Misura dei
fenomeni acustici in decibel
I fenomeni
acustici consistono in fenomeni oscillatori della materia;
quindi, contrariamente alle onde elettromagnetiche non si
propagano nel vuoto e necessitano per la loro propagazione di un
mezzo elastico.
L’orecchio umano percepisce questi fenomeni per un intervallo
di frequenze che va dai 20 Hz e i 20 kHz. Le oscillazioni non
percepibili che si trovano al di sopra dei 20 kHz vengono
chiamate ultrasuoni, mentre al di sotto dei 20 Hz infrasuoni.
Il suono si propaga nel mezzo elastico tramite onde di
pressione. La sorgente sonora, cioè un corpo in vibrazione,
trasmette sollecitazioni di pressione al mezzo, mediante una
legge matematica in funzione del tempo. Le particelle del mezzo,
sollecitate, oscillano attorno alla loro posizione di riposo,
dando origine a trasformazioni della loro energia potenziale
elastica in energia cinetica e viceversa. Nel mezzo di
propagazione si ha quindi una perturbazione di pressione, la cui
velocità è chiamata velocità del suono.
I fenomeni acustici vengono espressi mediante la scala
logaritmica dei decibel (dB), che fa riferimento alla pressione
acustica; quest’ultima è la differenza tra la pressione p(t)
presente nell’istante t e la pressione statica che ci sarebbe
nello stesso punto e nello stesso istante t in assenza del
passaggio dell’onda sonora. Il livello di pressione acustica L
in dB al di sopra di un livello zero di riferimento, che
corrisponde alla pressione di riferimento P0, è dato dalla
relazione:
L
= 20 log10(
P / P0 )
dove P è la
pressione acustica.
La scala dei decibel tiene quindi conto della percezione
logaritmica che l’orecchio umano ha del suono e che è
caratteristica di tutte le sensazioni umane, le quali sono
proporzionali al logaritmo dello stimolo.
La sensazione
uditiva
I fenomeni
acustici sono caratterizzati da due grandezze: pressione
acustica e frequenza. La prima dipende dalla pressione
esercitata dall’onda sonora sulle particelle del mezzo di
propagazione, la seconda dal numero d’oscillazioni che
avvengono al passaggio dell’onda in un secondo.
fig. 1
Il grafico (fig. 1) mette
in relazione queste due grandezze e delimita l’area della sensazione uditiva
che racchiude tutti i suoni percepibili dall’udito umano; superiormente essa è
limitata da una curva detta soglia del dolore e inferiormente dalla curva
chiamata soglia d’udibilità.
L’audiogramma
normale di Fletcher e Munson
L’audiogramma normale di Fletcher
e Munson (fig. 2) fornisce dati sul comportamento dell’udito umano nel caso di
suoni puri con riferimento all’intensità soggettiva; quest’ultima è legata al
livello di pressione e alla frequenza dell’onda sonora. L’audiogramma è il
frutto di studi compiuti su un gran numero di individui aventi un udito normale
e privo di difetti. E’ limitato inferiormente da una curva che corrisponde alla
soglia di udibilità e superiormente da tre tipi di curve dette: soglia del
disturbo, soglia del dolore e soglia del danno uditivo che naturalmente non è
determinabile sperimentalmente. La zona tra la soglia di udibilità e quella del
dolore è detta area di udibilità normale; le due soglie tendono inoltre a
congiungersi ai due estremi della banda delle frequenze udibili; l’estremo
inferiore della banda si trova ad una frequenza di 16÷20 Hz, quello superiore a
16 kHz. Al di sopra della banda vi è la banda degli ultrasuoni, al di sotto
quella degli infrasuoni.
fig. 2
Per tracciare l’audiogramma sono stati effettuati dei
confronti tra una serie di toni puri, sparsi in tutta la banda delle frequenze,
e un tono puro di riferimento con frequenza di 1000 Hz. Mantenendo fisso il
livello di pressione del tono di riferimento e modificando quello degli altri
toni puri fino a raggiungere la condizione di isointensità soggettiva, e
misurando per tutti i toni puri i valori del livello di pressione che fanno
capo alla condizione di isointensità soggettiva, è possibile tracciare
sull’audiogramma i punti sperimentali corrispondenti. Tramite un’interpolazione
è possibile disegnare una curva dove è costante il livello di intensità di
sensazione; questa curva è detta isofonica. Ogni curva fornisce un valore
diverso del livello di intensità soggettiva, la cui unità di misura è il phon.
