Steve Baughman
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Steve Baughman

 

Steve Baughman: The Angels' Portion

Durante il lungo processo di invecchiamento del whisky, esso riposa in botti di quercia per un periodo che va dai 12 ai 21 anni. Gli unici ad avere accesso a queste botti in questo periodo di tempo sono gli angeli, mandati dal cielo col difficile compito di trasformare un semplice miscuglio di malto ed acqua nella gloriosa Uisgebeatha, l’Aqua della Vita. Una volta condotto a termine il loro lavoro, gli angeli si allontanano. Gli addetti alla cantina ritornano ad assaggiare il whisky così ottenuto, e come sempre osservano che la botte, del tutto piena all’inizio dell’invecchiamento, lo è ora solo in parte: “evaporazione” direbbero i più…ma anche questa volta gli addetti alla cantina sorridono, pensando alla vera origine di questo fenomeno. In realtà anche gli angeli amano, nelle pause del loro lavoro, farsi un goccetto di tanto in tanto: è la Angels’ portion, che manca…Alla stessa maniera, la mia speranza è che nel corso dei prossimi 12 (o 21) anni, un simile processo di fermentazione musicale riesca a conferire alla mia musica una ricchezza degna del titolo di questo album.” 

E’ questa la singolare, poetica introduzione a quest’ultimo, splendido album di Steve Baughman, The Angels’ Portion, di cui è possibile ascoltare nel CD allegato a Keltika di questo mese la medley Going Bach to Ireland. Il sottotitolo di The Angels’ Portion è “Celtic, Apalachian, and Swedish Guitar Instrumentals”, ed in effetti il CD comprende, oltre (ovviamente) ad una ricca scelta di brani irlandesi, scozzesi e bretoni anche una contraddanza di ispirazione francese, un paio di tunes di musica tradizionale svedese per arpa cromatica, ed addirittura un personale contributo dello stesso Baughman alla cosiddetta, emergente, “Celto-Hawaiian music”.

Steve proviene dall’esperienza del suo precedente CD “Drop of the Pure”, risalente ormai a quasi cinque anni fa, album che ha avuto il merito di far conoscere ed apprezzare a livello mondiale le sue qualità musicali. Questo The Angels’ Portion si discosta discretamente, nell’impostazione, dall’album precedente, sia per la scelta del materiale che lo compone, sia perché questa volta Baughman “si concentra” maggiormente sulla chitarra, cercando tuttavia di sfruttare al massimo le capacità espressive del proprio strumento: non è quindi un disco esclusivamente “per chitarristi”, perché Steve Baughman appartiene per sua fortuna a quella ristretta schiera di musicisti-chitarristi capaci di “guardare” alla propria musica non esclusivamente dal punto di vista dello strumentista, ma anzi con una buona dose di inventiva e fantasia musicale. Così, tornando ad esempio al brano presente nel CD di Keltika di questo mese, Steve ci racconta che questa medley inizia con un riadattamento per chitarra di un concerto per violino di J.S. Bach (da qui il gioco di parole del titolo Going Bach to Ireland) per poi passare ad una jig tra le più popolari (Rose among the Heather) e terminare con una propria composizione, Goat Hugging a Tree.

Nel ristretto “giro” dei Celtic fingerstyle guitarists Steve Baughman riveste oggi un ruolo di primo piano. Il chitarrista, nativo dei Caraibi, ma ormai da molti anni residente a San Francisco, ha al suo attivo un’intensa attività discografica,  non disgiunta da un’altrettanto intensa attività di didattica strumentale: Steve ha infatti pubblicato diversi libri dedicati alla Celtic guitar pubblicati dalla Mel Bay Publications, oltre ad un paio di video didattici; è infine autore di un gran numero di articoli a sfondo tecnico pubblicati su riviste come Fingerstyle Guitar Magazine ed Acoustic Guitar Magazine.

