Alta Velocità: inchieste affossate e persone oneste
di Giampiero Carbone
(OTTAVA PUNTATA)
Ferdinando Imposimato, ex magistrato ed ex deputato del Pds, autore del libro "Corruzione ad Alta Velocità" del quale stiamo proponendo le parti salienti, si domanda come sia stato possibile che un personaggio come Pierfrancesco Pacini Battaglia sia potuto passare sotto le forche caudine dei magistrati milanesi Di Pietro e Colombo sin dal 1993 nell'inchiesta Enimont senza che costoro, dopo averlo interrogato, non ne abbiano tratto nulla di interessante.
Tanto più che, nello stesso anno, il finanziere Sergio Cagnotti, ora presidente della Lazio Calcio e all'epoca amministratore delegato di Enimont e amico di Raul Gardini, aveva confessato di aver ricevuto cinque miliardi dalla Tpl (Tecnologie, Progetti, Lavori) società in apparenza creata per assegnare consulenze in materia di progettazione ma in realtà una sorta di contenitore occulto di mazzette che finivano nelle tasche di Necci, presidente delle Fs.
Questa mazzettona, secondo Cagnotti, sarà spartita tra costui, Gardin e Pacini.
Ma i magistrati di Milano, dice lmposimato, invece di confrontare le tesi di Pacini e di Cragnotti, evitano di procedere.
Nel 1998, i magistrati di Brescia accuseranno Di Pietro di aver omesso di sviluppare le indagini in questa faccenda. Secondo i pm bresciani, Di Pietro avrebbe favorito Pacini e Necci evitando di indagare. Ma il gip bresciano Di Martino assolverà Di Pietro per "non aver commesso il fatto".
Un "affaire" iniziato nel 1993
Al lettore può sembrare di essersi allontanato dall'argomento dell'Alta Velocità ma così non è poiché si tratta di un "affaire" nel quale si intrecciano tangenti di ogni tipo e provenienza.
Un groviglio spaventoso di interessi sul quale si inizia ad indagare sin dal 1993, come abbiamo visto, addirittura con due inchieste, una romana (riguardante la correttezza nella costituzione della Tav spa) ed una milanese (circa l'assegnazione degli appalti).
Ma è solo nel 1996, con I 'inchiesta della magistratura di La Spezia che succede qualcosa, con gli arresti di Pacini Battaglia e Necci.
Se a Milano l'inchiesta finisce nel nulla, a Roma il sostituto procuratore Giorgio Castellucci chiede più volte I'archiviazione, finché non viene egli stesso indagato con l'accusa di aver preso denaro proprio per far archiviare l'inchiesta, come risulta da un'intercettazione ambientale.
Nessuno riuscirà mai a chiarire dove siano finiti i documenti delle due inchieste e lo stesso Di Pietro, secondo Imposimato, negherà di averli richiesti.
I magistrati di Perugia, ai quali è passata l'inchiesta, parlano di una raccolta di mazzette per l'Alta Velocità messa in atto dagli imputati realizzata con l'aiuto di "una sorta di presidio giudiziario" grazie alla "compiacente attività di taluni magistrati, svolgenti le funzioni in ruoli chiave, i quali pilotano nel senso desiderato le inchieste".
I giudici perugini affermano che una verifica presso la Techimont spa avrebbe consentito di constatare che, proprio nel periodo in cui questa entra a far parte del consorzio Cociv (quello che ha iniziato i lavori nella tratta Milano - Genova), versava al Pacini Battaglia ingenti somme di denaro. Ma tutto ciò non è mai stata fatto.
Il memoriale di Portaluri
A questo punto, lmposimato riporta alcuni brani del memoriale di Salvatore Portaluri, che nel 1991 viene chiamato alla presidenze della Tav spa, carica dalla quale di dimette il 9 settembre 1993. Portaluri afferma che su 38 società consorziate per la realizzazione dell' Alta Velocità, 34 avevano già avuto problemi con la giustizia.
Egli aveva inoltre chiesto che venissero annullati i contratti con la società ltalferr, poiché il presidente di questa, Emilio Maraini era già stato arrestato due volte e non poteva perciò essere presente nell'organo di controllo delle attività tecniche che spettava a ltalferr.
Andavano annullati, sempre secondo l'ex presidente della Tav spa, anche i contratti con tutti i general contractor (Iri, Eni e Fiat), poiché, invece di indire gare internazionali come previsto dalla normativa europea, era stata utilizzata una trattativa privata che aveva consentito la spartizione della "torta", grazie ad una legge del 1987 , poi ripresa nel 1991.
La più grande bugia, osserva Portaluri, si ritrova nell'assetto societario della Tav, del quale si sbandiera una maggioranza privata; in realtà, la maggioranza delle banche sono di diritto pubblico e Necci, rappresentate delle Fs, aveva la maggioranza assoluta del capitale sociale.
Sulla bugia del capitale privato si costruirà la legittimità delle trattative private con i general contractor. Solo dopo aver avuto la certezza di una copertura totale dei costi da parte dello Stato (cioè la Tav spa), i general contractor accettano di sottoscrivere gli accordi. Non c'è nessun rischio per gli imprenditori, visto che la Tav paga il 100% dei costi previsti.
Tutti i gruppi imprenditoriali coinvolti in Tangentopoli sono così accontentati e chi all'inizio è rimasto fuori, cioè la Grassetto di Salvatore Ligresti e la Montedison-Ferruzzi, viene accontentato con il consorzio Cociv per la tratta Genova - Milano.
Portaluri ricorda come nella finanziaria del 1992 verrà poi inserito un capitolo di spesa di 9 mila miliardi di lire proprio per l'Alta Velocità e, infine, la riunione tra i ministri interessati di allora (Barucci al Tesoro, Reviglio al Bilancio e Tesini ai Trasporti) avvenuta nsolitamente il 29 dicembre 1992, in piene vacanze natalizie, con gli imprenditori, per evitare che, con l'arrivo del nuovo anno, entrasse definitivamente in vigore la normativa europea sulle gare internazionali per l'assegnazione dei lavori.
140.000 miliardi di costi sino ad oggi
Dunque, non è mai esistita la tanto decantata maggioranza privata della Tav spa, i contratti di questa con gli imprenditori hanno avuto come obiettivo la tutela del solo interesse privato, i costi previsti nel 1991, quantificati in 26.180 miliardi di lire, sono oggi arrivati a 140.000 miliardi di lire (ricordiamo ancora, a totale carico dei contribuenti e a completo vantaggio degli imprenditori).
Infine, coloro che sono stati nominati garanti della grande opera ferroviaria, cioè Romano Prodi, Susanna Agnelli e Sergio Pininfarina, non sono del tutto super partes, poiché hanno ruoli in società (rispettivamente Nomisma, Fiat e Pininfarina) contrattualmente legate alle Fs o alla Tav spa.
( 8 - CONTINUA )
Giampiero Carbone
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