L'Effetto
Mozart
Il
fenomeno denominato "Effetto Mozart" e la Silent Sub Technology
LA
MUSICA COME ABILITA’ COGNITIVA
Sappiamo che la musica aiuta a strutturare il pensiero ed il
lavoro delle persone nell’apprendimento delle abilità linguistiche,
matematiche e spaziali; soprattutto l’intelligenza musicale influisce sullo
sviluppo emotivo, spirituale e culturale più di altre intelligenze. Meno
risaputo è che la musica possa influenzare l’organismo modificando lo
stato emotivo, fisico e mentale: tale fenomeno viene denominato "effetto
Mozart".
Uno dei maggiori studiosi del suono dal punto di vista medico, Alfred
Tomatis, dichiara che "Mozart è un’ottima madre, provoca il maggior
effetto curativo sul corpo umano".
Lo ‘effetto Mozart’ riesce ad agire essenzialmente come tecnica psicologica
nella modificazione di problemi emotivi e può modificare le varie patologie di
cui è affetto l’essere umano: è un’eccellente tecnica di comunicazione ma
anche un aiuto ad altre tecniche terapeutiche.
Dr. Alfred A.
Tomatis (1920-2001)
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Prima di analizzare questo ‘effetto curativo musicale’
bisogna conoscere quali processi psicologici si innescano nella mente musicale,
che rapporto sussiste tra musica e linguaggio e quali localizzazioni cerebrali
sono specifiche delle abilità musicali.
Specificamente, i problemi psicologici insiti nella comprensione musicale, vanno
affrontati in termini di processi cognitivi facendo riferimento all’opera di
John A. Sloboda, psicologo sperimentale: egli analizza la componente cognitiva
insita nella comprensione e nell’apprezzamento di un fatto musicale.
La sua attenzione è rivolta alle ricerche empiriche: analizza ciò che gli
individui riescono a compiere con la musica e non quello che dicono di fare.
Viene studiato il comportamento dei musicisti nella vita reale e non il
comportamento che si verifica in situazioni artificiose di laboratorio.
La psicologia dei processi cognitivi cerca di offrire un aiuto ai compositori
per capire le basi mentali della loro attività: comprendere e spiegare
caratteristiche fondamentali delle abilità musicali e dei meccanismi cognitivi
insiti in esse.
Il cognitivismo di Sloboda si riferisce ad una
modellistica dei processi cognitivi in termini di rappresentazione delle
conoscenze; sicuramente tale analisi rappresenta sì, un’introduzione alla
psicologia dei processi cognitivi ma, la musica viene ad essere un pretesto per
analizzare i processi cognitivi impiegati in tutti i settori in cui l’uomo si
trova a contatto con il mondo e, quindi, non solo nell’ambito musicale.
Si comprendono le strutture utilizzate per rappresentare la musica; tale
processo di apprendimento è concepito in due fasi: prima fase è quella in cui
si verifica l’apprendimento, seconda fase e' quella in cui viene incoraggiata
l’aspirazione ad eccellere in una determinata abilità.
Quindi, secondo il Nostro autore, le abilità musicali si costruiscono sulla
base di capacità e tendenze innate: troviamo prima un insieme comune di
capacità primitive (nella nostra cultura occidentale, sino ai dieci anni di età,
il processo dominante è quello dell’acculturazione) poi subentra un bagaglio
di esperienze che la cultura fornisce , con la crescita, ai bambini (infatti
sono fondamentali, per lo sviluppo delle
abilità musicali, sia l’ambiente familiare che quello scolastico).
Più i bambini sono esposti alla musica, prima di iniziare la scuola, e più
profondamente uno stadio di codificazione neurale li accompagnerà per tutta la
vita.
Successivamente subentra l’ influsso esercitato da un sistema cognitivo
generale in trasformazione: la capacità di insegnare ad un bambino ad
ascoltare, a prestare attenzione all’inflessione e a contestualizzare suoni e
parole è stata trascurata dalla società moderna; solo un ascolto attento e
corretto consente di accedere allo ‘Effetto Mozart’.
Jean Piaget, ne La naissance de intelligence chez
l’enfant, asseriva che lo sviluppo cognitivo vada spiegato, in parte, in
termini di sequenza ordinata e strutture cognitive generali;
il tipo di apprendimento di cui siamo capaci a tutte le età è dovuto al tipo
di risorse cognitive che si posseggono, cioè le caratteristiche generali del
nostro bagaglio intellettuale a quell’età.
Il bambino non è in grado di compiere azioni padroneggiando determinati
concetti, perché non ha in sé alcune risorse cognitive per comprendere
determinati enunciati.