Steve Baughman è stato indicato dall’autorevole Dirty Linen Magazine come uno dei migliori Celtic guitarists in assoluto per la scelta del materiale discografico, per la sonorità ricca e calda (elemento spesso difficile da ottenere con la chitarra con le corde in metallo), per la forte personalità musicale e per la tecnica sopraffina. Se tuttavia si dovesse scegliere l’elemento stilisticamente più importante di questo chitarrista, probabilmente si opterebbe per il meditato lirismo che traspare dalla sua musica; nei brani lenti la “presenza” melodica è sempre molto forte, e le vivaci dance tunes sono sempre rese dalla sua chitarra con verve e spirito.

Dal punto di vista strumentale si può parlare di Steve Baughman come di un innovatore: la tecnica del “frailing” (ispirata alle modalità esecutive tipiche del banjo), quella che Steve chiama “melodic expression”, o anche “non-linear playing” (tecnica chitarristica con cui si tende, nell’esecuzione di una linea melodica, a non usare due volte consecutive la stessa corda) ma soprattutto, nell’ambito delle accordature aperte, l’adozione della cosiddetta “Orkney tuning” a scapito della abituale accordatura “DADGAD”, sono tra le principali caratteristiche proprie del chitarrista di Trinidad, che tende in generale a rifuggire le usuali alternate tunings proprie della Celtic guitar.

Steve ci ha rilasciato questa intervista, in cui ci parla dei suoi inizi e della sua filosofia musicale:

Sono nato nell’isola caraibica di Trinidad, ed il mio primo mito musicale era Harry Belafonte. Probabilmente il mio amore per la musica folk è nato proprio lì. C’era molta passione per il canto e per la musica nella mia famiglia, ed all’età di dieci anni cominciai a prendere le prime lezioni di chitarra da un chitarrista che proveniva dalla North Carolina. La chitarra è così diventata parte integrante della mia vita, e praticamente si può dire che mi accompagni quotidianamente sin da quando ero ragazzino...e sono già passati più di trenta anni da allora!

Cosa ti ha spinto verso la musica celtica?

Il primo chitarrista che ho apprezzato veramente era il grande Doc Watson. Agli inizi ho suonato per molti anni anche il banjo, musica bluegrass. Ora, sia il bluegrass che la musica tradizionale americana dei monti Appalachi sono profondamente influenzati dalla musica celtica. Quando mi trasferii negli Stati Uniti capitò che avessi una ragazza che una volta andò in vacanza in Scozia, più precisamente nelle isole Orcadi (Orkney Islands: da qui il nome della cosiddetta Orkney tuning – n.d.r.). Questa ragazza ritornò in America con alcuni dischi di musica scozzese ed irlandese: all’inizio trovavo questa musica in qualche modo “strana”, ma comunque affascinante, e ben presto rimasi completamente “preso” dalla musica celtica. Tutto ciò accadeva nel 1985. Da allora in poi ho sempre suonato con grande piacere questa musica”. 

La musica irlandese è senza dubbio la forma più diffusa di musica tradizionale, a livello planetario. Secondo te cosa c’è di così particolare in questa musica, che possa spiegarne il successo su scala mondiale?

Difficile dare una risposta certa…secondo me però è la combinazione di due elementi che rende la musica irlandese così unica, così affascinante. Innanzitutto l’Irlanda è un’isola, e per questo stesso fatto la sua popolazione è andata incontro nel tempo ad in certo “fisiologico” isolamento; di conseguenza la musica ha subìto in scarsa misura l’influenza del mondo esterno, ed ha avuto molto tempo per…fermentare, un pò come il formaggio, quando lo si fa stagionare per molto tempo nell’olio e nell’aglio…Caratteristiche simili le puoi osservare in altre isole con forti tradizioni musicali, come Bali, il Madagascar e le isole polinesiane, ma anche a Trinidad, dove sono nato.Il secondo elemento deriva dal fatto che gli irlandesi hanno dovuto superare terribili prove nel corso dei secoli. Il dolore e la sofferenza conseguenti hanno conferito alla musica irlandese uno struggente senso di malinconia; e laddove la musica è allegra, come nel caso delle jigs e dei reels, lo è in modo particolare, proprio perché gli irlandesi hanno purtroppo imparato nel tempo che i momenti di gioia non possono essere dati per scontati, e di conseguenza quando gioiscono, lo fanno in maniera ancora maggiore.Mi rendo conto tuttavia che la mia è solo una teoria che non si può adattare a tante altre situazioni nel mondo: so bene che esistono altre regioni che non sono isole, e la cui popolazione non ha una storia di particolare sofferenza, ma che producono ugualmente una musica splendida”.

