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Dal n.13 anno IX - del 06 aprile 2002 - pag. 24

Pierfrancesco Pacini Battaglia, l'uomo-tangente dell'Alta Velocità

di Giampiero Carbone
(SETTIMA PUNTATA)
Nella seconda metà del 1996, la magistratura di La Spezia, indagando su ben altre faccende, in apparenza per niente collegate con l'Alta Velocità, si imbatte in un personaggio piuttosto noto ai cronisti di Mani Pulite, Pierfrancesco Pacini Battaglia.

è necessario ricordare che all'epoca di questa inchiesta, l'indagine parlamentare di Ferdinando Imposimato è ormai finita negli archivi della Commissione antimafia.
Il 13 settembre 1996, il giudice per le indagini preliminari Maria Cristina Failla, su richiesta dei magistrati Alberto Cardino e Silvio Franz, emette un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti del suddetto Pacini Battaglia, di Lorenzo Necci, amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, dell'imprenditore Emo Danesi ex parlamentare dc e iscritto alla loggia massonica P2 , e di Eliana Pensieroso, segretaria di Pacini Battaglia.


Gestione occulta delle società a capitale pubblico

Le intercettazioni ambientali hanno dimostrato l'esistenza di "un'associazione a delinquere ramificata sul territorio nazionale e all'estero, il cui scopo era la gestione occulta di aziende a capitale pubblico, così da ricavarne ingenti ed ingiusti profitti".
Secondo l'accusa, i promotori del tutto sarebbero Pacini Battaglia e Danesi, con Necci al seguito.
L'obiettivo: "la gestione occulta delle società a capitale pubblico, facenti capo al comparto delle Fs, cioè la Ferrovie dello Stato spa e le sue partecipate; la distrazione di somme molto ingenti di denaro pubblico dalle stesse Ferrovie dello Stato spa e, infine, l'acquisizione di commesse da società del gruppo Eni, dietro pagamento di tangenti".

Sempre secondo i magistrati Cardino e Franz, la lobby, per poter agire in maniera coperta, si è giovata dell'aiuto di alcuni magistrati, un tempo alla procura di Roma, nota per le famose insabbiature; i magistrati sono, tra gli altri, Giorgio Castellucci, Orazio Savia e Roberto Napolitano.


Parole pesanti come macigni

In uno dei punti in cui si articola l'inchiesta spezzina, quello che riguarda la gestione occulta delle società a capitale pubblico, si parla della società Tav spa. Nell'altro punto, quello riguardante la distrazione di denaro pubblico, si parla di truffa contrattuale.

In una delle tante intercettazioni riportate nell'ordinanza "evidenzia come vengono elargite tangenti ai vertici dell'Eni per ottenere la concessione di contratti e come faccia parte del piano del sodalizio la gestione delle Ferrovie italiane".

Infatti, dai discorsi tra Pacini ed un imprenditore emerge che nei primi mesi del 1996 costoro avevano ottenuto due appalti dell'Eni, rispettivamente di due e tre miliardi e che nella banca ginevrina di Pacini sarebbero state versate le tangenti dopo l'ottenimento dell'appalto.
In un'altra intercettazione, Pacini afferma: "Se vuoi un mio parere, oggi come oggi noi siamo usciti da mani pulite...siamo quasi usciti...solo perché si è pagato".

Imposimato parla di "parole pesanti come macigni". Chi avrebbe preso i soldi?

I magistrati spezzini scrivono nella parte finale dell'ordinanza, riferendosi alle inchieste milanesi: "la sola via giudiziaria non sia servita e non serva a debellare tale fenomeno (la corruzione ndr) che sembra connaturato alla vita sociale del nostro paese... va sottolineato che la via giudiziaria, vista la carenza di strutture, uomini e mezzi adeguati... appare resa più difficile da attività contrarie ai doveri d'ufficio, quando non ci si trovi di fronte a vere e proprie partecipazioni associative di un rilevante numero di appartenenti all'autorità giudiziaria".

