MAFIA, POTERE BANCARIO E CORRUZIONE
IL CAPITALISMO ITALIANO

di Andrea Parola


Siamo diversi da tutti gli altri e lo saremo sempre. L’Italia è il paese dove vale tutto e il contrario di tutto. Tutto fa spettacolo, a partire dalla politica. Promesse e ancora promesse, specialmente adesso che siamo sotto elezioni. Promesse di fare ciò che fino a ieri si ripudiava, una buona predica per chi ha dimostrato di razzolare male. Eliminare tutte le tasse, riformare la scuola, incentivare lo sviluppo. Tutto è lecito, basta che sia conveniente.



Non esiste più alcun codice comportamentale, alcuna etica se non quella legata al denaro. Il denaro è tutto, se ne hai bene altrimenti sei fuori. Non passa giorno senza sentire o leggere di qualche arresto di un sottosegretario qualunque, di un politico trovato con le mani in pasta, ormai assuefatti e immobili, come drogati o anestetizzati dalla attitudine al delinquere a tutti i livelli, con una frequenza incessante, quasi nella considerazione che tutto sia plausibile, normale, qualcosa da imitare per dimostrare di essere all’altezza (o bassezza) di questa società. E’ più facile emulare il male che il bene. Siamo immobilizzati da una politica che vuole soldi e ne vuole sempre di più. Dalle amministrazioni locali a quelle nazionali non cambia granché. Una politica che asciuga tutte le risorse, spreca denaro pubblico, allunga le mani su ogni cosa che sia fonte di guadagno. Il denaro è sinonimo di potere, potere di corrompere, di distruggere.



A fine febbraio si va di nuovo al voto, ma sempre con la stessa legge elettorale. Legge che è stata oggetto, negli scorsi mesi, di dibattiti politici feroci, sia a destra che a sinistra, e che ora si trascina bellamente verso il voto. Spettacolo mediatico. Il teatrino dei pupi. Non sono nemmeno riusciti a cambiare questa legge, almeno per rifarsi la faccia, magari nel tentativo di fare un piccolo ma forte atto di redenzione nei confronti dei cittadini. Niente! Nemmeno per finta! Chi se ne frega dei cittadini, sono solo stracci da spremere e poi da gettare via, ovviamente dopo che hanno votato! Loro sono così e a noi piace fare le vittime. Candidati che passano da uno schieramento all’altro senza che sentano il bisogno di giustificarsi con chi li ha votati fino a ieri. Candidati nuovi, nomi “shock” solo per fare notizia. Sono riusciti a candidare anche Moggi! Magari nella convinzione di raccogliere i voti degli juventini, mentre Berlusconi compra Balotelli per raccogliere i voti dei milanisti. La politica è entrata ovunque manifestandosi sempre di più come messaggio pubblicitario.



Assistiamo, sempre più disgustati, a una campagna elettorale (che già chiamarla così è un eufemismo) piena di insulti, offese, “sputtanamenti” reciproci, menzogne, colpi bassi, slogan televisivi, delinquenti che non vogliono ritirarsi dalla campagna nemmeno sotto tortura, che scappano con le liste in mano minacciando rivelazioni contro gli altri candidati della stessa lista. Cartoni animati dei più scadenti. Candidati alla Presidenza del Consiglio che in un primo tempo si affermava non potessero farlo per una legge che lo impediva, e poi ce li ritroviamo a capo di una lista. Ma a cosa servono le regole in Italia?



Ma si, guardiamo il lato positivo. Fortunatamente ci restano ancora da votare quelli che sono attualmente sotto processo o che sono stati giudicati colpevoli, ma solo in primo grado! Qualcuno dovrà pur dare un segno di onestà e di trasparenza, no? E poi, se così non fosse, chi rimarrebbe da votare? Intanto le proiezioni del Pil per il 2013 danno ancora segno negativo (-1%) e la disoccupazione sfonderà presto il tetto del 12% (siamo ormai al 35% tra i giovani). Nel frattempo i nostri manager si scaricano le colpe e si divertono a prenderci per i fondelli andando in televisione a fare a chi la spara più grossa, a buttare tutto in caciara per non rispondere delle loro responsabilità.