Bisogna stare attenti alla possibilità di scoprire delle sequenze invarianti di
sviluppo musicale; queste sequenze non dovrebbero tanto spiegare gli aspetti più
particolari del comportamento musicale, quanto i tipi di attività musicali che
si dovrebbero riscontrare alle varie età, in virtù delle capacità
cognitive generali che richiedono.
L’educazione vera e propria implica il fatto che l’individuo, istruito,
compia uno sforzo consapevole con lo scopo (scopo: condizione fondamentale
dell’apprendimento) di raggiungere degli obiettivi più elevati. E’ anche
vero che, l’uomo è biologicamente predisposto ad eccellere in abilità
cognitive specifiche: sussistono meccanismi per l’acquisizione di queste
abilità.
Si può concludere affermando che, l’educazione sembra
contribuire ad un approfondimento delle conoscenze e ad un miglioramento dei
risultati all’interno di una certa abilità ma non abbia tanto delle
implicazioni ampie per l’intero sistema cognitivo.
IL LINGUAGGIO MUSICALE
La musica possiede la capacità
di convogliare i suoi significati emotivi: ciò porta a pensare che la musica
sia una sorta di linguaggio.
Linguaggio e musica sono caratteristiche della specie umana e appaiono
universali in tutti gli uomini; affermare tale universalità vuol dire che gli
individui possiedono una capacità generale di acquisire una competenza
linguistica e musicale.
Quindi, dato che la musica è - come il linguaggio - una attività umana, si può
supporre che dall’osservazione della sua struttura si riesca a dedurre
qualcosa sulla natura della mente umana
che
riesce a produrla naturalmente e liberamente.
Alcuni studiosi ritengono che le regole di una
grammatica musicale siano i veri e propri
procedimenti usati per generare musica. Ma la musica è in grado di esprimere
emozioni e, quindi, di comunicare? Oppure, essendo una manifestazione artistica,
non è capace di esprimere nulla?
Tale diatriba, sin dai primi anni del ‘900, terminava definendo la musica un
"non-linguaggio": nel linguaggio vengono articolate le parole per
costruire frasi, mentre nella musica non è semplice identificare qualcosa che
corrisponda ad una parola.
Il superamento di queste posizioni si è avuto quando sono stati correttamente
identificati i termini del problema: nel linguaggio esistono componenti minimali
privi di significato
(fonemi), che vengono utilizzati per creare componenti minimi che posseggono un
significato (morfemi), i quali, a loro volta, vengono usati per formare parole e
frasi.
Nella musica si trovano le note che sono, in sé, prive di significato e che
vengono usate per creare intervalli e accordi , cioè il materiale utilizzato
per strutturare temi e frasi musicali.
Si è dovuto attendere sino all’avvento degli studi semiotici sui segni dei
vari linguaggi (proprio Sloboda ha compiuto approfonditamente tali studi) per
comprendere meglio le relazioni fra il linguaggio comune e l’arte dei suoni:
-
sia la musica che il linguaggio sono sistemi di
comunicazione universali fra gli uomini;
-
entrambi i linguaggi usano, fondamentalmente, lo stesso
canale uditivo-vocale;
-
ambedue possono produrre un numero illimitato di frasi;
-
i bambini imparano tutti e due i linguaggi, esponendosi agli
esempi prodotti dagli adulti;
-
esiste una forma scritta;
-
in entrambi i linguaggi è possibile distinguere una
fonologia (componenti del linguaggio), una sintassi (le regole per combinare
fra loro le componenti) e una semantica (attribuzione di significato ai
prodotti del linguaggio).
-
Legame perpetuo tra musica e linguaggio può essere
suggerito da un’analisi della suddivisione del cervello: il piano
temporale, situata nel lobo temporale della corteccia cerebrale è l’area
del cervello che sembra essere associata all’elaborazione del linguaggio e
sembra anche che ‘classifichi i suoni’.
Non dobbiamo dimenticare che il fatto di vivere nel suono e,
più precisamente , nel suono prodotto dal linguaggio, imprime sempre piccoli
segni sul sistema nervoso periferico: a seconda delle parole utilizzate, del
timbro generato, sarà interessata questa o quella parte del corpo; quindi
possiamo considerare l’immagine del corpo come conseguenza del linguaggio;
accettando tale idea, si può sperare di rimodellare il corpo migliorando la
parola.