Le isofoniche sono graficamente abbastanza simili tra loro
ma non sono mai sovrapponibili e la loro forma mostra la forte non linearità
che caratterizza l’udito umano. Dall’audiogramma si nota come l’orecchio umano
sia più sensibile alle medie frequenze fra qualche centinaio e qualche migliaio
di Hz; ciò dipende dalla configurazione strutturale del padiglione auricolare
che amplifica specificamente i suoni solo per una fascia di valori delle
frequenze.
La scala dei Phon è caduta
in disuso per due motivi, uno di tipo pratico e l’altro di natura teorica: il
primo consiste nella difficoltà a lavorare con curve complicate, non
determinabili da un'unica legge e difficilmente utilizzabili con una tecnologia
di tipo analogico che rendeva necessaria addirittura una conversione a mano dei
dati; il secondo motivo prende in considerazione il fatto che questa scala
utilizza solo suoni puri, cioè sinusoidi perfette, diretti frontalmente
all’orecchio umano con perdita della tridimensionalità del campo sonoro.
Il sistema uditivo
Il sistema uditivo dell’uomo può essere sintetizzato in tre
parti: orecchi esterno, orecchio medio e orecchio interno.
fig. 3
L’orecchio esterno, oltre al padiglione auricolare,
comprende un condotto, detto canale auricolare, alla cui estremità si trova il
timpano, membrana elastica e sottile, ma robusta; questa divide orecchio
esterno e medio, e funziona inoltre da barriera, poiché non permette né
all’acqua né all’aria di entrare all’interno dell’orecchio.
L’orecchio medio si trova
racchiuso nella cassa timpanica, cavità ossea del cranio, che contiene tre
ossicini (martello, incudine e staffa (fig. 4)), i quali hanno la funzione di
trasmettere le vibrazioni prodotte dai suoni nella zona più interna
dell’orecchio.
fig.
4
La cassa timpanica è inoltre messa a contatto con le
retrocavità nasali tramite la tromba di Eustachio. Orecchio medio ed interno
sono separati da un’altra membrana detta finestra ovale, la quale è a contatto
con la staffa. Il compito degli ossicini è trasformare la forma ma non il
contenuto del segnale sonoro per non perderne la qualità quando nell’orecchio
interno il segnale deve attraversare l’endolinfa, liquido dotato di una propria
impedenza acustica.
L’orecchio interno è costituito dalla coclea e dal labirinto
(fig. 5).
fig.
5
La coclea, che è il vero organo uditivo, è un condotto
formato da due canali che ha forma di chiocciola. Questi canali sono divisi da
una membrana detta basale e prendono il nome di canale vestibolare e timpanico
(fig. 6).
fig.
6
Il segnale sonoro percorre interamente il primo per poi
passare nel secondo; al suo passaggio si verifica tra i due condotti una
differenza di pressione che viene recepita dalle cellule cigliate che si
trovano sulla membrana ed ospitano terminazioni nervose. Inoltre lo spessore
della membrana aumenta all’allontanarsi dalla finestra ovale diventando però
più molle. Questa struttura permette di distinguere le varie frequenze: i suoni
ad alta frequenza sono registrati dalla prima porzione della membrana, mentre
le più basse frequenze dall’ultima. Proprio perché le frequenze sono separate,
un danno all’udito a livello delle terminazioni nervose che si trovano sulla
membrana basale non pregiudica la ricezione totale dei suoni ma solo quella che
avviene alle frequenze corrispondenti alle terminazioni danneggiate.
Perdita
dell’udito
I danni al sistema uditivo umano possono essere temporanei
oppure permanenti.Un danno temporaneo può comparire con l’esposizione per
alcune ore dell’organo uditivo a livelli sonori alti; può causare nausea,
perdita dell’equilibrio, labirintite ed è dovuto alla maggiore sforzo meccanico
che l’organo deve compiere. Si hanno danni permanenti specialmente per
l’esposizione, prolungata negli anni, a suoni di livello medio alto, come
spesso avviene in certi ambienti di lavoro.
