Matematica dei frattali
di Federico
Miorelli e Tommaso Terragni
I frattali sono figure geometriche
caratterizzate dal ripetersi sino all’infinito di uno stesso motivo su
scala sempre più ridotta. Questa è la “definizione” più intuitiva che si
possa dare di figure che in natura si presentano
con una frequenza impressionante, ma che non hanno ancora una
definizione matematica precisa: l'atteggiamento corrente è quello di
considerare frattale un insieme F che abbia proprietà simili alle
quattro elencate qui di seguito:
1) Autosimilarità: F è
unione di un numero di parti che , ingrandite di un certo fattore,
riproducono tutto F; in altri termini F è unione di copie di se stesso a
scale differenti.
2)
Struttura fine: F rivela
dettagli ad ogni ingrandimento.
3) Irregolarità: F non si
può descrivere come luogo di punti che soddisfano semplici condizioni
geometriche o analitiche. (la funzione e ricorsiva: F={Z | Z =
f(f(f(...)))}
4) Dimensioni di autosimilarità
> della dimensione topologica
La caratteristica di queste figure,
caratteristica dalla quale deriva il loro nome, è che, sebbene esse
possano essere rappresentate (se non si pretende di rappresentare infinite
iterazioni, cioè trasformazioni per le quali si conserva il particolare
motivo geometrico) in uno spazio convenzionale a due o tre dimensioni, la
loro dimensione non è intera. In effetti la lunghezza di un frattale
“piano” non può essere misurata definitamene, ma dipende strettamente dal
numero di iterazioni al quale si sottopone la figura
iniziale.
Fino agli inizi di questo secolo la
geometria ha considerato oggetti per la cui trattazione è sufficiente la
definizione classica e intuitiva di dimensione (Dt=dimensione
topologica), già presente almeno implicitamente in Euclide. In questa
definizione, data compiutamente da Poincaré, si assegna ad un punto o a un
insieme totalmente sconnesso di punti Dt=0; per le rette,
induttivamente, la Dt=1 in quanto possono essere divise da
elementi di Dt=0 (o meglio, un insieme F ha dimensione 1 se
ogni punto ha un intorno in F arbitrariamente piccolo con frontiera di
dimensione zero); e in generale un oggetto si dice di dimensione Dt=Dt’
quando ogni punto dell'insieme ha un intorno
in F con frontiera di dimensione Dt=(Dt’-1). La dimensione topologica è un numero intero.
Il concetto di
dimensione ha però diverse connotazioni matematiche, in accordo con le
seguenti proprietà:
Siano A e B insiemi di
punti:
-
A = Âk
Þ dim(A) = k
-
A Í B
Þ
dim(A) £ dim(B)
-
A Í
Âk (A è aperto)
Þ dim(A)=k
-
A numerabile Þ dim(A) =
0
-
dim(A) non varia se A è
sottoposto a rotazioni, traslazioni, cambiamenti di scala
(autosimilarità)
-
dim(AÈB) = max{ dim(A), dim(B)
}
A può essere diviso da una
sottoclasse di punti Dt=(Dt’-1).
Per l'insieme di
Cantor, si ha Dt(C)=0.
Tale
definizione non distingue tra C e l'insieme dei razionali nell'intervallo
[0,1]. Per questo B. B. Mandelbrot,
autorevole matematico che ha dato l’impulso allo studio dei frattali,
evidenziò come la dimensione topologica non sia opportuna per le figure
frattali, e per questo nello studiare queste figure si fa riferimento alla
definizione di dimensione data da
Kolmogorov-Hausdorff.
Si misuri un insieme di punti A con
un’unità di misura h ogni volta più piccola e si chiami N(h)
il minimo numero di segmenti (se il frattale è costituito da punti
appartenenti ad una stessa retta) - o in generale di figure a k dimensioni se il frattale è costituito da punti tutti appartenenti ad uno
spazio Âk
- necessari per coprire per intero la
figura, si definisce capacità di A:
Analizziamo ora la
dimensione del frattale più classico e studiato: l’insieme C di
Cantor.