Inoltre, sappiamo che alcune espressioni verbali non hanno nulla in comune col
significato della musica, ma vengono associate a moduli ritmici per aiutare la
memorizzazione; ciò accade soprattutto nel caso di stili percussivi. Un esempio
è costituito dai suonatori di tamburo africani, i quali correlano, appunto, le
sillabe ad alcuni suoni emessi dai tamburi: questi suoni, prodotti da strumenti,
permettono la trasmissione di messaggi ‘verbali’ a notevole distanza. Ciò
dimostra che, presso alcune culture, il linguaggio è imitato musicalmente.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che - come affermava Sloboda - le aree
cerebrali responsabili della musica sembrano avere una sovrapposizione
parziale,
anche se incompleta, con quelle responsabili del linguaggio. La musica impiega
un insieme distinto di risorse neurali.
Dove sta la verità? l’analogia linguistica non è né vera
né falsa, si adatta parzialmente al suo oggetto. L’elemento vero è la
concezione in base a cui noi ci rappresentiamo nelle sequenze di elementi
individuali, assegnando ad essi ruoli tematici in strutture astratte
sottostanti, alcune delle quali presentano somiglianze reciproche; ciò che
determina o meno la vigilanza psicologica
tra gli elementi è il loro reciproco rapporto entro queste strutture.
BIOLOGIA
DEL PENSIERO MUSICALE
Le componenti delle
abilità musicali, come di ogni altra abilità cognitiva, hanno precise
localizzazioni cerebrali.
L’orientamento biologico della psicologia cerca di spiegare il comportamento
umano in termini di operazioni del cervello e del sistema nervoso che sono, a
loro volta, influenzati dalla costituzione genetica dell’organismo.
Dobbiamo, prima di tutto, ricordare che ciò che apprendiamo sono le strutture
utilizzate per rappresentare la musica: esiste sia una forma di acculturazione
educativa, cioè un apprendimento che avviene a seconda della esposizione,
durante l’infanzia, ai normali prodotti musicali della nostra cultura, sia
un’educazione vera e propria che porta all’acquisizione di abilità
specializzate. Le influenze, sia biologiche che sociali, sono ovviamente
comprese in una spiegazione completa della condotta umana.
Quali, quindi, i fattori responsabili delle differenze culturali musicali?
Esiste una base biologica per le origini della musica nella nostra specie? La
composizione musicale ha una funzione biologica?
Tali quesiti possono essere analizzati mettendo in evidenza le differenze che
sussistono tra la cultura scritta e quella orale.
Nella cultura orale, le uniche guide sono le conoscenze attuali e la memoria.
Per molte persone, la scrittura viene ad essere fondamentale
che la realtà è, sotto molti aspetti, mediata dalle
loro notazioni; quel che può essere scritto e conservato è giusto e
definitivo: nella cultura scritta, la memoria di una persona viene giudicata
sulla base della registrazione scritta.
Sfortunatamente, molte persone alfabetizzate ritengono che la vita o le
conoscenze di una cultura che si basa sulla scrittura siano, in un certo senso,
superiori a quelle di una cultura orale; per contro, sarebbe più corretto
sostenere che la cultura orale e quella alfabetizzata sono differenti.
La nostra scrittura alfabetica può portare ad un impoverimento della
comunicazione: non è in grado di preservare informazioni significative nel
ritmo, intonazione, tono e gesti, mentre riesce a custodire le informazioni
fonetiche.
Nelle culture orali, la musica viene trasmessa da un
individuo all’altro ed è soggetta, come le conoscenze verbali, a variazioni
nel tempo: all’interno di una
cultura orale una esecuzione, spesso, non è uguale a quella precedente. In una
cultura orale è impossibile che si possa ottenere lo stesso tipo di conoscenze
che si traggono da determinati brani, dopo ripetuti esami delle partiture, o
ripetuti ascolti della stessa registrazione.
Ma, nonostante tutte queste differenze, sussistono basi cognitive universali per
la musica, che trascendono le singole culture? Anche se la tonalità non è
assolutamente universale, i concetti di scala e di tonica, hanno delle analogie
formali in molte culture.
Inoltre, sembra che la suddivisione delle scale in gradi segua dei principi
comuni nella maggior parte delle culture.
Si è affermato che le componenti delle abilità musicali hanno precise
localizzazioni cerebrali: alcune ricerche hanno portato alla conclusione che le
funzioni intellettuali sarebbero localizzate in aree differenti del cervello.
La musica di
Wolfgang Amadeus Mozart (1756-1791 foto a lato) aiuta ad organizzare i circuiti neuronali di
alimentazione nella corteccia cerebrale,
soprattutto rafforzando i processi creativi
dell’emisfero destro associati al ragionamento
spazio-temporale.