La musica celtica per chitarra si identifica quasi sempre con l’uso delle accordature aperte, e del resto anche tu fai largo uso di open tunings: so che però hai lamentato l’uso indiscriminato delle accordature aperte…

Sì, una delle cose che non sopporto è l’abuso delle accordature aperte: il fatto è che è tremendamente facile comporre qualcosa in open tuning! E poiché è così semplice, molti pseudo-musicisti ritengono in questa maniera di essere in grado di comporre qualcosa: tutto quello che fanno è spostare a casaccio le dita sulla tastiera fino a trovare un qualche riff orecchiabile. Quella per loro è una “composizione”. Proprio come una scimmia davanti ad una macchina da scrivere: è possibile che riesca a scrivere una poesia, ma anche in questa remota ipotesi sarebbe comunque una poesia veramente scadente! Questo è quello che secondo me succede con buona parte della musica New Age per chitarra: personalmente la trovo priva di qualsiasi sostanza. Non ha anima, è solo egocentrismo e casualità. E’ questo il lato negativo delle open tunings: certo, io faccio largo uso delle accordature aperte, e così pure tutti i miei chitarristi preferiti, ma secondo me sono come un medicinale molto potente: utilissime, ma da usare con molta attenzione…”.

Chitarristi come Davey Graham, John Renbourn, Martin Carthy possono essere considerati i padri della musica celtica per chitarra. Si può ragionevolmente affermare che tu appartenga ad una “seconda generazione” di Celtic guitarists: ci sono differenze stilistiche con la prima generazione?

Tornando alla domanda di prima, hai appena citato tre chitarristi che costituiscono un ottimo esempio di un uso maturo delle open tunings, tunings che diventano un mezzo per dare vita e voce alla musica che questi chitarristi hanno in mente. Considera però che le loro caratteristiche stilistiche sono molto differenti l’uno dall’altro: se dovessi scegliere uno dei tre, sceglierei di certo Martin Carthy. E’ autore di uno stile chitarristico assolutamente unico, che gli consente di suonare le dance tunes con uno spirito perfettamente in linea con la tradizione.Quanto a noi della “seconda generazione”, sarebbe auspicabile lo sforzo di esplorare nuove tecniche chitarristiche, per consentire alla chitarra di “decollare” finalmente nell’ambito della musica celtica. Purtroppo devo invece ammettere che ciò accade di rado: la nostra attenzione si concentra sull’esecuzione dei singoli brani più che sul modo, sull’espressività con cui noi suoniamo questa musica. Dal momento che la chitarra è ancora uno strumento relativamente “nuovo” nella musica celtica, potremmo in questo senso considerarci dei pionieri. E sarebbe bello che noi mantenessimo sempre lo spirito dei pionieri”.

Nell’ambito della risposta precedente, ritieni di aver contribuito personalmente in qualche maniera allo sviluppo della Celtic guitar?

La chitarra è ancora oggi una novità nel mondo della musica celtica, e questo significa potere, e dovere, sperimentare con nuove accordature e nuove tecniche della mano destra. La Orkney tuning (CGDGCD) è qualcosa che ho scoperto semplicemente sperimentando. Ho saputo in seguito che anche altri chitarristi hanno adottato questa accordatura, come ad esempio Martin Simpson e Tony McManus: è un’ottima accordatura per suonare musica celtica, sia per le parti solistiche che per accompagnare altri strumenti, o anche la voce. Ho anche cercato di sviluppare una tecnica della mano destra denominata “frailing”, mutuata dalla musica tradizionale degli Appalachi per banjo. Attualmente c’è molto interesse in America nei confronti di questa tecnica, spero che presto anche in Italia i chitarristi scoprano il frailing… Recentemente, in collaborazione con Art Edelstein, ho anche messo su un sito web espressamente dedicato al frailing; il suo indirizzo è: http://www.frailing.com/

C’è qualcosa che ti piace sottolineare a proposito del tuo stile musicale?