Prendiamo per esempio il redditometro, ormai figlio di nessuno perché nessuno si prende più la briga di dire che è stato lui a volerlo. Lo abbiamo visto con la riunione parlamentare andata deserta e rimandando le discussioni dopo le elezioni. Una legge che stravolge totalmente il principio dell’onere della prova, che colpirà quei poveracci che, oltre a pagare le tasse, si troveranno nei guai per spese sostenute nel 2009, grazie magari ai prestiti dei propri genitori o ai propri risparmi. Vittime alle quali toccherà di dover dimostrare di non aver eluso il fisco (ricordiamo che nel 2009 era ancora possibile effettuare pagamenti in contanti fino a 12.500 euro). Quarantamila soggetti fiscali (1% circa del totale, fra i quali non ci sarà certamente alcun grande evasore), che iniziano già oggi a tremare, aspettando quello che può crollare loro addosso al più tardi fra un mese. L’ennesima dimostrazione della debolezza irreversibile di uno Stato che non sa più cosa fare per ramazzare qualche spicciolo e tentare disperatamente di coprire la voragine della spesa pubblica (le uscite in danaro speso dallo Stato in beni e servizi pubblici).



Siamo ormai a quota 800 miliardi di euro (un milione e 600mila miliardi di lire!!), che arrivano quasi a 1000 miliardi all’anno se aggiungiamo quelli non incassati dal fisco a causa dell’evasione sistematica. Ma dove li trovano 15 miliardi di euro per acquistare i bombardieri che vanno in pezzi per un temporale? Sono loro dei fantasisti che incantano le folle o noi un popolo di ingenui? La lotta all’evasione vera resta un’utopia tutta italiana, che non riesce ad andare oltre i pochi exploit di Cortina, iniziative che hanno prodotto tanto scalpore ma che “bisognerà pure fare qualcosa per illudere la gente!”



Far pagare le tasse agli italiani, si sa, non è cosa facile. Il Comandante della Guardia di Finanza, Saverio Capolupo, afferma sul Sole 24ore che nel 2012 l’attività si è concentrata sull’evasione internazionale e sull’economia sommersa, 12mila soggetti denunciati per reati tributari. 15mila sono invece i falsi poveri che hanno ricevuto forme di assistenza sociale indebite. L’azione per la difesa della spesa pubblica ha portato alla luce un miliardo di euro di frodi su finanziamenti pubblici. Sono stati scoperti 8600 soggetti che non hanno mai presentato la dichiarazione dei redditi, per una perdita stimata attorno ai 22 miliardi, mentre 5 miliardi è la somma sottratta al fisco per evasione dell’Iva. Ma quale sarà l’effettivo incasso dell’erario? Continuerà ad accontentarsi di quel poco ma subito, vanificando l’attività della lotta all’evasione e incentivando sempre di più il sommerso, oppure dimostrerà finalmente di avere polso per andare fino in fondo nel pretendere il risarcimento fino all’ultimo euro, magari maggiorato di una salata multa? Se si riuscisse a snellire la macchina giudiziaria, questo obiettivo sarebbe senz’altro più vicino.



Il Riccometro intanto si allinea a tutto il resto. I nuovi parametri per la determinazione dell’ISEE terranno presto conto e valorizzeranno la proprietà della prima casa e degli alloggi affittati, dimenticando che fino a qualche anno fa le banche erogavano mutui per il 100% del valore dell’immobile e che oggi, in queste condizioni, lo stesso immobile rappresenta una voce di spesa per la famiglia, un sacrificio e una perdita in capitale data dalla caduta del mercato e dall’aumento delle imposte.
La Chiesa, dal canto suo, non vuole saperne dell’Imu, nonostante la commissione Ue abbia deciso che, escludendo quelle entità religiose no-profit, deve pagarla. Il debito pubblico (il debito dello Stato nei confronti di soggetti economici nazionali o esteri quali individui, imprese, banche o stati esteri, che hanno sottoscritto un credito allo Stato nell'acquisizione di obbligazioni o titoli di stato come Bot, Cct ecc.) ha sfondato quota 2000 miliardi e forse anche questo è colpa dei giudici comunisti.



Gli ultimi dati economici danno l’Italia (uno dei primi paesi del settore manifatturiero in Europa) all’ultimo posto per produzione. In Italia falliscono in media 1000 imprese ogni mese. Dall’inizio della crisi (2008) più di 45.000 imprenditori hanno portato i libri in tribunale, non potendo reggere i tempi lunghissimi per i rimborsi (la Pa ha 48 miliardi di debiti verso le imprese) e massacrati da un carico fiscale che ha superato il 68% (alla faccia della crescita!!). Il costo del lavoro è fra i più alti in assoluto. L’Irap e un’imposta che dovrebbe essere tolta al più presto per dare ossigeno al settore produttivo. Le Pmi, che rappresentano un tessuto importantissimo per la produzione e innovazione del nostro paese, sono soffocate dalla burocrazia, immobilizzate da procedure che si accavallano e si moltiplicano.