Vengono arrestati il procuratore della Repubblica di Cassino, Orazio Savia e quello di Grosseto, Roberto Napolitano, un tempo in servizio a Roma.

Un altro filone di indagine riguarda infatti la corruzione della magistratura romana, secondo l'accusa pagata per chiudere un occhio sul ruolo di Pacini Battaglia, autentico collettore di tangenti, invischiato anche nell'ulteriore filone di indagine, quello riguardante il traffico d'armi in cui è coinvolta la fabbrica spezzina Oto Melara, il cui amministratore delegato, Francesco Guarguaglino, finisce anch'esso in manette.

Se questo filone può sembrare "autonomo", quelli riguardanti gli affari sporchi di Pacini e Necci e la corruzione dei magistrati sono legati indissolubilmente e hanno il loro nucleo negli affari dell'Alta Velocità.

In sostanza, scrive Imposimato, in concomitanza con ogni appalto, i dirigenti delle Fs prendevano contatti con Pacini Battaglia, il quale, con Emo Danesi, realizza un complicato sistema di conti bancari esteri per gestire le tangenti raccolte dagli imprenditori che si interessano ai lavori dell'Alta Velocità.


Pesci piccoli da sacrificare

Dalle numerose intercettazioni, emerge che Danesi e Pacini, nel caso in cui si scopra qualcosa, fanno già i nomi di qualche "pesce piccolo" da sacrificare al posto dei "pesci grossi" come Necci e Incalza.

Il loro obiettivo è che del fattaccio se ne occupi la procura di Cassino, sotto la cui giurisdizione cadono i lavori per l'Alta Velocità Roma - Napoli e dove il procuratore Savia li può proteggere.

Fra i "pesci piccoli" sacrificabili, per Pacini c'è anche Emilio Maraini, figura originale, poiché, nel 1992, pur essendo sotto processo a Napoli in qualità di ex amministratore dell'Ansaldo, resta ai vertici della divisione Tecnologie e Sviluppo di sistema delle Fs.
è quindi un uomo di Necci.
Nel 1993 è arrestato per corruzione aggravata e viene anche accusato dai giudici milanesi di aver versato una tangente da 650 milioni al Psi per ottenere alcuni appalti della Intermetro nella realizzazione del metrò romano.
Dai suoi interrogatori emergono legami con la Milano "da bere" di Pilitteri, Radaelli, Trussardi e Craxi.
Nonostante tutto ciò, Maraini rimane uomo di fiducia di Necci, fino a divenare amministratore delegato dell'Italferr, la società che deve controllare la correttezza di tutti gli atti dell'Alta Velocità dal punto di vista ingegneristico.

Decisamente, una scelta migliore non poteva essere fatta.. il 7 febbraio 1998, Maraini sarà nuovamente arrestato su ordine della procura di Perugia.

Per Maraini, il pm romano Castellucci chiederà due volte l'archiviazione.
Resta comunque un elemento sacrificabile.

Comunque, scrive Imposimato, la cosa che sconcerta maggiormente i magistrati spezzini Cardino e Franz è il fatto di essersi resi conto di indagare su fatti che già anni prima potevano essere scoperti, pur essendo finiti negli uffici delle procure di Roma e, soprattutto, di Milano.

( 7 - CONTINUA )



Giampiero Carbone



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06 APRILE 2002 ANNO IX - N. 13 - Euro 0,90


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Libro che fa molto “in“ dichiarare d’aver letto,
ma che è stato in realtà letto da ben pochi:

(il solo possesso dell’opera non è sufficiente)

Corruzione ad Alta Velocita’
Viaggio nel governo invisibile

F. Imposimato, G. Pisauro, S. Provvisionato
KOINe’ nuove edizioni
Telefono: 06 / 52.24.42.80
novembre 1999


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