Sembra possibile che le attività cerebrali di un individuo si dissolvano,
lasciando intatto il suo intelletto musicale. Intervenendo sull’emisfero
sinistro, si provocano disturbi del linguaggio; mentre si causano danni al
canto, agendo sull’emisfero destro. In realtà la musica racchiude
sotto-abilità logicamente indipendenti: non dobbiamo dimenticare che una
regione di un emisfero cerebrale è qualcosa di molto ampio.
Attraverso vari studi si è giunti alla conclusione che, anche se le lesioni
all’emisfero destro danneggiano quasi sempre le funzioni musicali, le lesioni
all’emisfero sinistro hanno
quasi sempre gli stessi esiti. Quindi è semplicistico affermare che la musica
si trova nell’emisfero destro: le attività musicali sono dissociabili e
soggette a danni specifici, come quelle del linguaggio.
Significativa è l’affermazione del musicologo tedesco H.
Schenker, secondo cui a livello profondo, tutte le buone composizioni
musicali , rivelano lo stesso tipo di struttura delle composizioni verbali,
riuscendo a mostrare, almeno in parte, la natura affine delle intuizioni verbali
e musicali.
Non dobbiamo dimenticare, nell’analisi biologica del pensiero musicale, il
ruolo cardine svolto dall’orecchio o, meglio, dalle orecchie: come
l’emisfero destro e quello sinistro operano in maniera diversa, così fa
ciascuna delle orecchie.
L’orecchio destro è dominante perché è in grado di
trasmettere gli impulsi uditivi ai centri del cervello che regolano il
linguaggio in maniera più veloce di quello sinistro; gli impulsi nervosi che
derivano dall’orecchio destro raggiungono direttamente il cervello sinistro
dove si trovano i centri del linguaggio, mentre gli impulsi nervosi
dell’orecchio sinistro, compiono un viaggio più lungo attraverso il cervello,
che non possiede centri del linguaggio corrispondenti, e poi ritornano al
cervello sinistro.
Potremmo definire l’orecchio il direttore d’orchestra dell’intero sistema
nervoso. L’orecchio integra le informazioni fornite dal suono e organizza il
linguaggio.
Infatti il linguaggio, come elemento fondante dell’umanità dell’uomo, non
può essere analizzato e studiato se non si tiene presente il ruolo determinante
svolto dall’udito: è grazie all’udito che è stato possibile all’uomo,
costruire il linguaggio.
Anche Alfred Tomatis considera l’orecchio l’organo
chiave nello sviluppo totale dell’uomo: permette a tutto il corpo di diventare
"un’antenna ricettrice che vibra all’unisono con la fonte del suono".
L’orecchio risulta essere fondamentale per comprendere l’evoluzione
dell’uomo: rappresenta anche la chiave per capire come possa essere utilizzato
lo ‘effetto Mozart’.
Ma l’organo dell’udito non presiede soltanto la facoltà di udire, ma anche
la capacità di ascoltare; sappiamo che non occorre sentire per ascoltare,
infatti parecchi musicisti famosi, del passato, erano sordi e, anche se non
erano in grado di sentire con le orecchie, potevano percepire codici e schemi
ritmici grazie a vibrazioni che percepivano con le mani e altre parti del corpo.
Importante notare come la funzione dell’ascolto sia
direttamente collegata alla concentrazione della memoria, alle condizioni
psicologiche, alla consapevolezza, alla comunicazione.
La nostra società si preoccupa troppo dell’intelligenza: esami di ammissione
all’Università, colloqui di lavoro privilegiano il pensiero lineare
dell’emisfero sinistro; tali abilità
sono essenziali, ma possono non essere così basilari come la capacità di
ascoltare e di parlare.
Se sussiste
l’incapacità di saper ascoltare si può verificare l’incapacità di
progredire verso sofisticate tecniche di apprendimento. Sviluppare un ascolto
corretto è il segreto per accedere allo ‘effetto Mozart’ .
MUSICA E INTELLIGENZA SPAZIO-TEMPORALE
L’ <<effetto Mozart>> è in grado di far
risaltare, migliorando, le abilità cognitive dell’individuo, attraverso lo
sviluppo del ragionamento spazio-temporale.
Dobbiamo prendere atto che, a prescindere dai gusti, la musica di Mozart
rilassa, migliora la percezione spaziale e permette di esprimersi più
chiaramente, comunicando sia col cuore che con la mente; inoltre le aree
creative del cervello vengono stimolate dalla melodia e dal ritmo del grande
compositore.
