«...la cessione delle pubblicazioni della Congregazione dei Testimoni
di Geova
costituisce attivitą commerciale...»
La Corte di Cassazione ha confermato nel 1997 che la
cessione delle pubblicazioni
della Congregazione dei Testimoni di Geova costituisce attivitą commerciale.
SENT. 27.02.1997 N. 1753 SEZ. 01 |
FATTO
Con avvisi di accertamento nn. 90 e 91 del 24 settembre 1984 e n. 1246 del 16
dicembre 1984 il II Ufficio Distrettuale per le Imposte Dirette di Roma
accertava a carico della Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania -
Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova - un reddito imponibile ai fini
IRPEG ed ILOR pari a L. 88.441.000 per il 1976, a L. 170.524.000 per l'anno 1977
ed a L. 225.958.000 per il 1978, assumendo che, pur essendo ente non
commerciale, detta Congregazione aveva svolto attivita' di natura commerciale e
segnatamente di stampa, poligrafia ed editoria.
Avverso detti avvisi la contribuente ricorreva alla Commissione Tributaria di
primo grado di Roma che, previa riunione dei ricorsi per connessione, li
accoglieva parzialmente. Dichiarava, infatti, illegittima la ripresa a
tassazione del reddito di L. 2.783.000 relativo all'immobile di proprieta' della
Congregazione adibito a luogo di culto e confermava gli accertamenti nel resto
sulla base della considerazione che l'attivita' di stampa, editoria e diffusione
delle pubblicazioni, svolta dalla predetta, era di natura commerciale, ancorche'
finalizzata alla realizzazione di scopi istituzionali di carattere
preminentemente religioso.
La Commissione Tributaria di secondo grado, adita dalla contribuente, ne
accoglieva l'appello.
Avverso tale decisione l'Ufficio ricorreva alla Commissione Tributaria Centrale,
che accoglieva il ricorso, osservando che la attivita' di editoria, stampa e
diffusione delle pubblicazioni di carattere religioso svolta dalla Congregazione
su indicata riguardava pubblicazioni destinate alla vendita, che venivano cedute
a terzi direttamente dagli appartenenti alla Congregazione medesima.
Che si trattasse di pubblicazioni destinate alla vendita risultava dalla
circostanza, non contestata, che recavano stampata sul retro l'indicazione del
prezzo; che fossero vendute a terzi emergeva dallo statuto della Congregazione,
il quale prevedeva tra gli scopi principali di questa quelli di "stampare e
distribuire Bibbie e divulgare le verita' bibliche in varie lingue per mezzo
della produzione e della pubblicazione di letteratura contenente informazioni e
commenti....." e di "insegnare pubblicamente e di casa in casa le
verita' della Bibbia alle persone disposte ad ascoltare, lasciando a tali
persone detta letteratura....".
Avverso tale decisione l'ente suindicato ha proposto ricorso per cassazione
sulla base di un motivo. L' amministrazione delle finanze ha resistito con
controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
DIRITTO
Con l'unico motivo la Congregazione ricorrente denunzia violazione e falsa
applicazione dell'art. 20 D.P.R. 29 settembre 1973 n. 598, come modificato - con
effetto retroattivo al primo gennaio 1974 - dall'art. 2 d.P.R. n. 954 del 1982,
nonche' insufficiente motivazione su punti decisivi della controversia.
Osserva la ricorrente che l'esclusione della commercialita' di cui all'art. 20
del D.P.R. n. 598 del 1973 non e' limitata alle attivita' di distribuzione,
prevedendo tale norma espressamente l'ipotesi di cessione di beni nuovi prodotti
per la vendita, effettuata da parte delle associazioni religiose nei confronti
prevalentemente dei propri associati. Sarebbe, percio', del tutto irrilevante il
fatto che le riviste in questione fossero distribuite o vendute al fine di
escludere il carattere commerciale dell'attivita' della Congregazione.
L'impugnata decisione avrebbe comunque omesso qualsiasi motivazione in ordine
alla decisiva circostanza che le pubblicazioni non erano prodotte per la
vendita, come evidenziato dall'ampia documentazione prodotta dalla Congregazione
nei vari gradi di giudizio. Inoltre erroneamente la decisione de qua avrebbe
ritenuto sulla base dello statuto che le pubblicazioni venivano vendute, avendo
omesso di considerare che il termine "lasciare" non ha il significato
di "vendere". La decisione, infine, avrebbe omesso ogni indagine sulla
decisiva circostanza della prevalenza della cessione agli associati od ai terzi,
prevedendo l'art. 20 del D.P.R. n. 598 del 1973 che non sono commerciali le
attivita' di cessione rivolte prevalentemente agli associati.
