I PARTITI IN CRISI
di Alberto Mannoni

Se negli ultimi vent'anni la crisi dei partiti, come convogliatori del consenso, si è fatta sempre più evidente, se il ruolo di incanalamento delle istanze democratiche è stato tradito a favore della rete di interessi ad personam, se l'isteria tardo-berlusconiana ne ha reso evidente la cancrena, se il lobbismo più becero di cui sono pervasi ha impedito qualsiasi seria riforma, il governo "tecnico" di Monti ne sta illuminando l'evanescenza.

Non si vedono proposte politiche, non c'è altro orizzonte che il 2013, come fine dell'"eccezionalità". Ma quali idee, quali programmi, di quale visione del bene comune sono portatori, quale sistema di valori, quali riforme potrebbero proporre?

Gli uni, che appoggiano il Governo, sono uniti da un borbottio lamentoso, dicono, i meschini, che Monti non li consulta, che fa tutto da solo, che il loro appoggio non è scontato, salvo poi allinearsi perchè non c'è altro da fare; gli altri oscillano tra l'opposizione senza se e senza ma, al valuteremo volta per volta, riproponendo vecchi schemi ormai buoni solo per tenere in caldo i voti.

Tutti difendono la vecchia fortezza in rovina, mentre sotto il fiume in piena erode la collina, che frana inesorabilmente.



E' ormai evidente che gli attuali partiti non sono più capaci di organizzare il consenso, di intercettare le pulsioni rinnovatrici e meno che meno di suscitarle, di indicare una strada, o almeno di inventarsene una.

Il problema è che le democrazie occidentali hanno necessità dei partiti. Nessuno è ancora riuscito ad inventarsi qualcosa di alternativo: se essi non funzionano, se non svolgono la funzione che è loro propria, la democrazia non funziona.

Già i Greci distinguevano tre forme di Governo (di uno, di pochi, di molti: logos tripolitikos), con le varie forme che degenerano una nell'altra a seconda delle fasi storiche.

Giambattista Vico riprese questo concetto e descrisse l’ordine con cui avviene la corruzione delle repubbliche, partendo, questo l’elemento nuovo, dalle repubbliche degli ottimati; dalle quali nascono le fazioni che fanno emergere i promotori delle repubbliche popolari; per la corruzione delle quali il popolo trova scampo nel rifugiarsi sotto l’autorità di uno solo; sino a che anche la monarchia degenerando in tirannide provoca nel popolo il desiderio di nuovo mutamento, e così via.

In questo nuovo millennio italiano, in questa III Repubblica, è ormai avvertibile che la degenerazione è arrivata al punto limite: i partiti sapranno rinnovarsi, o verrano travolti dalla piena, e la democrazia (almeno questa) con loro.
Ciò che potrebbe venire dopo (un generale? un papa re?), è difficile da prevedere.


(26 Febbraio 2012)
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