Il grafico seguente mette in relazione la perdita in decibel
rispetto alle varie frequenze, secondo il periodo di esposizione prolungata a
livelli medio alti.
fig. 7
Dal grafico di fig. 7 si può vedere
come l’esposizione prolungata a suoni con un livello di 90 dB arrechi più danni
intorno ai 4000 Hz. La sensibilità del sistema uditivo umano è infatti maggiore
tra i 2000 e i 4000 Hz, poiché in questa banda di frequenze vengono emesse le
consonanti. Una persona con un danno uditivo riporta quindi difficoltà a
percepire le consonanti, mentre sente bene le vocali che hanno frequenze
intorno ai 400 Hz. Il risultato è che la persona con udito leso sente che le si
sta parlando, ma ha difficoltà a capire quello che le viene detto.
Esempio
L’esempio seguente mostra come si possa ridurre
l’inquinamento acustico spostando l’energia in gioco ad una frequenza più
bassa.
Una ventola formata da
quattro pale lavora a 3000 G/min e quindi ad una frequenza f pari a 200 Hz.
Infatti f = 50 (G/sec) * 4 (n°pale) = 200 (Hz). Una ventola di questo tipo
produce un inquinamento acustico di 81 dB(A) ~ 90 dB. Per diminuire i dB(A) bisogna diminuire la
frequenza; volendo mantenere costanti i 3000 G/min non resta che diminuire il
numero delle pale. Utilizzando due pale, più grosse delle precedenti, posso
ridurre il rumore prodotto a 71 dB(A).
Curve di
ponderazione
Lo strumento standard utilizzato
per compiere le misure fonometriche è il misuratore di livello sonoro
normalizzato, chiamato comunemente fonometro.
fig. 8
Da una schematizzazione a blocchi
del fonometro (fig. 8) vediamo che il segnale dal microfono panoramico,
attraverso un attenuatore, arriva ad un amplificatore e poi passa attraverso
una rete ponderatrice. Le reti ponderatrici del fonometro sono selezionate da
un commutatore ed il loro incarico è quello di assegnare allo strumento una
curva di risposta affinché essa riproduca il corrispondente comportamento
dell’udito. Una curva di ponderazione, che è in pratica una isofonica
ribaltata, rappresenta la caratteristica sensibilità-frequenza. Dopo essere
stato ponderato il segnale viene inviato per mezzo di un rettificatore e di un
attenuatore ad uno strumento indicatore, che è tarato in dB.
fig.
9
Vi sono varie curve di
ponderazione (fig. 9) , anche se quella comunemente usata è la curva di
ponderazione A che è risultata quella meglio correlata con gli effetti
indesiderati dei rumori da valutare. La curva A corrisponde alla isofonica di
40 phon dell’audiogramma normale di Fletcher e Munson, la B a quella di 70
phon, mentre la C a quella di 100 phon. La curva D è utilizzata per la
valutazione della rumorosità del traffico aereo. Il fonometro non garantisce
una approssimazione precisa nel caso di suoni a spettro complesso; il gap tra
il livello sonoro restituito dal fonometro e il livello in phon supera spesso
le 10 unità logaritmiche. Lo scopo che si raggiunge con la ponderazione è
comunque quello di convertire in scala logaritmica il segnale elaborato dagli
strumenti in forma lineare.
Filtri passa-banda
Per effettuare l’analisi in frequenza può
venire utilizzato un banco di filtri passa-banda. Questo metodo consiste nello
studiare il segnale sonoro a frequenze separate: ogni singolo filtro del banco
è infatti costruito in modo da permettere il passaggio delle sole frequenze che
fanno parte di un determinato intervallo. Fornendo ogni filtro di un voltmetro
si può quindi misurare il livello di ogni intervallo di frequenze. Se il nostro
filtro fosse ideale la curva del guadagno (fig. 10) dovrebbe essere equivalente
ad un impulso rettangolare mentre nella realtà i fronti di salita e discesa non
raggiungono mai la perfetta perpendicolarità rispetto all’asse delle frequenze
per limiti tecnologici (fig. 10).
