Omaggio alla misura, 2002
olio su tela, cm 46 x 56 (particolare)
L'opera di Angelo Fabbri, nella sua determinazione priva di impazienza,
è un'esatta concatenazione di pochissimi eventi. D'altra parte, devi
chiederti cosa occupi la mente di un pittore che dalla mancanza di immaginazione,
da questa falcidia di ogni distrazione ed evasione ha tratto il potenziamento
assoluto della propria visione formale degli esseri e delle cose. Qui c'è
come un restringimento, una focalizzazione dolorosa sopra una realtà
ogni volta ridotta all'osso, alla ripetizione solo di alcune immagini. Non
tutte. Alcune.
E da questo punto di vista quadri così ti sorprendono: per quanta
durezza mostrano verso se stessi, per questa loro mancanza di indulgenza,
di accondiscendenza. Quadri di clausura. A dispetto di Angelo, si potrebbe
anche dire, che è invece un tipo socievole, curioso di tutto, informato
di ogni pur modesto avvenimento, attento fino alla pignoleria.
Insomma, la sensazione è quella di un silenzio che da questi dipinti
si espande raggelandone i toni, oltreché il commento. Facendoli indecifrabili.
Perché c'è in essi qualcosa di brutale che non so spiegarmi
bene, di eseguito a fondo, con lucidità, con metodo.