Tony Reidy
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Tony Reidy: The Coldest Day In Winter 

Il contadino è felice / con la rugiada sugli stivali / mentre le spine dei vecchi rovi / scricchiolano sotto i suoi passi…

Sono le parole iniziali della opening track dell’album di esordio del compositore Tony Reidy, originario di Westport, nell’ovest dell’Irlanda: il brano in questione, “The Country Man”, ci racconta di un agricoltore, soddisfatto della propria vita proprio perché riesce a godere appieno dei piaceri della vita agreste: una vera celebrazione della vita bucolica. Quello della “terra” è d’altronde un mondo che Tony Reidy conosce a fondo, poiché ha vissuto gran parte della sua esistenza a contatto con la natura, assaporando le semplici, ma intense sensazioni che solo la verde Irlanda puo regalare.   

Ci eravamo imbattuti in Tony Reidy solo alcuni mesi fa: a presentarci questo cantautore era stato Declan Askin, chitarrista dei Céide, parlandoci del disco di esordio della band, Like A Wild Thing:

il titolo dell’album dei Céide era anche il titolo di uno dei brani presenti sul CD, composto appunto da questo oscuro, e non più giovanissimo, cantautore originario della contea di Mayo. Lo stesso Askin si è offerto di fare da intermediario per la realizzazione di questa intervista: l’occasione si è presentata grazie alla pubblicazione del primo disco di Tony Reidy, intitolato The Coldest Day In Winter.

Nell’attesa del contatto con Reidy ci siamo via via resi conto che l’uscita di questo album è stata considerata dalla stampa specializzata irlandese e britannica un evento del tutto particolare: un attempato compositore spunta improvvisamente fuori dal nulla e pubblica un disco di grande intensità, con testi semplici ma interessanti e un’impostazione generale intimista, assolutamente lontana dallo stereotipo del cantautore irlandese. Se dovessimo fare un’analogia con qualche nome altisonante, i primi a venirci a mente sarebbero quelli di Leonhard Cohen, Nick Drake e John Martyn, artisti citati del resto dallo stesso Reidy tra i suoi preferiti.

Tony Reidy è nato a Aughagower, un villaggio vicino Westport, e alla vita di agricoltore nella fattoria del padre ha affiancato gli studi di ingegneria a Galway. Compone testi e musiche da una quindicina d’anni, ma solo ora ha deciso di uscire allo scoperto.

Quali sono le sue principali influenze musicali, qual è la musica che preferisce ascoltare?

“I generi musicali che ritengo mi abbiano influenzato sono molteplici, così come anche alcune forme di musica tradizionale irlandese, sin dagli anni della mia adolescenza: ad esempio per me sono stati molto importanti grandi cantautori e poeti come Bob Dylan, Richard Thompson e Leonhard Cohen. Ma non solo la musica. Mi piace molto leggere poesie, mi affascina il mondo del mistero. Sono attratto dal suono che si può ascoltare nelle parole…ritengo che esista una vera e propria musicalità delle parole.

Tornando alla musica, sono un appassionato di folk music, e mi piace in modo particolare l’idea di un uomo che si presenta da solo di fronte al pubblico, accompagnato solo da una chitarra o da un altro strumento, per raccontare la propria storia e cantare le proprie canzoni.

Attualmente preferisco ascoltare le canzoni di John Spillane, un altro cantautore irlandese, come pure Nic Jones, il cantante e chitarrista inglese: il suo stile chitarristico mi affascina in modo particolare. Quanto alla musica irlandese, l’album che preferisco è molto vecchio, ed è di Joe Cooley, un accordionist di Galway morto negli anni ’70. Molto buoni, a mio modo di vedere, anche gli album dei Planxty e degli Sweeneys Men.”

I testi delle sue canzoni sono veramente particolari: lei parla molto spesso della terra dal punto di vista del contadino, una cosa realmente inconsueta al mondo d’oggi. Quali sono le sue fonti d’ispirazione?

“È vero, i testi di The Coldest Days In Winter hanno spesso un argomento agreste, dal momento che curo da sempre una piccola fattoria, e la terra ha ispirato molte delle mie canzoni…niente argomenti universali, per favore, sono troppo difficili da “trattare” in una canzone. A spingermi a comporre sono piuttosto gli eventi quotidiani della vita, oltre al suono stesso delle parole…non penso che scriverò mai sui grandi temi dell’umanità, non è giusto parlare di problemi tanto grandi con parole troppo semplici. E poi non ho il minimo interesse per le mode, per il cambiare degli stili di vita. L’avidità e il denaro sono sempre più importanti anche qui in Irlanda, e i veri valori della vita, il rispetto e l’attenzione nei confronti dell’essere umano, non sono più presenti, neanche qui, come fino a qualche anno fa.”

In effetti dal suo The Coldest Days In Winter traspare un certo senso di tristezza, di malinconia…

“Certo non si può dire che componga canzoni gioiose, ma non intendo chiedere scusa per questo! Ci sono fin troppe canzoncine allegre in giro, mentre a me piace raccontare la verità: non sempre la vita è tutta rose e fiori! Diciamo che preferisco parlare del lato oscuro della vita…”  

Ma lei compone prima i testi o la musica?

