Quando si cita un’autorità...

"Ogni evidenza deve essere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ciò che volete dire sia esattamente ciò che l’autorità citata voleva dire". - Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, p.155, §11.

Esempi di citazioni tolte dal contesto in maniera tale che quello che si comprende dalla loro lettura è diverso da "ciò che l’autorità citata voleva dire"...

Queste informazioni sono tratte dal libro I testimoni di Geova non hanno la Bibbia
di Lorenzo Minuti, Coletti a San Pietro, Roma 1992 (*).


Il CASO MC KENZIE

A pagina 404 del libro "Ragioniamo facendo uso delle Scritture", alla conclusione della parte "Come è nata la dottrina della Trinità?", si legge quanto segue:

«Nel suo Dizionario Biblico il gesuita John L. Mc Kenzie dice: "La trinità delle persone all’interno dell’unità di natura è definita in termini di ‘persona’ e ‘natura’, che sono termini filosofici greci; essi infatti non appaiono nella Bibbia. Le definizioni trinitarie sorsero come risultato di lunghe controversie nelle quali questi termini, e altri come ‘essenza’ e ‘sostanza’, furono erroneamente applicati a Dio da alcuni teologi". — Cittadella Editrice, 1973, trad. di Filippo Gentiloni Silveri, p. 1009».

Da questa citazione - conclusiva per la specifica domanda sull’origine della dottrina trinitaria - il candidato Testimone di Geova cosa capisce? Capisce che perfino il gesuita Mc Kenzie non sarebbe d’accordo con la dottrina trinitaria dal momento che egli

  • sembra non approvare l’uso - riguardo a Dio - di termini assenti dalla Bibbia;
  • sembra condividere l’orrore per i "termini filosofici greci". (Il Testimone di Geova è portato a trasferire in altri la sua ormai raggiunta persuasione che "le filosofie umane sono il prodotto di uomini imperfetti", "risentono dell’influenza degli spiriti demonici", come ha letto a pagina 153 di "Ragioniamo");
  • sembra ammettere che proprio la dottrina sulla Trinità sia "nata" "come risultato di lunghe controversie". (A ciò il neo Testimone di Geova è indotto dalla luce ambigua che è proiettata sull’intero soggetto dallo studiatissimo titolo "Come è nata la dottrina della Trinità?". Invece il Mc Kenzie afferma che non la dottrina ma le formule di definizione - cioè la formulazione e la presentazione precisa di quella dottrina - furono precedute da "lunghe controversie". E l’autore fa intravedere in quelle "lunghe controversie" la difficoltà di parlare esattamente su Dio e soprattutto sull’aspetto del tutto nuovo - rivelato da Gesù stesso - della vita trinitaria di Dio).
  • sembra ammettere - soprattutto - che quei termini "erroneamente applicati a Dio" non andavano assolutamente d’accordo con la realtà di Dio, non potevano assolutamente adoperarsi trattando di Dio, non riguardavano Dio, non gli spettavano e non gli spettano affatto.

Ecco quest’ultima impressione la prova chiunque, alle ultime parole di quella citazione: e a chi è sveglio apparirà strano che un Mc Kenzie abbia dichiarato incompatibili con la realtà di Dio quei termini (NATURA, PERSONA...). E se chi è sveglio ha, per giunta, già sperimentato la inaffidabilità delle "citazioni" fatte dal Corpo Direttivo, costui cercherà il Dizionario Biblico del gesuita e riscontrerà che il pensiero dell’autore non è citato per intero: è stato interrotto ad un punto adatto a suscitare proprio l’impressione di incompatibilità tra quei termini e Dio. Infatti nel testo segue una frase che fa piena luce, a prima lettura. Eccola: "L’affermazione definitiva di trinità di persone e unità di natura fu dichiarata dalla Chiesa come l’unico modo corretto in cui si potevano usare quei termini".

Ora sì che il contesto è completo ed il pensiero è chiaro: il Mc Kenzie vuol dire che c’è un uso corretto ed uno scorretto di quei termini; l’uso scorretto attuato da "alcuni teologi" ha provocato le "lunghe controversie". Queste sono finite quando la Chiesa ha indicato l’uso corretto. Il quale consiste nell’abbinare "trinità" con "persone", "unità" con "natura".