Attraverso la musica mozartiana si può aiutare a sviluppare, a compensare, a
restituire carenze dovute a danni: le parti indenni del cervello hanno riserve
dalle quali l’organismo può ricavare questi elementi sostitutivi.
Inoltre, nel mondo contemporaneo la musica rappresenta un sistema di
comunicazione ed un linguaggio di grandissima diffusione e, soprattutto,
<<music is a window into higher brain function>>.
Sappiamo come l’esperienza sonora, durante la prima fase della vita e come
l’uso dei linguaggi musicali, per la loro esperienza strutturante, stimolino
l’intelligenza e la personalità.
La musica è un linguaggio non meno importante di quello
visivo, corporeo o verbale, in grado di esprimere idee, concetti, sentimenti
propri di ogni individuo.
E’ indispensabile fornire i bambini gli strumenti idonei
per conoscere, sperimentare, analizzare con pensiero critico la realtà sonora e
musicale, in cui sono inseriti. La mente infantile è dotata di ‘meccanismi’
che la portano ad imitare l’adulto e tali trasformazioni della mente dipendono
dal modo diretto con cui interagiamo da piccoli col mondo che ci circonda,
interazioni che non sono attività cognitive ‘pure’ ma che prendono forma a
partire da attività di base quale i movimenti, le sensazioni, le emozioni.
Il bambino, come sostiene Shimchi Suzuki , fondatore della <<School
for talent education>> in Giappone, possiede un potenziale infinito.
Proprio come i bambini imparano naturalmente la lingua materna, così la musica
è altrettanto a diretto contatto con il cervello , quindi l’educazione
musicale può formare e modellare il cervello.
Suzuki in Nurtured by Love, uno dei suoi principali scritti, sostiene che
attraverso l’imitazione si possa insegnare ai bambini che bisogna permettere
alle abilità di espressione di maturare e sbocciare durante l’infanzia;
un’educazione musicale infantile precoce porta ad effetti significativamente
positivi sul cervello e sull’apprendimento.
Il bambino vive in un mondo caratterizzato dalla presenza simultanea di stimoli
sonori moderni, il cui disorganico sovrapporsi può comportare il rischio sia di
una diminuzione della attenzione e dell’interesse per il mondo dei suoni, sia
di un atteggiamento di ricezione soltanto passiva.
Non dobbiamo dimenticare che, ancora prima di nascere, il piccolo vive
esperienze sonore – musicali, percependo, voci, rumori, suoni e musiche che
provengono dall’ambiente circostante.
L’orecchio del bambino, già a tre anni è sensibile alla dinamica, al colore
timbrico, al riverbero ambientale e alla dislocazione delle sorgenti nello
spazio.
Nel numero di ‘Newsweek’ del 19/02/96, venne pubblicato
un servizio dal titolo <<Your child brain >> (il cervello del tuo
bambino) dove vennero riportati i risultati di numerosi studi compiuti in vari
istituti di ricerca e Università ameri cane,
sulle modificazioni che si realizzano nel cervello di un bambino che sia
precocemente avviato all’uso dei linguaggi musicali.
Di particolare interesse sono i risultati di ricerche
compiute da Gordon Shaw, presso la Irvine University della California
dove, a gruppi di bambini della scuola materna, sottoposti a test specifici per
la determinazione del Quoziente Intellettivo, sono state impartite lezioni di
canto e di piano.
Dopo sei mesi di insegnamento della tastiera del pianoforte, questi piccoli
ottenevano un miglioramento, un accrescimento straordinario del ragionamento
spaziale-temporale rispetto ad altri fanciulli che non avevano svolto attività
musicali; inoltre l’effetto ottenuto durava molti giorni e le implicazioni
istruttive erano rilevanti.
Gordon Shaw nel suo libro Keeping Mozart in Mind , cita un esperimento
pilota che è risultato essere particolarmente significativo per verificare
l’intelligenza in bambini in età prescolare: veniva presentato un puzzle da
costruire ai bambini, i quali entro un determinato periodo di tempo dovevano
ricomporlo; inoltre veniva richiesto loro di formare mentalmente l’immagine
dell’oggetto completato e di ruotare i pezzi del puzzle per confrontarli e
accoppiarli. Tale performance venne facilitata mettendo insieme i pezzi secondo
ordini ben definiti. Tale esperimento era servito per delineare la natura
spazio-temporale dell’esperimento.
