LO SCEC E IL DENARO COMPLEMENTARE

di Andrea Parola


Vuoi per combattere la grande distribuzione, vuoi per legare i clienti all’attività commerciale o più semplicemente per combattere la crisi economica, alcune iniziative da parte delle amministrazioni locali e di alcune associazioni di piccoli commercianti e artigiani, cominciano a farsi vedere.



Il primo esempio si chiama Scec, nato a Napoli nel 2007, che significa Solidarietà ChE Cammina. L’iniziativa parte dall’Associazione Arcipelago Scec e da allora, dice il Presidente Pierluigi Paoletti, lo Scec ha allargato la sua presenza, coinvolgendo altre regioni d’Italia, dove, ad oggi, si possono contare 15.000 attività commerciali e professionali coinvolte nel circuito, costantemente in aumento (sono compresi dentisti e architetti) per un giro pari ad un controvalore di 1,5 milioni di euro.

Si tratta di uno strumento di scambio, un po’ moneta e un po’ buono sconto, che conferisce di fatto una riduzione fino al 30% del prezzo di vendita e che permette, ad artigiani e commercianti, di combattere i prezzi più appetibili applicati dalla grande distribuzione.

Lo Scec ha già conquistato molte città importanti in tutta la penisola, Roma compresa. Così il Nauno ha conquistato le valli dell’Alto Adige, Il Toc la città di Pordenone, il Marricinum, l’Abruzzo. Non sono monete locali, come qualcuno le ha definite, ma titoli di sconto al portatore, stampati con colori e disegni differenti e con un controvalore in euro. Sono emessi in tagli da 0,5 fino a 50 euro.



Così, l’amministrazione del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ha varato il progetto Napo, promettendo di coniarne e distribuirne, entro la fine dell’anno, alle famiglie in regola col fisco, addirittura 70 milioni, suddivisi in pacchetti di 250 Napo, del controvalore ciascuno di 250 euro.

Trattasi ovviamente di un valore virtuale, perché non sono titoli convertibili, vale a dire che non sono incassabili ma solo da utilizzare nei negozi del territorio, facenti parte del circuito. Un modo molto interessante per tenere il denaro legato al territorio e rilanciare il commercio locale, portando beneficio alle famiglie, così tanto colpite dalla crisi economica e vittime della spremitura messa in atto dal nostro Governo.

Tutte queste “monete” si ispirano al funzionamento dello Scec. Nelle attività commerciali del circuito si può acquistare pagando per una parte in euro e per la parte restante (fino al 30%) in buoni sconto. I negozianti che accettano lo Scec, il Napo o gli altri buoni, possono riutilizzarli in altri esercizi convenzionati.

Anche l’Agenzia delle Entrate parla di “sconto incondizionato”, individuando nell’operazione, una mera riduzione del prezzo praticato al cliente, senza ravvedere in questa alcuna sottesa controprestazione o condizione. Ai fini delle imposte dirette e all’Iva, i buoni sono considerati “abbuoni passivi”, da porre in diminuzione dei ricavi conseguiti, ottenendo così i corrispettivi da assoggettare all’Iva.

Tutto regolare quindi. Il commerciante deve limitarsi a battere lo scontrino solo per gli euro ricevuti, senza considerare il buono, che non entra a far parte del monte imponibile.



Non è per nulla difficile rintracciare i presidi aderenti al circuito dello Scec. Il primo passo è quello dell’iscrizione all’Arcipelago www.arcipelagoscec.org, con la conseguente ricezione dei primi 100 Scec da immettere nella rete.

(31 Ottobre 2012)
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