fig. 10
fig. 11
Il grafico
(fig. 11) che rappresenta il guadagno ipotetico di un filtro reale è costituito
da una parte centrale in cui esso vale costantemente 0 dB che prende il nome di
banda efficace (Af),
che è compresa tra le due frequenze di taglio f1 e f2 posizionate
a metà energia rispetto alla banda passante; alle due estremità di questa banda
vi sono due zone in cui il guadagno è trascurabile che devono comunque avere
una pendenza variabile entro una determinata tolleranza definita
dall’I.E.C.(organizzazione per la definizione degli standard delle misure
acustiche). Il guadagno corrispondente a f1 e f2 vale -3
dB. fc è detta frequenza di centro-banda e naturalmente il guadagno
equivale a 0 dB. I principali spettri per bande sono: quello a bande costanti,
caratterizzato dalla medesima ampiezza di tutte le bande, e quello a bande
percentuali costanti, dove ogni banda è il doppio della precedente. Spettri a
bande percentuali costanti sono quelli a banda d’ottava. L’ottava, che
corrisponde all’ottava musicale, è delimitata tra due frequenze f1 e
f2 tali che il
rapporto f1/f2 sia uguale a 2 (f1<f2);
sono valide per essa le seguenti relazioni:
L’ottava è una banda piuttosto larga e in talune applicazioni è necessario
suddividere la banda d’ottava in bande sottomultiple; i filtri di questo tipo
sono chiamati a frazione d’ottava. La suddivisione più nota è quella di 1/3
d’ottava, ma sono comuni anche filtri di 1/6, 1/12, 1/24 d’ottava. Ogni filtro
di questo tipo dovrà verificare che il rapporto tra la differenza delle
frequenze f2 e f1 e la frequenza di centro-banda sia equivalente ad un valore
costante.
Questo valore costante per i filtri d’ottava equivale a:
La frequenza massima di un filtro risulta uguale alla minima di quello
seguente. Se prendiamo in considerazione filtri a 1/12 d’ottava il rapporto tra f1
e f2 è il seguente:
Il rapporto tra f1 e f2 nel caso di un filtro a 1/3 d’ottava è:
I filtri a 1/3 d’ottava sono i più utilizzati poiché meglio si rapportano al
sistema uditivo umano, specialmente per frequenze sopra i 600 Hz; al di sotto di
questo valore non è infatti possibile riprodurre la risoluzione dell’udito
umano. La seguente tabella mostra che con dieci filtri d’ottava è possibile
ricoprire l’intero spettro delle frequenze udibili. Ciascun filtro ha frequenza
di centro banda doppia di quella del filtro precedente. L’insieme dei dieci
filtri copre le frequenze tra i 20 Hz e i 20 kHz.
fc1
|
fc2
|
fc3
|
fc4
|
fc5
|
fc6
|
fc7
|
fc8
|
fc9
|
fc10
|
31,5 Hz
|
63 Hz
|
125 Hz
|
250 Hz
|
500 Hz
|
1 kHz
|
2 kHz
|
4 kHz
|
8 kHz
|
16
kHz
|
Un banco di filtri a 1/3 d’ottava sarà quindi formato da trenta filtri
mentre uno a 1/12 d’ottava da ben 120 filtri.
fig. 12
I filtri reali non possono separare alla perfezione le frequenze. La
probabilità che un suono puro cada nella zona in cui due filtri ad 1/3 d’ottava
(fig. 12) si sovrappongono è alta; in questo caso la sovrapposizione è del 31%.
Alle frequenze f2 e f3 riportate in figura ad esempio lo spettro rileva energia
sia nella banda inferiore sia in quella superiore.
Rappresentazioni
spettrali
Uno stesso segnale può essere rappresentato tramite vari tipi di spettri,
differenti per tipo di banda o per scala dell’asse delle frequenze. Dal punto
di vista grafico gli spettri di uno stesso segnale risultano molto diversi
l’uno dall’altro.
Dall’analisi dello stesso segnale per bande percentuali costanti in terzi
d’ottava prima con asse delle frequenze in scala logaritmica (fig. 13) e poi
lineare (fig. 14 ) si vede che nel primo caso i terzi rimangono costanti,
mentre nel secondo questi si allargano all’aumentare della frequenza; nel primo
grafico il segnale appare abbastanza livellato, mentre nel secondo diminuisce
d’altezza con l’aumento della frequenza. In entrambi i casi il picco di 87.3 dB
si trova alla frequenza di 1982,1286 Hz. A testimonianza che il segnale studiato
è il medesimo.
fig.13
fig. 14
I seguenti grafici mostrano l’analisi in frequenza dello stesso segnale in
banda stretta con asse delle frequenze prima in scala logaritmica (fig. 15 ) e
dopo lineare (fig. 16 ). Anche questa volta il grafico in scala lineare tende
ad essere livellato, mentre quello in scala lineare decresce in altezza. Con
l’analisi in banda stretta il picco scende a 66.87. L’analisi in banda stretta
restituisce frequenze in media più basse rispetto all’analisi in terzi
d’ottava; essa attenua i livelli a più alte frequenze, mentre amplifica quelli
a frequenze minori.
fig. 15
fig. 16
(Attenzione:
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