Piuttosto che alla velocità, punto al sentimento: preferisco che la gente che assiste ad un mio concerto si commuova, piuttosto che rimanere stupita dalla tecnica: la velocità può sbalordire, ma non colpisce emotivamente il pubblico. C’è tanta bellezza nella musica tradizionale, e quello che cerco di fare è usare la chitarra per dare voce a questa bellezza”. 

In Italia il tuo ultimo CD  del 1996, “Drop of the Pure”, ha avuto un buon successo di pubblico e di critica. Parlaci di questo tuo ultimo CD, “The Angels’ Portion”.

I titoli dei miei album hanno sempre, chissà perché, qualcosa a che vedere con il whisky: Drop of the Pure ha un ovvio riferimento allo Scotch, mentre il titolo The Angels’ Portion si riferisce a quella parte di whisky che evapora nel periodo di invecchiamento che va dai dodici ai ventuno anni: la leggenda vuole che siano gli angeli a bere questa parte mancante. A parte questo, sul precedente Drop of the Pure erano presenti molti strumenti, mentre quest’ultimo The Angels’ Portion  è composto solo di brani per chitarra, al massimo in duo con Danny Carnahan al cittern o con David Surrette alla seconda chitarra. E’ anche un disco con un taglio più “internazionale”, dal momento che comprende anche brani di musica proveniente dalla Svezia, dalla Bretagna, dagli Appalachi e dalle isole Hawaii. Comunque lo spirito complessivo dell’album è nettamente nel segno della musica celtica. Ho impiegato due anni a registrarlo, ma sono molto soddisfatto del risultato”. 

The Angels’ Portion è pubblicato in America dalla casa discografica Solid Air Records. Per ulteriori dettagli è disponibile il sito web www.SolidAirRecords.com ed il sito personale di Steve Baughman: www.CelticGuitar.com

Il CD The Angels’ Portion può essere attualmente ordinato tramite web all’indirizzo www.AcousticMusicResource.com al prezzo di $15.00 più spese di spedizione.

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Steve Baughman: Discografia – Libri – Video

 

Dischi:

Steve Baughman and Valerie Price – The Owners Daughter (CeltoBeat Records)

Steve Baughman, Laura Risk and Athena Tergis – Journey Begun (Culbernie Records)

Steve Baughman – A Drop of the Pure (Tall Tree Records)

Steve Baughman – The Angels’ Portion (Solid Air Records)

Theo Paige – Theo Paige (Aniar Records)

Steve Baughman – The Angels’ Portion (Solid Air Records)

AA. VV. – Highlights of the Acoustic Guitar, Volume 2 (Acoustic Music Records)

AA. VV. – Celtic Fingerstyle Guitar, Volumes 1 & 2 (Stefan Grossman’s Guitar Workshop)

 

Video:

Steve Baughman – Artist Video Series (Mel Bay Publications)

AA. VV. – The World of Celtic Fingerstyle Guitar, Volumes 1 & 2 /Stefan Grossman’s Guitar Workshop)

 

Libri:

Steve Baughman’s Celtic Guitar Method – Transcriptions from A Drop of the Pure (Mel Bay Publications)

Ramble to Cashel – Celtic Fingerstyle Guitar Solos (Mel Bay Publications)

Steve Baughman’s Celtic Fingerstyle Guitar Solos (Mel Bay Publications)

An Open Tunings Christmas (Mel Bay Publications)

Frailing the Guitar (Mel Bay Publications) 

                                                                                  Testo ed intervista di Alfredo De Pietra

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Steve Baughman – The Almost Whisky Waltz

Non ditegli che fa musica per chitarra!

