Quando un “Singolare” diventa “Plurale”


Nel libro L’uomo alla ricerca di Dio, edito dalla Watch Tower Society, si legge a pag. 219: “…Parimenti, lo Shemà esclude la trinità del credo cristiano essendo una profanazione dell’Unità di Dio”.

Ora, se esaminiamo un po’ più da vicino questi testi, cominciando proprio dallo shemà, noteremo invece che l’unicità del Dio dell’AT non è del tutto…“singolare”. 

Deuteronomio 6:4 dichiara: “Ascolta Israele, Yahvé, nostro Dio, è un solo Yahvé”. La traduzione letterale tuttavia è: “Ascolta Israele, Yahvé, nostri  Dei, è un solo Yahvé”.
Esodo 20: 5: “Perché io, Yahvé tuo Dio, sono un Dio geloso”. Traduzione letterale: “Perché io, Yahvé tuoi Dei (Eloheka), sono un Dio (El) geloso.

Sono molti i passi che si potrebbero ancora citare dove Dio viene indicato in forma nel contempo singolare e plurale ed in cui non esiste un accordo grammaticale tra soggetto e verbo. Alcuni, tra cui ovviamente i TdG, si affrettano a spiegare che si tratta di una forma di “pluralis majestatis”, ma questo è solo un alibi per evitare un'evidente difficoltà. Infatti non vi è alcuna prova che il pluralis majestatis fosse conosciuto ed usato, nell’antica letteratura ebraica, da Mosè, dai profeti, da Davide o da altri re contemporanei come il Faraone o Nabucodonosor. I “Capi” di Israele non lo usavano mai (vedi Genesi 41:41, Daniele 3:2, Esdra 1:2, ecc.). 

Un'ulteriore conferma del fatto che ci troviamo di fronte non ad un semplice pluralis majestatis, ma ad un concetto di Dio ritenuto sì “uno”, ma in forma “composita”, la ritroviamo anche nel NT, dove i primi scrittori cristiani arrivarono progressivamente ad elaborare il concetto del Dio uno e trino.

Riporto di seguito due passi, a questo proposito molto interessanti:

1 Tessalonicesi 3:11, TNM: “Ora lo stesso Dio e Padre nostro e il nostro Signore Gesù dirigano con successo la nostra via verso di voi”.
Traduzione letterale: “Voglia Dio stesso, nostro Padre e nostro Signore Gesù, dirigere il nostro cammino verso di voi

È noto che, secondo il geovismo, la dottrina della “trinità” è di origine satanica, per cui, non potendo in questo caso giustificare il verbo singolare di fronte a due soggetti, con un impossibile pluralis majestatis, e non potendo nemmeno tradurre nel modo sintatticamente più corretto, riferendo cioè il verbo ad un unico soggetto (Dio), i traduttori di Brooklyn sono stati “costretti” a rendere a rendere il verbo al plurale. Da notare però la consueta “doppia traduzione” nell’interlineare edita dalla WTS: a sinistra il verbo è reso al singolare e a destra diventa plurale! 

2 Tessalonicesi 2:16-17, TNM: “Inoltre, lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio nostro Padre, che ci ha amati e ci ha dato conforto eterno e buona speranza mediante l'immeritata benignità, confortino i vostri cuori e vi rendano fermi in ogni opera e parola buona”
Traduzione letterale: “E lo stesso nostro Signore Gesù Cristo e Dio Padre nostro, che ci ha amato e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna ed una buona speranza, conforti i vostri cuori  

Anche qui valgono le stesse osservazioni sopra esposte. Da notare che potendo disporre di due verbi nella frase, i traduttori di Brooklyn decidono di rendere il verbo primo verbo (amare) correttamente al singolare (anche se non si comprende se è riferito al Padre o al Figlio) ed il verbo confortare al plurale. Il Padre quindi ci conforta (ma non ci ama) ed il Figlio ci ama (ma non ci ha consolato) o viceversa. Anche qui, nell’interlineare edita da Brooklyn, abbiamo la solita “doppia traduzione”. 