Il team dell’Università della California,
attraverso queste ricerche sperimentali, vuole cercare di ribadire che la musica
è in grado di stimolare i modelli interni del cervello favorendone l’impiego
in ragionamenti complessi; Inoltre questi studiosi hanno dimostrato che esistono
relazioni causa-effetto tra ascolto musicale e capacità di ragionamento.
E’ noto che gli apprendimenti più strutturati, cioè quelli che determinano
la creazione dei circuiti cerebrali funzionali di base, sono tipici delle prime
fasi dell’esistenza. Gordon Shaw sostiene che, una condizione necessaria per
comprendere l’apprezzamento della musica da parte del bambino è riuscire ad
ipotizzare che il repertorio di modelli impliciti e sequenze relative sia
presente sin dalla nascita.
Possiamo affermare che, nell’evoluzione di un individuo,
esistono dei periodi ‘caldi’, cioè dei larghissimi ‘ponti di
apprendimento’ tra l’ambiente e l’individuo e delle ‘finestre’,
durante i quali si attivano processi di maturazione neurologica e mentale del
tutto particolari.
Caratteristiche di
questo periodo sono:
Ogni tipo di
apprendimento ha una sua specifica finestra che occupa un periodo di tempo più
o meno ampio, trascorso il quale la finestra si restringe enormemente e il
processo di apprendimento si raffredda.
Riuscire a rafforzare e ad accelerare l’apprendimento e la memoria è stato
sicuramente lo scopo dell’opera e del metodo del Dottor Georgi Lozanov,
psicologo bulgaro, il cui studio sulla suggestione
(<<Suggestopedia>> il nome del suo metodo), tramite immagini e
rilassamento ha creato una delle più valide metodologie mente/corpo; la sua
tecnica è riuscita ad apportare innovazioni creative nei programmi didattici in
Europa.
Un altro grande ricercatore, Zoltan Kodaly è del parere che l’effetto
della musica è così forte nella formazione della persona che ne influenza
l’intera personalità. La musica modella l’intero carattere del bambino,
rendendolo equilibrato, disciplinato, indipendente, creativo felice, in armonia,
perciò, con i concetti educativi.
Tutto ciò che si è affermato, sino ad ora, vuole dimostrare la fondatezza
della validità dello <<effetto Mozart>> e tutto deve essere
supportato dal citare, attraverso esempi, i molteplici esperimenti compiuti da
studiosi.
Sicuramente non possiamo dimenticare di rammentare
l’esperimento effettuato , nel 1993, da Gordon Shaw e Frances Rauscher,
pubblicato sulla rivista scientifica ‘ Nature’ che ha permesso ai due
studiosi di ‘salire alla ribalta’ della ricerca e sperimentazione: 84
studenti appartenenti ad un collegio parteciparono ad una delle tre condizioni
per la durata di 10 minuti ; il primo gruppo ascoltò la <<Sonata per due
pianoforti in D maggiore>> di Mozart, il secondo gruppo ascoltò una
cassetta di musica rilassante, il terzo gruppo non ascoltò musica (silenzio).
Questi giovani partecipanti all’esperimento completarono poi una prova di
ragionamento spaziale tratta dal test di intelligenza
<<Stanford-Binet>>. I risultati indicarono che gli studenti che
avevano ascoltato il pezzo di Mozart ,avevano ottenuto risultati di 8/9 punti più
alti di quelli che nelle altre due condizioni. Tale effetto aveva, però, una
durata di soli 10, 15 minuti. L’esito di tale esperimento è stato visto come
un ulteriore passo avanti per l’affermazione dell’ <<effetto
Mozart>>, come
causa determinante nei processi di apprendimento .
Vari esperimenti furono
effettuati anche utilizzando animali, con lo scopo di costruire un modello
animale: alcuni ratti, sottoposti a musica complessa eseguivano meglio labirinti
spaziali rispetto a ratti esposti a musica minimalista, suono bianco o silenzio.
Tutti questi risultati rappresentano l’inizio, piuttosto che la fine della
storia di come la musica possa migliorare la maniera dei nostri pensieri,
ragionamenti e creazioni.
Il potere della musica di Mozart è stato, quindi, evidenziato grazie a ricerche
innovative, le quali hanno portato alla conclusione che il rapporto tra musica e
il ragionamento spaziale (secondo il pedagogista Howard Gardner sia la
musica che il ragionamento si trovano in relazione) è così forte che il
semplice ascolto della musica mozartiana può fare la differenza: potremmo
paragonare tale effetto "ad una stele di Rosetta" per il codice o
linguaggio interno delle funzioni cerebrali più alte.
Proprio l’insieme delle opere del grande compositore sarebbe diventata la
‘pietra filosofale’ – la chiave universale – per attingere ai poteri
curativi e stimolanti di musica e suono.