Questo insieme è
costituito dai punti che “rimangono” sul segmento [0;1] dopo che da questa
è stato asportato (prima iterazione, p=1) il terzo centrale (1/3;
2/3), e da ognuno dei due segmenti risultanti [0;1/3] e [2/3;1] è stato
asportato il terzo centrale, esclusi gli estremi, e così via per infinite
iterazioni.
Evidentemente per
p®
¥
l’insieme C è costituito dagli
estremi dei segmenti che si formano ad ogni iterazione, quindi è
costituito da infiniti punti. La lunghezza dei segmenti asportati, dopo la
p-esima iterazione, è data dall’espressione
che è ovviamente uguale a 1 per p®
¥.
Si dimostra così che la lunghezza
complessiva dell’insieme di Cantor è zero, e altresì che è costituito da
infiniti punti. Quindi la definizione classica di dimensione è
assolutamente inefficace. Nel 1941, cioè prima che fosse data la
definizione di Kolmogorov (1958), Courant e Robbins, forse non abituati né
pronti all’idea di dimensione non intera, scrissero che la dimensione di C
era zero; evidentemente essi calcolarono solo la Dt, senza rendersi conto
che questa è un dato sterile, che non permette di operare con questi
insoliti oggetti matematici.
Oggi
calcoliamo invece Df(C)
prendendo inizialmente un segmento
unitario, che, essendo della stessa lunghezza del segmento di partenza, lo
copre al meglio; dopo la p=1, i due segmenti rimanenti sono
“misurati” da N(h)=2 segmenti di h=1/3; in generale, dopo p iterazioni,
N(h)=2p e h=3-p . Da questo si ricava
che
Il fatto che la
dimensione di C sia 0 < Df(C) < 1, fa immediatamente
capire come l’insieme C non contenga segmenti continui, ma sia costituito
da infiniti punti, che sono tutti di accumulazione per C stesso, infatti
in ogni intorno U(x Î C,
e)
esistono
infiniti punti derivanti dalle iterazioni successive, e quindi C è un
insieme perfetto perchè non ci sono punti di accumulazione di C che non
appartengano a C stesso (tutti gli estremi dei segmenti appartengono a
C).
E' interessante
osservare che questi infiniti punti hanno la potenza del continuo! Infatti
a ogni numero x Î [0;1], si può associare la
rappresentazione ternaria della misura della distanza dallo zero, e si può
scrivere nella forma: x = 0,a1,a2,a3,a4,...,an
, dove an = 0 oppure 1 oppure 2. Tale rappresentazione non è
unica: per esempio 1/3 = 0,1(0) ma anche 1/3 = 0,0(2); in simili casi
decidiamo di scegliere la rappresentazione che contiene meno cifre "1"; in
tal modo, ogni numero è rappresentato in modo univoco. Si può dimostrare
che x appartiene all'insieme di Cantor se e solo se la sua
rappresentazione (in base 3) non contiene la cifra 1.
Si osservi ora
che
le rappresentazioni composte con le cifre 0 e 2 sono tante quante quelle
composte con le cifre 0 e 1 e di queste ultime ve ne è una infinità
continua (cioè con la potenza del continuo), poichè ogni numero
dell'intervallo [0;1] si può rappresentare con una tale successione usando
il sistema binario. In conclusione i punti di Cantor sono un'infinità
continua.