Tra whisky, audaci e innovative tecniche strumentali, ironia, citazioni della Suprema Corte statunitense e brani fantasma di ispirazione zen (???), il nuovo capitolo artistico del chitarrista di San Francisco si candida a diventare uno dei migliori dischi per chitarra dell’anno.

Intervista di Alfredo De Pietra

Conosciamo Steve Baughman – crediamo abbastanza bene – per via telematica, grazie a un fitto scambio di email che va avanti ormai da anni. Di lui ci siamo fatti un’idea ben precisa: una persona dotata di un grande sense of humor, un’intelligenza vivida e ricca d’ironia, una grande sensibilità artistica (ma non solo). Un uomo schietto e sincero, soprattutto. Così, quando qualche mese fa ci disse che il suo ultimo album, l’appena pubblicato The Almost Whisky Waltz, era di gran lunga il suo migliore in assoluto, non abbiamo fatto molta fatica a credergli. In fondo – tiene a sottolineare il chitarrista americano – sono trascorsi ben quattro anni dal suo album precedente, il pur ottimo The Angel Portion, quattro anni di studio, e…già, comunque qualcosa in comune con la sua precedente produzione salta subito all’occhio, ancor prima che all’ascolto: anche questa volta il titolo dall’album fa riferimento al whisky!

Steve, in un modo o nell’altro il whisky è una costante nella sua produzione discografica…anche questa volta il titolo del suo ultimo album fa riferimento all’“acqua della vite”…

“Sì, ma attenzione! Io prediligo il whisky “single malt”, non quello che va per la maggiore in America, e che tra l’altro si scrive in maniera differente, whiskey, con la “e”. Ecco, io preferisco lo scozzese, quello senza la “e”. È bellissimo berne un po’ insieme quando si fa musica. È uno “spirito” in tutti i sensi, non solo dal punto di vista alcoolico, e si sposa perfettamente con la mia filosofia, secondo cui la musica deve essere dotata di un “spirito”, per potersi considerare viva.”

Sì, ma dal gioioso spirito del whisky si passa, nel sottotitolo dell’album, a un enigmatico “Penombre ed emanazioni di una chitarra acustica”…

“Dal momento che sono un avvocato, sì, è una frase che indirettamente ha a che fare con la giustizia americana: c’è un celebre pronunciamento della corte suprema statunitense, che sostiene che anche se il diritto alla privacy non è citato direttamente nella Costituzione degli Stati Uniti, esso può essere ritrovato nelle “penombre e nelle emanazioni” della Costituzione stessa. È una decisione che condivido, ma mi piacciono anche i vocaboli che sono stati adoperati in questa circostanza. Tornando alla musica, io non considero ciò che suono “musica per chitarra”, ma musica eseguita alla chitarra. Può sembrare una sottigliezza ma non lo è. Come affermo anche nelle note di copertina, troppi chitarristi dimenticano di essere innanzitutto musicisti, e solo in un secondo tempo chitarristi. Così io uso la mia chitarra non per fare musica per chitarra, ma per dare una nuova voce alla musica dei monti Appalachi, a quella bretone, alla francese, all’irlandese, scozzese e hawayiana. È questa la musica che si nasconde nelle “penombre e nelle emanazioni” della mia chitarra. Il mio mestiere è portarla alla luce e condividerla con il mondo intero.”

C’è una importante novità, in questo The Almost Whisky Waltz…lei, il creatore e fautore assoluto dell’accordatura Orkney (CGDGCD, ovvero Do-Sol-Do-Sol-Do-Re dalla sesta corda alla prima, n.d.r.), si avvicina in uno dei brani alla “quasi classica” DADGAD, e per giunta con ottimi risultati…

“Oh, ma guardi che io non sono mai stato capace di suonare in DADGAD! E se proprio vuole saperlo, è un’accordatura che non mi piace, anche se può essere piacevole ascoltare altri chitarristi che la adoperano. Questa versione di “Cluck Old Hen” cui lei fa riferimento è venuta fuori dalle mie dita un giorno in cui avevo tra le mani la chitarra di un amico, che guarda caso era accordata proprio in DADGAD. Mi piacque, e così in seguito la registrai.”