Ma non dobbiamo dimenticare, come afferma il grande psicologo Gordon Shaw, che
l’individuo è nato con molte strutture cerebrali. Insite nel cervello
troviamo una lingua e una grammatica con le quali si è nati e che permettono di
compiere funzioni elevate del cervello come combinazione matematica e gioco
degli scacchi: in poche parole l’uomo possiede un cervello con abilità innate
per riconoscere modelli nello spazio e nel tempo.
In che modo la musica rinforza l’intelletto, aumentando
l’apprendimento? Le preferenze musicali dei bambini sono fissate nel cervello
o determinate culturalmente? Queste sono alcune delle domande che
scienziati, ricercatori prendono in esame
quando si pongono la domanda: perché funziona <<l’Effetto Mozart>>?
Un accenno di risposta a tali quesiti potrebbe essere seguire lo sviluppo
neurologico durante l’infanzia.(E’ bene rammentare che le abitudini
cognitive assunte in età infantile ed adolescenziale hanno molta influenza
durante tutta la vita).
L’apprendimento, sino allo sviluppo di un’evoluzione cerebrale durante gli
anni della scuola elementare, si manifesta attraverso movimento e associazioni
emotive. Infatti, verso i 2/3 anni il cervello comincia a fondersi con il corpo,
nel camminare, ballare e sviluppare un senso di ritmo fisico. Vero progresso
neurale si verifica fra i 7 e gli 11 anni: il bambino sviluppa abilità più
complesse: ascoltare, elaborare informazioni visive, coordinare il movimento nel
cervello e nella mente; le vie uditive rinforzano il linguaggio e l’ascolto.
In questo stadio, il ponte fra la parte sinistra e destra del cervello, chiamato
corpo calloso, si sviluppa completamente, permettendo ad entrambi gli emisferi
cerebrali di essere in grado di rispondere contemporaneamente ad un evento. La
maturazione della capacità della corteccia cerebrale fa sì che
l’emisfero destro e quello sinistro
acquistino delle specificità:l’emisfero sinistro è quello deputato al
controllo delle capacità linguistiche, mentre l’emisfero destro è competente
nell’analisi degli insiemi della musicalità e delle dimensioni
spazio-temporali.
Potremmo affermare che tra i due emisferi ci sia una differenza di ruoli netta,
cui corrispondono due diversi modi di giungere alla comprensione della realtà:
il sinistro sovrintende alla logica, il destro procede per analogia.
Verso i 15 anni comincia a svilupparsi la consapevolezza di sé e, discipline
quali musica, arte, educazione fisica, sono importanti per completare
l’integrazione corpo/mente. Ovviamente, alla fine dell’adolescenza, il
cervello continuerà a svilupparsi sino ai primi anni dell’età adulta.
Non dobbiamo dimenticare che la maggiore facilità di apprendimento dei giovani
rispetto agli adulti, va attribuita ai meccanismi di plasticità della corteccia
cerebrale; inoltre oggi i ragazzi ricevono, dai media, molti più input
che i propri padri: il quoziente
intellettivo sale costantemente, addirittura di qualche punto ogni dieci anni.
Abbiamo ribadito che, determinata musica può migliorare la capacità del
cervello di percepire il mondo fisico, formare immagini mentali e osservare i
cambiamenti negli oggetti. Quindi, la
musica può influire sul modo in cui percepiamo lo spazio intorno a noi.
Si può ipotizzare che l’ascolto della musica mozartiana
sia in grado di ‘organizzare’ i circuiti neuronali di alimentazione
nella corteccia cerebrale, soprattutto rafforzando i processi creativi
dell’emisfero destro associati al ragionamento spazio-temporale.
Ma perché proprio la musica di Mozart risulta essere la più adatta?
Come è stato dimostrato dagli studiosi dell’Università di Irvine certa
musica può apportare miglioramenti alla capacità del cervello di percepire il
mondo fisico, formare immagini mentali e accorgersi dei cambiamenti negli
oggetti. In altre parole, la musica può influire sul modo in cui si percepisce
lo spazio intorno a noi.
Gordon Shaw spiegò di aver scelto tale musica per i loro esperimenti, perché
il grande musicista componeva in giovane età e sfruttava il repertorio
inerente i modelli di fissazione
spazio-temporale nella corteccia (ndr. di conseguenza la musica di Mozart è
ricca di alte frequenze).