Il ricorso e' infondato.
Con riferimento alle associazioni religiose e per quanto rileva ai fini del
presente giudizio, l'art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 598, come
modificato, con effetto retroattivo al primo gennaio 1974, dall'art. 2 del
d.P.R. 28 dicembre 1982 n. 954, recante norme sui componenti positivi
dell'imponibile degli enti non commerciali - indicati nella lettera c) dell'art.
2 del D.P.R. n. 598 citato -, contiene la seguente disciplina.
Le cessioni di beni, effettuate agli associati verso pagamento di corrispettivi
specifici in conformita' alle finalita' istituzionali, non si considerano fatte
nell'esercizio di attivita' commerciale (e quindi non concorrono alla formazione
del reddito complessivo imponibile) a meno che non si tratti di cessione di beni
nuovi prodotti per la vendita, la quale "in ogni caso" e, quindi,
anche se fatta in conformita' alle finalita' istituzionali dell'ente, e'
considerata attivita' commerciale. Tuttavia, qualora i beni nuovi prodotti per
la vendita siano costituiti da pubblicazioni, la loro cessione non costituisce
attivita' commerciale e, pertanto, non concorre alla formazione del reddito
complessivo imponibile, se riguarda prevalentemente gli associati.
In sintesi le pubblicazioni di un'associazione religiosa, se prodotte per la
vendita, costituiscono attivita' commerciale con una sola eccezione: che la loro
cessione avvenga prevalentemente nei confronti degli associati.
La sentenza impugnata ha fatto buon governo della disciplina su richiamata,
essendo pervenuta alla conclusione che la cessione delle pubblicazioni della
Congregazione dei Testimoni di Geova costituisse attivita' commerciale dopo aver
accertato che queste erano prodotte per la vendita e cedute prevalentemente a
soggetti diversi dagli associati.
La motivazione in ordine a tale accertamento di fatto appare poi adeguata ed
immune da errori logici, avendo dato rilievo alla circostanza che le
pubblicazioni recavano stampata sul retro l'indicazione del prezzo; che lo
Statuto della Congregazione prevede tra gli scopi principali di questa quelli di
"stampare e distribuire Bibbie e divulgare le verita' bibliche in varie
lingue per mezzo della pubblicazione di letteratura contenente informazioni e
commenti..." e di "insegnare pubblicamente e di casa in casa le
verita' della Bibbia alle persone disposte ad ascoltare, lasciando a tali
persone detta letteratura..."; che le persone destinatarie di tali
pubblicazioni non potevano essere identificate negli associati - individuati
dalla disposizione V dello Statuto in coloro ai quali viene rilasciato un
certificato di associazione per aver fatto donazione di dieci dollari al fondo
della societa' summenzionata che, quindi, come contributori hanno diritto
"a un voto per ognuna di tali azioni in detta societa'" - ma, in
misura prevalente, nei terzi destinatari dell'attivita' divulgativa della
Congregazione, inclusi tra questi sia gli adepti professanti il culto della
Congregazione sia i non adepti, ai quali il messaggio missionario deve essere
pure rivolto.
In particolare la sentenza impugnata non ha omesso di considerare, come asserito
dalla ricorrente, che il termine "lasciare", contenuto nelle clausole
dello Statuto su riportare, non ha il significato di "vendere", avendo
valorizzato tale espressione, di per se' generica, alla luce di altri elementi
che logicamente portano ad attribuirle tale significato; ne' ha omesso di
considerare se le pubblicazioni venissero cedute prevalentemente a terzi oppure
agli associati, avendo specificamente motivato sul punto, distinguendo tra
associati, adepti e non adepti e pervenendo alla conclusione, alla luce degli
scopi perseguiti dalla Congregazione, che i destinatari delle pubblicazioni
fossero prevalentemente gli adepti ed i non adepti e non gli associati.
Il ricorso deve essere pertanto respinto.
Data la novita' della questione, sussistono giusti motivi per la compensazione
delle spese giudiziali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Cosi' deciso in Roma il di' 8 novembre 1996.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 27 FEBBRAIO 1997