La dottrina del
RISCATTO


Il tema principale che attraversa tutta la Bibbia è quello della morte come conseguenza del peccato. La "risposta" classica di un cristiano qualsiasi è la seguente: Gesù è morto per i nostri peccati. Detto così non si comprende bene il nesso.

I tdG poi dicono che Gesù (che per loro era solo un uomo come Adamo) è dovuto morire come "prezzo per il riscatto". In questo modo anche il Dio della Bibbia è simile a tante altre divinità tribali. Infatti avrebbe richiesto il sacrificio cruento di un essere umano, per giunta innocente, per perdonare i nostri errori! Questa concezione NON è biblica, nemmeno veterotestamentaria (Dio rifiutò il sacrificio umano di Isacco). Quando la Bibbia parla di sacrificio di Gesù non dobbiamo equivocare: è DIO che si sacrifica! Un Dio d'amore non avrebbe potuto pretendere il sacrificio di una creatura innocente come prezzo per un "riscatto". Il contrasto con tutte le altre religioni non potrebbe essere maggiore: nelle altre religioni sono gli uomini a dover fare sacrifici alle divinità mentre per i Cristiani è Dio ad offrire un sacrificio per gli uomini! Giovanni 3:16: Poiché Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna.

Paolo nel capitolo 15 di I Corinti affronta e porta a conclusione questo tema: se Gesù ha veramente sconfitto il peccato, allora la morte non poteva trattenerlo, e se è effettivamente risorto dai morti allora vuol dire che Dio ha finalmente mantenuto quello che aveva promesso ad Abramo e Profeti. Tutti i primi 19 versetti di questo capitolo espongono questo ragionamento. Tutto è centrato sulla resurrezione di Gesù. Molti che studiano la Bibbia fanno diverse ipotesi su ciò che Paolo pensava stesse per accadere per il futuro come se le sue credenze "escatologiche" o "apocalittiche" riguardassero solo eventi che dovevano ancora accadere. Invece per Paolo l'evento escatologico più importante era GIA' accaduto: Gesù è risuscitato dai morti! 

Paolo non stava vivendo gli "ultimi giorni" di un vecchio sistema, ma i "primi giorni" di una nuova era. Certo, Paolo pensa ANCHE alla resurrezione futura che attende con impazienza, ma il tema principale di questo capitolo è la resurrezione di Gesù. Alla fine dei tempi, quando Cristo ritornerà (allo squillo dell'ultima tromba) chi è vivo non morirà (non tutti moriremo) e quelli che sono morti risorgeranno; ma sia i vivi che i risorti dovranno essere "trasformati" e dotati di un corpo spirituale incorruttibile. Il corpo spirituale di cui parla Paolo non va inteso in senso platonico (cioè immateriale) ma è un vero corpo fisico costituito di spirito. 1Corinzi 15:43-46 ...è seminato corruttibile, e risuscita incorruttibile; è seminato debole, e risuscita potente; è seminato corpo naturale, e risuscita corpo spirituale. Se c'è un corpo naturale, c'è anche un corpo spirituale. Così anche sta scritto: Il primo uomo, Adamo, fu fatto anima vivente; l'ultimo Adamo è spirito vivificante. Però, ciò che è spirituale non viene prima; ma prima, ciò che è naturale; poi viene ciò che è spirituale”.

[I tdG volutamente equivocano sul termine nephesc = psiche traducendolo sempre anima per "dimostrare" così che l'anima è mortale. Ma ciò che intendiamo oggi per "anima" non è il nephesc/psiche ma è lo "spirito" che trasformerà il nostro corpo rendendolo immortale. In che cosa consista esattamente tale "trasformazione" non possiamo ovviamente saperlo ma questo non cambia la nostra speranza]
Paolo credeva che Cristo fosse passato "attraverso la morte" e ne fosse uscito dall'altra parte. Gesù era giunto ad una nuova "fisicità" di cui non c'era precedente. La resurrezione descritta da Ezechiele nel cap. 37 era una metafora del ritorno di Israele dall'esilio. Quando Paolo pensa alla resurrezione di Gesù conclude che il ritorno dall'esilio era in effetti avvenuto. L'esilio aveva raggiunto il suo apice nella morte di Gesù, ora Cristo era passato attraverso la morte, attraverso il definitivo esilio ed era stato liberato non solo da Babilonia, da Roma, da Erode o da Caifa, ma dal peccato e dalla morte gli ultimi nemici (I Cor.15:25-26).  Questo significava che l'Età a venire, la Nuova Era , l'escaton delle attese giudaiche era GIA' avvenuto anche se aveva un aspetto che il giudeo Paolo non si sarebbe atteso. Questo significava che i Gentili (gli altri popoli) erano esortati ad unirsi ad Israele per celebrare il "giorno della liberazione".
In conclusione nel cap. 15 di I Corinti Paolo rielabora il modello più o meno tradizionale dell'apocalisse giudaica rendendo chiaro che la "fine attesa " era già avvenuta (nella resurrezione di Gesù) ma che doveva completarsi quando tutti i Cristiani saranno resuscitati a vita eterna. Nel cap. 8 di Romani Paolo amplia il discorso precisando che la liberazione futura dalla morte non riguarda solo quelli che "sono in Cristo", ma tutta la creazione nel suo insieme.

Claudio Forte