Prolusione al corso 2006
Crisi, Modernità e Information Technology

Per modernità non si deve intendere qualcosa legata alla cronologia, o a un ambito temporale: si riferisce, piuttosto, ad un modo di porsi rispetto al mondo. Bruno Zevi nel 1950 scrive “Storie dell’architettura moderna” non descrivendo un periodo storico ma l’appartenenza ad uno stile avanguardistico, ad ancora nel 1994 scrive  “Architettura della modernità”. Il titolo è legato alla contestazione che i nuovi quartieri urbani sono pieni di non-architetture, edifici con “un’epidermide menzognera”, più irritante dell’eclettismo ottocentesco. E gli artisti autentici sono pochi, contornati da una schiera di “letterati” e una marea di plagiari, che ignorando sintassi e grammatica della modernità costruiscono in “stile moderno” senza comunicare alcunché. Allora qual è il concetto di modernità? Esso si muove attraverso il concetto di CRISI, di trasformazione, di rottura con tutto ciò che “aveva preceduto”, e la difficoltà di ricollocarsi in una nuova ottica: apertura del mondo e novità e crisi. Ed è necessario dare delle risposte. Moderno è quell’atteggiamento che costruisce nuovi valori partendo dalla crisi, di conseguenza la Modernità è ciò che trasforma la crisi in valore creando un’estetica di rottura: l’informatica ha generato una crisi dell’architettura in quanto non si manifesta più  per le sue funzionalità, ma dovrà farlo per le sue capacità di comunicare.

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