LETTERA APERTA AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO
MARIO MONTI

di Andrea Parola


Illustrissimo Professore,

Lei sa molto bene che l’evasione fiscale è il male del nostro paese, è il cancro italiano conclamato, che deve essere estirpato prima che generi altre metastasi. Ormai non ci sono più scuse, né per gli evasori né per chi li deve combattere. E’ il nostro male, non quello che arriva da lontano, dall’Europa o, ancor di più, da oltre oceano. E’ quello che è nato qui, quello che è stato generato da noi italiani e dalla nostra disonestà, dal nostro egoismo e che non deve essere confuso con la crisi economica, a cui appartengono altre cause e altri rimedi.



Il fatto che questo depravante modus operandi sia ormai diffuso come un tumore maligno che ha generato metastasi per tutto il corpo, non significa che si debbano utilizzare solamente dei palliativi, come per un malato terminale, per lenire il dolore e aspettare che il malato giunga al termine. Dobbiamo cambiare registro e convincerci tutti che l’evasione non è un male incurabile.

L’evasione fiscale è il frutto di una mala educazione radicalmente diffusa. Una mentalità volgare, che si poggia su una base di ignoranza, di egoismo e di disprezzo consapevole verso gli altri, che guarda il proprio giardino e se potesse, brucerebbe quello del vicino.

I controlli, come quelli messi in atto con grande successo a Cortina, a Milano o a Portofino, dovrebbero rappresentare la normale routine dell’attività della Guardia di Finanza e non l’eccezione. Non è più sostenibile sentire gridare allo scandalo nei confronti di operazioni di questo tipo.

Esimio Professore, l’evasione è ormai più di un’emergenza e come tale deve essere affrontata. E’ ormai inderogabile che le forze riformiste si concentrino sulla lotta a questo fenomeno: essa deve costituire il fronte principale delle riforme, la riforma numero 1. E’ necessario concentrare gli investimenti sia di fondi che di risorse. Risorse soprattutto fidate e pulite, per scongiurare, una volta per tutte, avvenimenti come quello di Torino, con il coinvolgimento di responsabili dell’Agenzia delle Entrate.

E questo ancor prima di rastrellare denaro impoverendo i cittadini onesti.

Il rischio, caro Professore, è che chi rispetta la legge, in modo coercitivo o volontario che sia, un giorno, forse nemmeno troppo lontano, si ribelli a questa situazione di immobilismo da parte dello Stato e cominci a farsi giustizia da solo, con conseguenti risvolti sociali estremamente dannosi per la nazione. Non si può certo pensare di liquidare l’argomento e dichiararsi soddisfatti e tranquilli solo attraverso la divulgazione di spot pubblicitari, come vediamo in televisione in questi mesi.



Mi permetta Professore di dirLe che oggi lo Stato è debole, si trova nella posizione di perdente nei confronti dell’evasore e questo non può che agevolare, o ancora di più, incentivare l’evasione stessa. E’ dimostrato che la maggior parte degli evasori, specialmente quelli più gravi, sceglie il contenzioso perché lungo ed incerto, favorendo il litigio e permettendogli di pagare molto meno di ciò che il Fisco gli contesta. Lo Stato è debole perché non è in grado di garantire la certezza e la rapidità del giudizio, preferendo conferire ad Equitalia il compito di esigere un terzo delle somme contestate, per evitare l’iter giudiziale. Questo provoca la perdita di fiducia dei cittadini nello stato di diritto e certifica la sfiducia del Fisco nei propri mezzi.

Dobbiamo cambiare Professore! Dobbiamo cambiare anche perché non si può pensare di fare della lotta all’evasione una missione a vita. L’attività che Lei sta portando avanti è senza ombra di dubbio lodevole, ma questo dovrà lasciare il posto ad iniziative più costruttive e durature. Bisogna agire per ricostruire una società moralmente distrutta, anche, ahinoi, da spregevoli quanto dannosi esempi scesi dall’alto.

Allora dobbiamo pensare anche a come fare domani, di apportare cambiamenti per migliorare la cultura e la sensibilità dei cittadini, per insegnare loro a vivere in società e di godere dei vantaggi che si hanno quando si rispettano le regole. Ma come fare?

Egregio Professore, mi permetto di suggerire un programma da attuare su tre tipi di intervento:

• Combattere l’evasione oggi, con metodi repressivi e provvedimenti seriamente punitivi, pensati soprattutto nel rispetto dell’equità nei confronti di chi paga le tasse, mettendo a disposizione grossi investimenti di denaro e di risorse specializzate e meritevoli, agevolando e rendendo più efficiente l’attività della giustizia, attraverso lo snellimento e la velocizzazione del contenzioso tributario civile. In poche parole, attuare sistemi che rendano sconveniente evadere il Fisco.

• Combattere l’evasione oggi per domani, diffondendo la cultura dell’onestà e della condivisione, attuando programmi scolastici dedicati, partendo magari dalle scuole elementari. Va da se che questi programmi devono trovare posto anche nella vita familiare, attraverso una stretta collaborazione fra scuola e famiglia, per rivalorizzare il merito e la responsabilità sociale.

• Portare l’esempio da parte di chi guida il paese, da parte di chi ha le responsabilità del benessere della nazione. Avere il coraggio di ricominciare a costruire una classe politica pulita e credibile, formata da soggetti capaci di mettersi in prima fila, di fare il primo passo, anche nel sacrificio, ogni volta che si presenta la necessità di dimostrare trasparenza ed onestà, con la responsabilità del “buon padre di famiglia”.

Ha ragione Piero Grasso, Procuratore nazionale Antimafia, quando afferma che i grandi evasori vanno combattuti con gli stessi strumenti utilizzati per aggredire i patrimoni illeciti dei boss mafiosi, ossia con il sequestro e con la confisca.

Professore, la lotta contro l’evasione fiscale deve vincere.
Noi cittadini onesti lo pretendiamo.


(26 Febbraio 2012)
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