11 SETTEMBRE
di Alberto Mannoni
Sono passati dieci anni.
Commemorazioni, commozione, vittime, eroi.
Bin Laden è stato ucciso, Bush non è più presidente, le rivolte arabe hanno infiammato il Nord Africa, la crisi divora l'Occidente, la Cina e l'India stanno diventando il vero motore del mondo, l'Atlantico non è più centrale: altre longitudini, altri meridiani si contendono lo scettro.
Dieci anni, ma sembra un secolo fa.
E viene spontaneo farsi qualche domanda: siamo cambiati in meglio o in peggio? Cosa abbiamo imparato? Quali delle questioni sono risolte e quali sono ancora sul tappeto? Quali si sono aggiunte?
Ebbene, è facile rispondersi che non si vedono grandi miglioramenti, e le grandi questioni del Medio Oriente, radice ed alibi del terrorismo islamico, sono ancora tutte insolute: da quella palestinese, alla stabilità del Libano, all'Afganistan, all'Iraq dimenticato.
Questo, sia a livello locale per l'incapacità politica della classe dirigente, la convenienza dei gruppi di potere, la non coscienza della popolazione, sia grazie alla miopia di Israele, l'irrisolutezza dell'America di Obama (che tante speranze aveva suscitato, ma che è stata strozzata dalla crisi economica e da un Congresso conquistato dai teo-con), la nullità politica dell'Europa.
Senza contare il crescente peso della Cina, nel suo tentativo di presentarsi come il campione dell'Oriente contro il "colonialismo" occidentale, che introduce altri tiranti a sforzare lo stracciato tendone del circo mondiale.
Mentre negli ultimi tempi anche la Turchia culla il suo sogno di egemonia mediorientale, raffreddando le sue aspirazioni europee e spostando il suo baricentro nello sforzo di distinguersi da una alleanza atlantica in declino: un ritorno ottomano che non sembra trovare cattiva accoglienza nelle piazze arabe, anzi.
Se da un lato niente si risolverà senza una presa di coscienza e un'assunzione di rischio da parte dei popoli arabi (la democrazia non si esporta, si conquista) senza garanzia di vittoria (vedi il caso di Tunisia ed Egitto, dove è cambiato tutto per non cambiare niente), dall'altro un Occidente che si presenta in ordine sparso e senza idee chiare, con comportamenti ondivaghi a seconda degli interlocutori, non sarà certamente considerato sponda cui cui fare affidamento, ma il solito gruppone di assetati di petrolio, pronti a vendere il posteriore (degli altri, possibilmente) per qualche barile in più.
(25 Settembre 2011)
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