Andiamo alle tracce: ufficiosamente sono quindici, ma alla fine di esse ci sono ben sei bonus track, credo si tratti di un record assoluto…

“Eh, ma per capire il motivo di tutto ciò bisogna ascoltare attentamente il silenzio che c’è tra le tracce del disco, anche se ciò richiede tempo e può risultare noioso! La consideri…ecco, sì, la consideri una meditazione zen, e alla fine capirà!”

Lasciando perdere lo zen, c’è un trait d’union che accomuna la sua produzione musicale? E cosa c’è di nuovo, dal suo punto di vista, in The Almost Whisky Waltz?

“È quello che dicevo prima: uso il mio strumento per dare una nuova voce a una musica tradizionale concepita originariamente per la cornamusa, o per l’arpa, il fiddle, il banjo, la bombarda, il gu-zheng, la voce…In nessuno dei miei album ho mai suonato musica per chitarra, ecco il trait d’union. Ciò detto, sì, c’è qualcosa di veramente nuovo in The Almost Whisky Waltz, e ha a che fare con la tecnica chitarristica: in quasi la metà dei brani uso la cosiddetta “high five tuning”. In sostanza sostituisco la quinta corda, ovvero il La basso, con un Mi cantino. In questa maniera ottengo una sorta di “basso continuo” che in realtà è un mix di basso e di acuti. Ne scaturisce un suono ricco di fascino e di mistero, una specie di via di mezzo tra la cornamusa scozzese e il banjo, una sonorità che va benissimo anche per la musica new age. A parte questo, ci sono anche cinque brani eseguiti con la tecnica di approccio tipica del banjo riadattata per la chitarra. Si direbbe che purtroppo siano pochissimi i chitarristi che hanno scoperto questo semplice, innovativo e interessante modo di suonare la chitarra: per quanto ne so, al mondo ci sono solo sei CD con brani eseguiti con questa tecnica, la cosiddetta clawhammer guitar. So però che il grande chitarrista italiano Peppino D’Agostino è attualmente molto interessato a questo nuovo approccio strumentale. Chissà che non siano proprio gli italiani a portare avanti questo discorso…”

L’intervista è a questo punto terminata, ma Baughman ci tiene ad aggiungere qualcosa che non può che inorgoglirci:

“Un’ultima cosa. Sono veramente contento di condividere ancora una volta la mia musica e le mie riflessioni sulla chitarra con i lettori di “Keltika”. Considero un onore essere ospite di una pubblicazione così importante e ben fatta.”

The Almost Whisky Waltz, che presntiamo sul nostro sampler di questo mese con una versione della celeberrima “Hard Times”, può essere acquistato online presso CD Baby, al seguente URL: http://cdbaby.com/cd/baughman

È un disco affascinante, in cui Baughman (http://www.celticguitar.com/) attinge largamente, e da gran maestro, alla tradizione dei Paesi di origine celtica con una serie di brani bretoni, irlandesi e scozzesi, ma con diverse (per altro interessantissime) digressioni nella musica hawayiana e nella classica (il “Preludio” di Robert deVisée), e con il divertentissimo finale “a tutto campo” dei ben sei brani finali senza titolo.

Si diceva all’inizio del senso dello humor del chitarrista di San Francisco, che tra l’altro è anche un avvocato…Volete un esempio? Bene, tutti voi avrete notato l’arcigno, severo monito, presente su qualsiasi CD, relativo al fatto che copiare il disco costituisce un reato, perseguibile ai sensi di legge ecc. ecc. Bene, volete sapere cosa ha scritto Baughman sulla copertina di The Almost Whisky Waltz?

La copia non autorizzata di questo disco porterà una tremenda sfiga nelle vite successive”. Il massimo, per un avvocato, non vi pare?

