'Ouverture Rienzi di R. Wagner e dalla Danza
delle ore di A. Ponchielli.