“In genere all’inizio c’è una qualche idea che trascrivo in versi. Poi vedo di adattare ad essi la musica, ma può anche accadere di variare in qualche misura le parole, o anche di aggiungerne altre…”

Ci siamo imbattuti in lei tramite il CD dei Céide, il cui titolo, Like A Wild Thing, è in realtà una sua composizione…

“Ma a loro volta Brian Lennon, Tommy e Kevin Doherty, tutti della band Céide, suonano  nel mio album. Inoltre l’accordionist e tastierista David Munnelly ha prodotto insieme a me questo mio primo CD. David Munnelly è un grande accordionist, e di recente ha pubblicato un ottimo album, Swing… (già presentato ai lettori di Keltika alcuni mesi addietro – n.d.r.) per la Hummingbird Records. Pat Early è di Westport, come me: lui è un musicista classico ed ha curato gli arrangiamenti per archi e clarinetto in due brani del disco, “Draiodoir Dubh” e “Aphrodite”. Anche Kevin Walsh è di Westport, e nel mio album suona il clarinetto.”

In The Coldest Days In Winter c’è una canzone dal testo molto particolare, “Kitonga”…

“Qualche tempo fa avevo fatto una adozione a distanza: “Kitonga” era il nome del ragazzo africano, keniano per l’esattezza, che avevo adottato, e con cui ero in corrispondenza. Un giorno il suo insegnante mi scrisse per comunicarmi che Kitonga aveva dovuto abbandonare la scuola per aiutare i genitori a procurarsi da mangiare. Nella canzone io chiedo a Kitonga delle bellezze naturali del Kenia, con la tipica ottica superficiale di noi europei, e lui mi risponde: “non riesco a sentire il canto degli uccelli quando il mio stomaco è vuoto / non riesco a vedere la bellezza della natura quando il raccolto è perso / riesco solo a sentire il pianto di mio fratello / e vedo solo i miei genitori andare in cerca di cibo.

Andando invece ai due brani scelti a presentare questo suo disco di esordio ai lettori di Keltika?

““Like A Wild Thing” è una canzone che parla della bellezza, ma anche della durezza, del lavoro dell’agricoltore, che molto spesso oggi non riesce a trarre dalla sua terra il necessario per poter guadagnarsi da vivere, e che per questo si vede costretto a cercare un lavoro che lo porterà fatalmente a vivere gran parte della sua vita in un ufficio, davanti allo schermo di un computer, e tutto ciò lo fa sentire un animale in gabbia.

“Cul An Ti” è invece una poesia scritta da Sean O Riordan, un famoso poeta in lingua gaelica ormai deceduto, musicata da me. Parla delle leggende del “retro della casa” – è la traduzione di Cul An Ti – e di tutto ciò che vi può accadere, dal regno di Tir na nOg, regno dell’utopia e dell’eterna giovinezza, ad immagini e situazioni fantastiche, come ad esempio un bollitore dall’aspetto di una capra…insomma qualcosa che forse solo Esopo avrebbe potuto immaginare. È comunque un testo molto difficile da rendere in una lingua diversa dal gaelico, perché le immagini che descrive hanno un forte legame con il suono delle parole.”

Progetti futuri?

“Semplicemente continuare a scrivere nuove canzoni ed esplorare nuove tematiche. Ho pubblicato questo disco: aspetto solo un qualche riscontro, qualcuno che mi dica: “Hai fatto bene, vai avanti…”. Per me è stato importante comporre questi brani e inciderli, e se qualcuno viene a farmi i complimenti, ebbene, sono felice così.”

L’intervista con Tony Reidy e l’ascolto di questo suo The Coldest Day In Winter ci conferma la sensazione di trovarci di fronte a un grande poeta, ancor prima che cantautore, una persona di grande sensibilità, magari discretamente introverso, ma saldamente ancorato a solidi principi morali, un artigiano della parola legato al culto della tradizione e della terra. Prendiamo in considerazione, ad esempio il testo di “Like A Wild Thing”, uno dei due brani presenti sulla compilation di questo mese: se “The Country Man” celebra la bellezza della vita agreste, subito dopo “Like A Wild Thing” si confronta con l’amara realtà di un contadino che non ce la fa più, che capisce che ormai non c’è spazio per la sua dura, splendida attività. Per sopravvivere deve andare a procurarsi un “lavoro”: andrà a passare gran parte della sua giornata davanti a un computer, e questa è la sua sconfitta.

Un disco forse non facile, The Coldest Day In Winter, ma assolutamente intenso, e splendido come un tramonto nell’affascinante scenario della campagna irlandese.

The Coldest Day In Winter può essere ordinato direttamente presso l’indirizzo di posta elettronica di Tony Reidy: treidy@eircom.net In alternativa ci si può rivolgere alla Ossian Distribution: +353 214502040.

 

                                                                                                          Testo di Alfredo De Pietra

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