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il vino

Dominatore delle nostre campagne è l’ulivo ma un posto di rilievo merita anche la vigna, entrambe queste coltivazioni erano diffuse nel Salento già nei tempi antichi, all’epoca dei Messapi. Il territorio è attraversato da due strade del vino: strada dei vini  DOC Locorotondo e Martina che interessa Ceglie e Ostuni e strada l’Appia dei vini che interessa Ostuni e San Vito e che termina a Brindisi.

A proposito della città di Brindisi, di vino e di…brindisi si racconta...che il brindisi ben augurale sia nato proprio nella città adriatica. Brindisi fu colonia romana e, per questo congiunta attraverso la regina delle vie, la via Appia, a Roma. All’epoca vigeva l’usanza che i giovani patrizi si imbarcassero dal porto di questa città per raggiungere per motivi di studio, Atene.

I parenti e gli amici che accompagnavano questi studenti, prima di separarsi usavano bere vino (locale) formulando auguri, e inneggiando alla buona fortuna del giovane, il quale beveva a sua volta. La frase propiziatoria che, da una parte all’altra, si levava era questa: “Che gli dei benigni ci facciano rivedere qui, a Brindisi, per rinnovare lietamente queste libagioni”. Questo modo di fare gli auguri divenne  frequente anche altrove, in occasione di commiati. Sembra si dicesse: “Facciamo come si fa a Brindisi”, poi più semplicemente “Facciamo un brindisi”.  

I vini delle nostre terre sono stati sempre presenti sulle tavole dei romani, che chiamavano il  nostro vino "merum" per distinguerlo dal vino semplice chiamato "vinum".  Il nostro "merum", esaltato da Orazio, era un vino puro e corposo di gran qualità, e ancora oggi nel nostro dialetto per dire vino diciamo "mieru" dall'antico nome dato dai romani.

Oggi la produzione di vino deriva da nobili vitigni quali il negramaro, il primitivo, il bianco verdeca e la malvasia nera ed è effettuata, oltre che nelle cantine, anche in modo artigianale dai nostri contadini.

L’uva viene pigiata nei ‘palmento’, pavimenti in pietra nei trulli provvisti di un pozzetto per la raccolta del mosto. Il mosto viene versato nei ‘capasoni’,(grandi recipienti in terracotta) dove avviene la fermentazione e la successiva conservazione. Un tempo al mosto si aggiungeva il ‘cotto’, concentrato di mosto ottenuto mediante cottura, per dare corpo e colore scuro robusto al vino. Il ‘cotto’ si usa anche nella preparazione dei dolci a Natale e Pasqua soprattutto per inzuppare le ‘pettole’ ( sono simili a polpette, è un impasto di farina di grano duro e patate lesse da friggere in olio bollente) e le ‘cartiddate’(simili a frittelle affusolate).

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