Sono molti in realtà  passi del NT dove il Padre ed il Figlio, distinti a livello di “persone”, sono uniti nello stesso Dio. Uno di questi passi è 2 Pietro 1:1 che afferma “…la stessa preziosa fede per la giustizia del nostro Dio e salvatore Gesù Cristo”. Nel testo originale greco ci troviamo di fronte ad un genitivo di possesso (la giustizia del) posto, non ripetuto, davanti ai due nomi “Dio” e “Salvatore”, indicando così che si tratta di un solo soggetto. Nella TNM viene invece arbitrariamente inserito un secondo articolo determinativo davanti a “salvatore” al fine di rendere “Dio” e “Salvatore” due soggetti distinti, in armonia con la teologia di Brooklyn e non certo con il passo successivo, come recita nella nota in calce la TNM. Infatti, nel passo successivo, il soggetto è la “conoscenza”, non di Dio ma degli uomini verso la Parola di Dio, e quindi lo scrittore in questo caso correttamente distingue la conoscenza  verso il Padre (maturata soprattutto nell’AT) da quella verso il Figlio (acquisita con la rivelazione di Cristo). 

Un altro testo significativo, ove si evince chiaramente la netta diversità tra il Figlio e le creature di Dio, è  la lettera Ebrei. Sappiamo che la teologia geovista sostiene che Gesù sia un angelo nonostante lo Scrittore di Ebrei affermi chiaramente  il contrario; ma in realtà, già nei primi due versetti, vi è un importante distinzione, apprezzabile purtroppo solo nel testo greco: “Dio aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei Profeti, ultimamente in questi giorni ha parlato a noi (per mezzo del) Figlio”. La TNM rende “…per mezzo di un Figlio” in conformità con la teologia di Brooklyn che ritiene il Cristo una delle tante creature angeliche anche se la più importante. Ancora una volta il senso del testo originale è completamente stravolto: nel testo greco infatti lo scrittore fa un importante distinzione  (pressoché impossibile da rendere alla lettera in italiano) inserendo l’articolo determinativo quando parla dei precedenti “portavoce” di Dio, cioè i profeti, e omettendolo davanti al “Figlio”. In questo modo i “profeti” e il Figlio sono messi su piani ben diversi: i primi erano dei semplici portavoce ben distinti da Colui che se ne è servito come mezzo per parlare, nel secondo caso invece Dio parla “nel” Figlio (lett. "in Figlio”) indicando così che non è un “altro” che parla ma è sempre Dio, non più nella persona del Padre, ma in quella del Figlio! 

Sono innumerevoli poi i passi dell’AT che letti alla luce del NT in parallelo fanno comprendere chiaramente come per gli scrittori cristiani il Cristo è lo stesso Dio dell’AT. 

Uno a titolo di esempio: Isaia 44:8 (che i TdG citano per sostenere che sono i “testimoni” di cui si parla) dichiara anche nella versione TNM: “…Esiste un Dio oltre a me? No, non c’è nessuna Roccia, non ne ho riconosciuta nessuna ”. 

I TdG dovrebbero chiedersi anzitutto: se non vi è “un altro dio” perché la teologia geovista sostiene che Cristo è “un altro dio” (vedi ad esempio Giov. 1:1)? In secondo luogo, dato che si dichiarano “cristiani”, anzi i veri e soli cristiani che hanno rinnegato le dottrine sataniche della “cristianità”, dovrebbero verificare come gli scrittori dell’AT leggevano questo e tanti altri passi analoghi. In I Corinti 10:4 leggiamo ad esempio nella traduzione letterale corretta: “ …tutti bevevano la stessa bevanda spirituale: infatti bevevano da una stessa roccia spirituale che li accompagnava, e quella Roccia era il Cristo” . È evidente quindi, confrontando i due passi, che dal momento in cui vi è un unico Dio e un'unica Roccia e questa Roccia è il Cristo; se la logica non è un opinione, Paolo (che non aveva ancora letto La Torre di Guardia) sta quindi sostenendo che Cristo è Dio! 

Notare ora come la TNM è costretta a rendere questo passo per cercare di nascondere queste affermazioni chiarissime ricorreggendo ad una traduzione “fumosa”: “poiché bevevano al masso di roccia spirituale e quel masso di roccia significava il Cristo”. Ora anzitutto nel testo greco vi è il termine “petra” che è l’equivalente del termine aramaico usato in Isaia a cui Paolo si riferisce; in secondo luogo vi è il verbo “essere” e non “rappresentare”, ma siccome a Brooklyn hanno deciso che Cristo non può essere la Roccia, allora, fanno una dichiarazione opposta a quella di Paolo e cercano di annullare l’equivalenza indicata da Paolo definendo Cristo “una massa rocciosa” una sorta di menhir insomma! Ecco quindi la “necessaria” sostituzione del verso “essere”, usato da Paolo proprio per rendere la perfetta equivalenza tra Cristo con la “Roccia” di Isaia, con “rappresentare”! 

Ancora una volta così la “parola di Dio” è stata opportunamente riveduta e corretta dallo “schiavo fedele e discreto”.

Claudio Forte