"I suoni ad alta frequenza danno energia al cervello, mentre
i suoni a bassa frequenza gli sottraggono energia, lo depauperano. L'energia
cerebrale è direttamente collegata all'intelligenza. Uno studio a questo
proposito ha evidenziato che ascoltare Mozart per solo dieci minuti può far
aumentare temporaneamente il quoziente di intelligenza (QI) di nove punti. Nella
zona dei suoni ad alta frequenza della coclea, le cellule sensoriali sono più
numerose di quelle della zona dei suoni a basse frequenze. Tomatis ha
notato che quando il cervello viene ben caricato di potenziale elettrico dai
suoni ad alta frequenza, si ha un netto potenziamento della capacità di
apprendere, concentrarsi, risolvere un problema, organizzarsi e lavorare per
lunghi periodi di tempo senza accusare stanchezza".
Quali i luoghi del cervello, indicati nei processi spaziali ,
specifici dell’arricchimento musicale?
Per rispondere apriamo una parentesi per dire, schematicamente, quali siano le
maggiori suddivisioni della corteccia e spiegare le loro funzioni generali:
-
Frontale: linguaggio, movimento.
-
Parietale: sensi, percezione spaziale.
-
Temporale: memoria, vista.
-
Occipitale: vista.
Indi, sebbene funzioni del cervello più alte come, ad
esempio, musica e ragionamento spaziale-temporale dipendano fondamentalmente da
regioni localizzate e specifiche della corteccia, tutte le abilità cognitive più
alte utilizzano una serie elevata dell’area corticale.
Sembra che esista, sino ad oggi, un unico gene, Emx-2, in grado di
influenzare la suddivisione delle aree funzionali della corteccia cerebrali.
Tale gene è stato scoperto dall’Equipe dell’Ospedale San Raffaele di
Milano: nel 1990 è stato ‘rinvenuto’ il gene che progetta e costruisce la
corteccia cerebrale, gene Emx-2, piccolo frammento del Dna, che regola l’area
del cervello in cui ha sede il pensiero astratto.
La corteccia cerebrale è divisa in aree funzionali specifiche: nell’uomo c’è
quella per progettare il movimento, quella per eseguirlo, quella della parola
pronunciata e quella della parola ascoltata; esistono poi aree associative che
coordinano tutte le altre. Queste, sede del pensiero astratto, si trovano nella
parte anteriore (frontale) della corteccia, mentre nella parte posteriore si
trovano le aree visive.
Il gene Emx-2 controlla la suddivisione di queste aree. Non tutti gli individui
posseggono tale ‘elemento’ e, conseguentemente hanno le aree del pensiero
astratto più sviluppate di quelle uditive, in una parola ‘capiscono di più
ma sentono di meno’ situazione in cui grandi musicisti quali, ad esempio, Beethoven
sono venuti a trovarsi ma non per questo motivo hanno perso il loro ‘orecchio
musicale’.
Si può concludere dicendo che l’intelligenza può essere
intesa come abilità di adattamento e quindi, non è difficile accettare, sempre
facendo riferimento al concetto di <<intelligenze multiple>>,
<<l’intelligenza musicale, intesa come gestione a vari livelli nervosi
centrali (midollo spinale, tronco encefalitico […] strutture neocorticali) del
ricevimento e dell’invio dell’informazione musicale>>.
con
estratti dal sito www.sussidiario.it , adattamento di
Alan Perz
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recensioni sull'effetto Mozart
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LA
SILENT SUB TECHNOLOGY E L'EFFETTO SUB MOZART
La "Silent Subliminal technology" e' un procedimento per
trasformare segnali/suoni udibili in porzioni piu' alte dello spettro audio di
partenza con il risultato che gli orecchi non possono udirli ma il cervello
invece riesce a percepirli. In pratica il suono udibile viene modulato e
traslato in una banda di frequenze oltre i 14.000 Hertz diventando cosi'
inudibile per l'orecchio umano ma rimanendo percettibile dal cervello e da tutto
il corpo comprese le ossa (in particolare quelle del cranio), i muscoli e la
pelle.
L'effetto "Sub Mozart" in pratica e' un effetto Mozart
enfatizzato che utilizza parte del principio della tecnologia "Silent Subliminal"
in quanto la porzione udibile del brano rimane e si miscela alla parte traslata.
A differenza quindi dell'effetto Mozart amplificato e potenziato
- da noi denominato "Effetto Sub Mozart" e creato digitalmente
in laboratorio - in cui la banda udibile rimane presente ed a questa viene
sovrapposta la porzione piu' alta dello spettro audio, nella Silent Subliminal o
Silent Sub la porzione udibile viene eliminata.
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