Una burocrazia bulimica, che si nutre di se stessa, diminuendo i diritti dei cittadini. La burocrazia è sinonimo di degrado della società. La burocrazia si salva sempre producendo leggi, decreti, articoli, codicilli dietro ai quali si nasconde e si giustifica. Ma cosa ha fatto Calderoli col suo Ministero delle Semplificazioni? Cosa ha dato in cambio del lauto stipendio (e fermiamoci qui) per semplificare le procedure dello Stato? La burocrazia in Italia sta diventando antagonista della democrazia. E’ fatta per i potenti, per fornire loro una via di fuga, una scappatoia, rendendo la giustizia meno uguale per tutti. Deprime lo sviluppo, fa scappare le aziende all’estero, impedisce l’ingresso di quelle straniere, assorbe tempo a ciascuno di noi immobilizzando il paese.



L’inquinamento ambientale, altro argomento per determinare la qualità di vita, ha raggiunto livelli mai visti. Sembra che da un po’ di tempo non ci siano più iniziative per migliorare l’ambiente in cui viviamo. La politica è immobile di fronte al problema. Torino è stata classificata ultimamente all’ottavo posto fra le grandi città più inquinate del mondo. Ormai, a Torino, i livelli di polveri sottili vengono abbondantemente superati per più del 50% dei giorni di calendario.
Grillo, perdonami ma tu hai sbagliato tutto. Tu non dovevi scendere in politica perché, tu e il tuo movimento, verrete fagocitati dal sistema cancerogeno, che continua a produrre metastasi come i Batman, i Scilipoti, i Cosentino, gli Astorre (Presidente del Consiglio regionale del Lazio, che ora viene premiato con la candidatura al Senato) e chissà quanti altri, disposti a cedere al “ras” di quartiere pur di avere i voti per un posto in politica. Farete la fine che ha fatto la Lega. Beppe, per molte persone rappresentavi l’unica possibilità di risvegliare gli animi assopiti di un popolo scoraggiato, sfiduciato, infangato e indifferente, per capeggiare una sana rivoluzione, morale e civile, se necessario anche con i forconi di Crozza. L’unica vera speranza per un paese destinato a diventare un ricco alimento per mafia, banche e corruzione.



Come al solito non ci resta che il voto. Ma a chi darlo sto benedetto voto! Questa volta ci vengono imposti 169 simboli di partito . . . ma ce la immaginiamo la povera nonnina, al seggio elettorale, dietro la tenda, che deve leggere tutti i simboli e che magari ci vede pure poco. Prevedo lunghe code ai seggi.
Allora cosa fare? Chi, fra la pletora di candidati che si propongono per salvare l’Italia, è ancora degno di rappresentare gli interessi di questo paese e di tutti i suoi cittadini? Un centro-destra che conferma le vecchie liste delle passate legislazioni (appena 20% di facce nuove), escludendo di fatto un rinnovamento dei candidati. Oppure un centro sinistra, che ha sempre appoggiato le scelte del governo e che oggi si vede implicato nel potenziale fallimento di una banca che controlla da decenni. Oppure ancora un centro, che non rappresenta nulla di nuovo ma che cavalca il momento, appoggiando una lista Monti solo perché ha conquistato la fiducia in Europa.



Bisognerebbe avere il coraggio di scegliere il meno peggio, ma anche qui è dura!! Una bella lotta. D’altra parte non andare a votare è un atto di irresponsabilità, di superficialità che rappresenta sempre meno una protesta, specialmente di questi tempi in cui tutti noi siamo coinvolti nella crisi. Nessuno può più dire “facciano cosa vogliono, a me non interessa” perché ogni cittadino italiano è attore e responsabile, almeno morale, del progresso del paese. Le schede, nulle o bianche, non sono conteggiate come voto ma concorrono al calcolo del premio di maggioranza; evitiamo di farlo anche per non correre il rischio che vengano utilizzate per i brogli.



Chi volesse esprimere un vero voto di protesta deve farlo con il senso della responsabilità e farlo in chiaro. La procedura da seguire è questa: ci si presenta al seggio con i documenti personali e la tessera elettorale; si attende che la nostra scheda venga vidimata dalla commissione. A quel punto non bisogna prenderla ma esercitare il nostro diritto di cittadini di rifiutare la scheda elettorale e pretendere che venga verbalizzato. E’ ancora un diritto del cittadino aggiungere un commento in calce al verbale che giustifichi il rifiuto (per esempio: perché nessun candidato delle liste mi rappresenta). E’ dovere della commissione, a quel punto, registrare il non voto (DPR 30 marzo 1957, n.361 - Art.104 – comma 5).

Ovviamente ognuno è libero di fare ciò che il cuore e la testa gli suggeriscono. In bocca al lupo a tutti per un futuro migliore nel nostro paese, soprattutto per i nostri figli.



Un caloroso e affettuoso saluto a tutti i lettori di Alteritalia che hanno apprezzato la nostra buona volontà e la nostra fatica.

(16 Febbraio 2013)
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