Inoltre,
un aspetto interessante della matematica dei frattali è l’utilizzo di
una numerazione in basi diverse da quella decimale in relazione alle
caratteristiche del singolo motivo geometrico. Questo procedimento è
utile soprattutto per l’elaborazione da parte di computer, che non sono
legati a nessuna base (diversa da quella binaria) più che a quella
decimale. In questo modo, per esempio, prendendo un segmento unitario e
utilizzando la base 3, l’insieme di Cantor è semplicemente costituito
da tutti quei punti xn
per i quali la misura della distanza d(xn)
dall’estremo che noi chiameremo zero (o origine del segmento) è
espressa come una successione infinita di cifre ternarie 0,a1a2a3…an
dove il valore
delle an sia solamente zero o due. Infatti riscontriamo
che, dopo la prima iterazione, i punti del primo terzo hanno
0 £
d(x primo terzo)
£
0,1 e che i punti del terzo di segmento adiacente al secondo estremo hanno
0,2 £
d(x ultimo terzo)
£
1. Per la proprietà di autosimilarità, questo ragionamento può essere
esteso alla seconda iterazione, considerando la seconda cifra dello
sviluppo ternario della misura della d(x) dei punti che
appartengono all’insieme dopo la p=1. Facilmente si capisce come
anche il punto x | d(x)=0,1 appartenga all’insieme,
scegliendo opportunamente la rappresentazione di 0,1=0,0(2).
Altri frattali
vengono creati da computer attraverso l’uso di basi numeriche non
decimali. Consideriamo per esempio la curva di Von Koch, nata come esempio
di curva priva di tangente in alcun punto.
Per questa curva Df(K)
= ln 4 / ln 3, per p
®
¥, mentre la sua lunghezza è
evidentemente (4/3)p, cioè infinita: per disegnare
perfettamente questa curva, anche supponendo di poterlo fare alla velocità
della luce, sarebbe necessario un tempo infinito. Se prendiamo due punti
appartenenti a K, con distanza euclidea e
comunque piccola, la lunghezza della
curva che porta dal primo al secondo (e viceversa) è infinita. Inoltre, se
costruissimo una curva di Koch su ogni lato di un triangolo equilatero, la
lunghezza del perimetro della figura così ottenuta sarebbe infinita come
già visto, mentre la sua area, posta l’area iniziale del triangolo Ai=a
,
Ora
abbandoniamo i frattali “semplici”, generati cioè da successive
trasformazioni geometriche e consideriamo invece frattali F costituiti dai
punti che soddisfano una funzione complessa in Â2
(anche se, teoricamente, non c’è un
limite alla dimensione topologica di un frattale, per comodità di
rappresentazione noi studieremo solo frattali Julia e Mandelbrot, che si
rappresentano nel piano di Argand-Gauss, facendo quindi uso della
matematica complessa) del tipo Z=f(z), dove zp=Zp-1, cioè una funzione nella quale
per ogni iterazione, z assume il valore di Z ottenuto nell’iterazione
precedente.
In altre parole, F={Z|Z=f(f(f(f(…))))
}
E' proprio questo che genera
l'indefinitezza che è una delle caratteristiche peculiari di tali
costruzioni matematiche, ovvero la possibilità di iterare virtualmente
all'infinito per ciascun punto prima di passare al succesivo. Quindi, per
"disegnare" un frattale attraverso un elaboratore, è necessario precisare
il numero massimo di iterazioni: un tempo finito non basterebbe per
calcolare un punto del frattale a infinite iterazioni. Volendo
essere un po' più precisi, si può dire che un frattale non rappresenta
altro che la "forma" del bacino di attrazione di una successione a valori
complessi definita per ricorrenza, rappresentata sul piano di Argand-Gauss.
Utilizzando la funzione
f(z): Z=z2+c si ottengono i due tipi di frattali che noi studieremo
principalmente: i famosi “Julia” e “Mandelbrot” (che sono generati dalla
stessa equazione, ma con valori differenti per il parametro
c).
L’equazione è
quella che nella rappresentazione abituale genera una parabola (se
z Î
Â)
traslata col vertice in (0,c);
quello che interessa a noi, tuttavia, non è la solita rappresentazione sul
piano cartesiano (ovvero secondo un incremento della variabile
indipendente), ma come si comporta, dato un punto di partenza,
reimpostando nell'equazione i risultati dell’elaborazione precedente (zp=Zp-1).
Con l’aiuto dei
calcolatori e utilizzando opportunamente i colori è possibile ottenere immagini molto
suggestive di questi frattali.
