EQUITA'
di Alberto Mannoni

Equità. Parola usata e abusata in queste ultime settimane, con l'impressione che la si intenda in maniera diversa, a seconda della convenienza, della fascia sociale, delle idee politiche.



Spesso tendiamo ad essere cinici, a dimenticare che la politica implica scelte in grado di cambiare vite, trasformare le nazioni e fare la storia.
Guardiamo alle scelte politiche con disincanto, trascurando che sono intraprese da uomini, su basi razionali e psicologiche insieme, attuando iniziative e, in risposta alle esigenze comuni, realizzando condizioni.

Esse esigono invece che tutti noi ci interroghiamo sui nostri principi, per quanto possibile, coniugando la passione civile con il pragmatismo, che mitighiamo le nostre convinzioni facendo uso del compromesso onorevole, consapevoli che in democrazia ed in qualunque società libera, il giusto cammino non fa riferimento solo alle ragioni della maggioranza, ma anche ai diritti della minoranza, con un processo che tenga in profonda considerazione gli individui di opinione diversa.

Per questo, discutere dell'equità della manovra con coerenza e senza preconcetti, significa capire che i saldi sono "tecnici", ma le azioni per raggiungerli sono "politiche". Significa lavorare per definire i contenuti e le "proporzioni" che dovrebbero essere presenti affinchè i cittadini ne avvertano oltre alla necessità, la giustizia. Significa che l'urgenza del momento non deve far dimenticare i profondi squilibri tra fasce sociali e tipologie di reddito.

In fondo, a parte le teorie ultra-liberiste, sia le posizioni liberali che quelle socialdemocratiche convengono che uno dei giustificati motivi per cui lo Stato può intervenire nel'Economia è evitare che la ricchezza sia concentrata nelle mani di pochi cittadini e vi siano troppi cittadini che si trovano in condizioni di povertà.



Il governo Monti si trova nella necessità di operare con decisione, ma ha l'opportunità di farlo tenendo conto della giustizia sociale.
Dal lato dei saldi ha finora operato bene, meno dal lato delle aree di intervento: si ha la generale impressione di un'eccessiva "timidezza" ad individuare azioni che orientino i sacrifici verso una redistribuzione della ricchezza, che avrebbe aspetti fortemente positivi anche in ottica sostegno al PIL: i grandi numeri vengono dalle fasce sociali medio basse, non certo da quelle alte.

Le azioni correttive che potrebbero essere apportate al testo attuale sono svariate, ma due esempi su tutti:
- annullamento dell'assegnazione delle nuove frequenze digitali "regalate" a RAI e Mediaset, e nuova gara trasparente aperta a tutti gli operatori per recuperare risorse atte a ridurre i sacrifici, e supportare le fasce più deboli;
- azione più decisa sulla tassazione dei patrimoni (monetari, immobiliari, ecc.), con individuzione dei disallineamenti anomali tra reddito dichiarato e patrimonio posseduto; i dati ci sono, basta usarli.

Certo, la manovra deve superare il voto parlamentare, con i vari partiti che hanno posto veti e pregiuziali, ma è veramente il caso di dire ora o mai più. Occorre rendersi conto che con una manovra più equilibrata il sostegno popolare sarebbe molto alto, difficilmente raggiungibile in altri momenti storici.



Il governo Monti ha avuto finora la stima che merita in funzione delle capacità e l'alto profilo dei suoi componenti, a cominciare dal premier: deve ancora cominciare a meritarsela non solo sul piano tecnico dei numeri, come ha già fatto, ma su quello politico delle scelte.


(11 Dicembre 2011)
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