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Steve Baughman & Robin Bullock – Celtic Guitar Summit

Testo di Alfredo De Pietra

Preziosi ceselli sulla sei corde

Uno dei rari esempi di duetto chitarristico in chiave Celtic, e anche una delle migliori produzioni per chitarra che ci sia capitato di recensire: Celtic Guitar Summit, uno dei dischi dell’anno anche per “Acoustic Guitar Magazine”. La conferma di due grandi.

Ha ragione Art Edelstein, redattore delle note di copertina di questo eccellente Celtic Guitar Summit, quando afferma che, per cause francamente incomprensibili, gli appassionati di musica celtica hanno avuto pochissime occasioni di ascoltare Celtic music interpretata da un duo di chitarre: allo strumento a sei corde, quando è presente, spesso compete il ruolo di comprimario, in varia misura messo in secondo piano da parti vocali o da altri strumenti solisti.

Anche per questo motivo non si può che dare il benvenuto a questo disco, opera di due grandi della tastiera come Steve Baughman e Robin Bullock. Ma non vorremmo che Celtic Guitar Summit fosse considerato una specie di curiosità strumentale: si tratta infatti di un disco splendido, di un affascinante, continuo gioco di arpeggi e contrappunto, di un complesso lavoro di cesello di sbalorditiva precisione.

La scelta del repertorio, poi, rivela ancora altre sorprese: la premiata ditta Baughman & Bullock ha deciso di evitare i luoghi comuni chitarristici di questa musica: certo, le composizioni di O’Carolan non possono mancare (e tra l’altro è proprio una di queste – “Hewlett” – che offriamo ai nostri lettori questo mese), ma – fa notare ancora Edelstein – nel caso di brani come “Lady Blayney” e “Captain Sudley” si tratta di registrazioni finora inedite per chitarra; e l’aggiunta di una sconosciuta tune gallese, originariamente per cornamusa, e di un valzer bretone confermano la curiosità e la voglia di nuovo dei due chitarristi americani.

I pochi standard inclusi in Celtic Guitar Summit (e il già citato “Hewlett” è tra questi) acquistano infine tra le dita dei due interpreti una nuova linfa vitale, ne emergono in una veste nuova, accattivante e moderna.

D’altro canto stiamo parlando di due tra i principali chitarristi acustici in assoluto, e il prodotto della loro unione artistica non poteva che essere all’altezza della loro fama: Steve Baughman è un fingerpicker noto a livello mondiale per la bellezza degli arrangiamenti per chitarra di musica celtica, originariamente per fiddle e arpa. Ha anche coniato una particolare accordatura aperta (la cosiddetta “Orkney tuning”, in cui le corde vengono accordate, dalla più bassa alla più acuta, Do-Sol-Re-Sol-Do-Re) che lo contraddistingue in modo particolare tra i Celtic guitarist. La sua musica è caratterizzata da una forte presenza melodica, e ha al suo attivo altri tre CD solistici e quattro libri di tecnica chitarristica applicata alla musica celtica.

Robin Bullock, americano di Washington, oltre che chitarrista è anche valente compositore e poli-strumentista (oltre alla chitarra, non hanno segreti per lui anche il cittern, il mandolino, il basso e il piano). Membro formatore dell’innovativo trio acustico di world music Helicon, oggi Bullock vive nel paesino francese di Tripleval, situato lungo la Senna a nord-ovest di Parigi.

A proposito di “Hewlett”, che potrete ascoltare sul CD di “Keltika” di questo mese, ecco quanto affermano le spiritose note di copertina di Celtic Guitar Summit: “In realtà ci siamo lasciati un po’ andare con l’improvvisazione a metà di questo classico di O’Carolan…l’idea originariamente era di Steve, ma Robin proprio immediatamente prima della registrazione aveva ascoltato molta musica dei Grateful Dead…”.

I siti web di Baughman e Bullock sono rispettivamente www.celticguitar.com e www.robinbullock.com.

Celtic Guitar Summit è pubblicato in America da Solid Air Records. Per ulteriori dettagli è disponibile il sito web www.SolidAirRecords.com; l’album può essere acquistato online presso il sito web http://www.acousticmusicresource.com/

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