Dalla determinazione delle condizioni
di partenza, dipendono le differenze fra gli insiemi di Julia e
l'insieme di Mandelbrot. E' necessario un esempio, perchè gran
parte della difficoltà iniziale che si incontra avvicinandosi ai frattali
sta in questo.
L'insieme di Mandelbrot si presenta
come un otto disposto in orizzontale sfrangiato e simmetrico rispetto
all'asse delle ascisse.
-
Si supponga
considerare una piccola porzione attorno all'origine di un piano
complesso di intervallo (-2,-2)-(2,2).
-
Si
sostituiscano, per ogni punto considerato, le corrispondenti coordinate
complesse al termine noto c, nell'equazione Z=z*z+c, ponendo
inizialmente z=0+0i.
-
Si calcoli il
valore di Z.
-
Se si trova che
la distanza di Z dall'origine è maggiore di due, si salti al passo 6.
Per calcolare tale distanza, si adotta il teorema di pitagora nel
seguente modo: dato Z=a+bi, il quadrato della distanza d
dall' origine sarà d2=a2+b2.
-
Se no, si
incrementi di 1 un contatore e si torni al passo 3, se il contatore ha
un valore inferiore al numero di iterazioni massime prefissato, dopo
aver posto z=Z.
-
Si colori il
punto di un colore diverso a seconda del valore del contatore.
-
Si azzeri il
contatore e si ritorni al passo 2, per calcolare il colore del prossimo
punto.
-
Il procedimento
avrà termine quando tutti i punti interessati saranno stati processati
nel suddetto modo.
Possiamo adesso entrare un poco più in
dettaglio ed affrontare i principi di determinazione dei frattali della
famiglia di Julia, che si presentano molto diversamente a seconda
della scelta del termine noto c.
-
Si supponga
considerare una piccola porzione attorno all'origine di un piano
complesso di intervallo (-2,-2)-(2,2).
-
Si scelga un
binomio complesso c assegnando valori del tutto arbitrari alla parte
reale ad alla parte immaginaria.
-
Si
sostituiscano, per ogni punto considerato, le corrispondenti coordinate
complesse alla variabile z, nell'equazione Z=z*z+c.
-
Si calcoli il
valore di Z.
-
Se si trova che
la distanza di Z dall'origine è maggiore di due, si salti al passo 7.
Per calcolare tale distanza, si adotta il teorema di Pitagora nel
seguente modo: dato Z=a+bi, il quadrato della distanza d
dall' origine sarà d2=a2+b2.
-
Se no, si
incrementi di 1 un contatore e si torni al passo 4, se il contatore ha
un valore inferiore al numero di iterazioni massime prefissato, dopo
aver posto z=Z.
-
Si colori il
punto di un colore diverso a seconda del valore del contatore.
-
Si azzeri il
contatore e si ritorni al passo 3 per calcolare il colore del prossimo
punto.
-
Il procedimento
avrà termine quando tutti i punti interessati saranno stati processati
nel suddetto modo.
N. B. Il numero di iterazioni massime
determina la precisione da adottare per la rappresentazione dell'insieme e
per ottenere migliori risultati, è consigliabile che sia uguale o comunque
inferiore al numero di colori disponibili.
Buoni risultati si
ottengono assegnando a c dei coefficenti reali ed immaginari compresi fra
0 ed 1.
Vi sono infiniti insiemi di Julia poichè la scelta di c
non deve sottostare a nessuna restrizione.
La differenza fra l'insieme
di Mandelbrot e gli insiemi di Julia è che le coordinate complesse del
punto del piano vengono sostituite non a z, inizialmente azzerato, ma a c,
che non è più una costante definita all'inizio
dell'elaborazione.
Questa immagine mostra l'insieme di Mandelbrot ottenuta con un numero
crescente di iterazioni massime: come si può notare, la precisione del
disegno dei confini diventa sempre più accurata.
di Federico
Miorelli e Tommaso Terragni
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