Ora sì che è chiaro il pensiero del Mc Kenzie; ed è chiaro anche che il Corpo Direttivo ha approfittato della errata traduzione italiana attuata da Cittadella Editrice, i cui traduttori hanno semplicemente seguito l’ordine delle parole trovato nel testo inglese: "these terms (...) were erroneously applied to God". Questa frase inglese non ammette un diverso ordine delle parole, poiché l’avverbio "erroneously" deve - per regola di sintassi - trovarsi tra l’ausiliare "were" e il participio "applied". La frase inglese, così com’è, ammette due traduzioni ambedue legittime: "questi termini (...) furono erroneamente applicati a Dio" e "questi termini (...) furono applicati erroneamente a Dio". La prima traduzione ("furono erroneamente applicati") significa che quei termini (NATURA, PERSONA...) non potevano assolutamente venir applicati a Dio. La seconda traduzione ("furono applicati erroneamente") significa che quei termini furono applicati a Dio in modo errato da alcuni teologi: dunque c’era anche un modo esatto, corretto di applicarli a Dio (e questo modo esatto fu indicato dalla Chiesa negli abbinamenti trinità-persone e unità-natura, come afferma il Mc Kenzie nella frase che completa il suo pensiero ma che è stata frodolentemente tralasciata dal Corpo Direttivo).

La frase inglese è necessariamente equivoca: però un inglese che legga il testo completo capisce subito quale dei due significati possibili è giusto e calza col contesto. Ma se quello stesso Inglese legge la medesima citazione troncata nella parte conclusiva (come risulta a p.406 dell’edizione inglese di "Ragioniamo"...) non riuscirà - mancandogli il contesto - a capire quale dei due significati intenda Mc Kenzie. Allora, se si tratta di un candidato inglese al geovismo sarà... aiutato dal propagandista Testimone di Geova ad interpretare la frase nel seno della incompatibilità di quei termini con la natura di Dio (e così il Corpo Direttivo coglierà il frutto di una ambiguità connaturale alla lingua inglese in quella frase).

Nel caso, invece, della inesatta traduzione italiana il Corpo Direttivo coglierà il frutto della involontaria collaborazione dei traduttori usati dall’Editrice Cittadella: essi - non tenendo conto del chiaro pensiero intero dell’autore e traducendo parola per parola - contro la sintassi! - hanno dato alla traduzione italiana ("furono erroneamente applicati") proprio quel senso che faceva comodo al Corpo Direttivo per disorientare i lettori italiani.

Cari amici, chi di voi - di fronte a questa astuta prontezza del Corpo Direttivo nell’approfittare di un’espressione inglese naturalmente ambivalente e di un’errata traduzione italiana - chi di voi sarebbe disposto a credere che non si sia fatto a bella posta?


L’Encyclopaedia Judaica

A pagina 381 del libro Ragioniamo si trova la seguente domanda: "Pietro stava a Roma?".

Una simile domanda è retorica: lo si fa capire nel corso della "risposta". E spinge a dare risposta negativa. La quale - nel capitolo intitolato "Successione apostolica" - insinuerà che il papa non può essere successore di Pietro come vescovo di una città, Roma, in cui Pietro non sarebbe mai "stato". E a chi si convincesse di ciò il Corpo Direttivo potrebbe tranquillamente dire: "Vedi quanto è bugiarda la tua Chiesa? Ti ha fatto onorare il papa come ... successore di Pietro!".

Ecco la ...risposta che "Ragioniamo ..." presenta alla domanda "Pietro stava a Roma?": ne diamo il testo integralmente, e facciamo, in parentesi, le dovute osservazioni.

"Roma è menzionata in nove versetti delle Sacre Scritture, nessuno dei quali dice che Pietro si trovasse lì". (Perché? Semplicemente perché non vi si tratta di Pietro! Del resto, NESSUNO di quei versetti dice che Pietro non "si trovasse lì". Questa prima bordata del Corpo Direttivo non prova quindi nulla: ma provoca nel lettore una nuova spinta psicologica, che rinforza il dubbio inoculato dalla domanda "Pietro stava a Roma?"). "Primo Pietro 5:13" (cioè la 1^ lettera di S. Pietro) "indica che egli era a Babilonia". (In questo passo S. Pietro scrive: "Vi saluta la comunità che è in Babilonia"] "Questo era forse un riferimento allusivo a Roma? (Sì. Lo sanno tutti, anche il Corpo Direttivo che non osa negarlo esplicitamente; e si trincera dietro un’altra delle solite domande retoriche per insinuare una risposta negativa nei lettori. Tutti gli storici seri sanno che da documenti letterari ineccepibili risulta quanto segue: i primi cristiani chiamavano spregiativamente "Babilonia" la città e lo stato romano; perché? perché Roma voleva distruggere la Chiesa - "nuova Gerusalemme" - così come l’antica Babilonia aveva distrutto Gerusalemme nel 586 a.C.; e anche perché a Roma vedevano la babele, la confusione delle lingue e dei culti pagani più disparati. San Pietro scriveva da Roma per dare animo ai cristiani perseguitati: e chiama "Babilonia" la capitale dello stato persecutore. Per di più: secondo la mentalità ebraica era "Babilonia" ogni realtà in contrasto con la fede.) "Che egli si trovasse a Babilonia" (il Corpo Direttivo intende la città della Mesopotamia) "era coerente" (Non è vero: tra poco vedremo perché. Ma intanto il Corpo Direttivo comincia qui la..."dimostrazione" diretta della sua ... "verità") "con l’incarico affidatogli di predicare ai giudei"(Dovunque fossero: e a Roma ve n’erano tanti che, impadronitisi del commercio, costrinsero i Romani ad adattare il calendario dividendo l’anno in settimane)"(come indicato in Galati 2:9), dal momento che Babilonia ospitava una folta comunità ebraica". (Quando? Al tempo di Pietro? Assolutamente no. Però al Corpo Direttivo serve far credere che proprio al tempo di Pietro "Babilonia ospitava una folta comunità ebraica": che importava, infatti, per le tesi del Corpo Direttivo se ciò si fosse verificato prima della nascita o dopo la morte di Pietro? Ed ecco come ai loro lettori, culturalmente indifesi, fanno credere che proprio un’autorevole opera giudaica dia la prova che al tempo di Pietro c’era a Babilonia "una una folta comunità ebraica". Ecco la ..."prova":)"L’Encyclopaedia Judaica (Gerusalemme, 1971, Vol. 15, col. 755)" (Notate la ostentata accuratezza: serve a catturare la fiducia dei lettori?) "parlando della stesura del Talmud babilonese, menziona le ’grandi accademie [del giudaismo] a Babilonia’ durante l’era volgare". (Dunque questa sarebbe la prova: l’esistenza di "grandi accademie [del giudaismo] a Babilonia" - durante la vita di Pietro -, periodo in cui sarebbe esistita a Babilonia "una una folta comunità ebraica" a cui "era coerente" che Pietro predicasse: e questo si sarebbe verificato durante la "stesura del Talmud babilonese". Chi di voi sa cos’è il Talmud? Chi di voi sa a quale epoca risale la sua "stesura"? Ebbene: proprio approfittando della quasi generale ignoranza su tali dati - roba da specialisti! - il Corpo Direttivo ha imbastito la sua audacissima frode storica, esprimendosi - in quella pagina 381 - con accostamenti i quali fanno credere al lettore che il Talmud orientale sia stato composto a Babilonia proprio quando Pietro era in vita. Invece esso risale all’inizio del secolo V: cioè oltre 350 anni dopo la morte di Pietro! ...

Quanta audacia! E quanta fiducia ha il Corpo Direttivo nell’ignoranza dei suoi lettori! Qualsiasi storico serio può confermare la nostra data. C’è da aggiungere che anche il Corpo Direttivo la conosceva, e che la conosceva già da decenni: infatti, a pagina 75 del suo volume "Preparato per ogni opera buona" - edito in inglese nel 1946 - ha scritto: "Secondo una voce autorevole, il Talmud Babilonese risale al 420 d.C.". Quindi, ben 39 anni prima di pubblicare "Ragioniamo ..." il Corpo Direttivo sapeva che "la stesura del Talmud babilonese", risalente al 420 d.C., non poteva in alcun modo provare la presenza a Babilonia di "una folta comunità ebraica" al tempo di Pietro (alla quale fosse "coerente" che egli predicasse): questo non significa forse MENTIRE SAPENDO DI MENTIRE? E che il Corpo Direttivo sapesse di mentire lo dimostra l’ultima espressione: "durante l’era volgare": vorrebbe essere una disinvolta scappatoia; ma con chi funziona? Con chi non sa che "l’era volgare" dura da quasi 2000 anni, essendo nul’altro che l’epoca dopo Cristo; con chi non è capace di accorgersi che accostare "la stesura del Talmud Babilonese" e "le ’grandi accademie [del giudaismo] a Babilonia durante l’era volgare" non ha nessun senso: infatti, equivarrebbe a dire: l’Encyclopaedia Judaica, "parlando della stesura del Talmud Babilonese" nel 420 d.C., "menziona le 'grandi accademie [del giudaismo] a Babilonia' durante i 2000 anni dell’era cristiana. Che significa? Quindi la scappatoia funziona solo con chi si lascia persuadere da un non-senso. Però che dire di chi si approfitta dell’incapacità critica di tali persone? Cosa avranno pensato di questa ... citazione i redattori dell’Encyclopaedia Judaica? Se ne saranno ... rallegrati? Vi avranno visto attuata la raccomandazione fatta dal Corpo Direttivo a pagina 155 del suo "Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico"?

Ogni evidenza deve essere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ciò che volete dire sia esattamente ciò che l’autorità citata voleva dire". - Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, p.155, §11. (Cfr. Matteo 23:3b).


(*) Le "do l’autorizzazione a citare dal mio libro 'I Testimoni di Geova non hanno la Bibbia', a patto che ogni citazione sia accurata ed esattissima. ... L. Minuti".