Sharon Shannon
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Sharon Shannon

Sharon Shannon: The Diamond Mountain Sessions 

Era il 1992, e la trasmissione televisiva The Late Late Show, il programma televisivo più popolare d’Irlanda, dedicava un’intera puntata alla musica della giovane (all’epoca 24 anni) accordionist Sharon Shannon. Si trattava di un onore sino ad allora riservato a ben pochi, notissimi, musicisti irlandesi, per la precisione i Chieftains, i Dubliners e Christy Moore. Gli spettatori e lo stesso conduttore del programma, Gay Byrne, rimasero quella sera colpiti dall’entusiasmo di quella musicista, felice e perfettamente a suo agio mentre suonava, ma schiva e riservata quando si trattava di parlare della sua musica.

Sono ormai trascorsi dieci anni da quella sera, e Sharon Shannon è oggi considerata un personaggio fondamentale della musica tradizionale irlandese di questi ultimi anni, sia per l’eclettismo delle sue scelte musicali che per il virtuosismo della tecnica strumentale.

Sharon è nata nel 1968 nel piccolo villaggio di Ruan, vicino Corrofin, nella contea di Clare. Entrambi i suoi genitori erano set dancer, e tutti i loro figli hanno nel tempo mostrato forti doti musicali: oltre a Sharon (che oltre all’accordion suona splendidamente anche il fiddle), la sorella Mary è banjoista e mandolinista, l’altra sorella Majella suona il fiddle e il fratello Garry è il flautista della Kilfenora Ceili Band.

Gli esordi di Sharon, cosa del resto comune alla maggior parte degli adolescenti irlandesi appassionati di musica tradizionale, furono al tin whistle, ma all’età di dieci anni il passaggio all’accordion e al fiddle era già un fatto compiuto. Il suo maestro di violino era Frank Custy, fiddler di Ennis, che in seguito ha ricordato di Sharon il grande talento naturale: “Fin dal primo momento che la sentii suonare, mi resi conto che Sharon aveva il “golden touch”!”

La prima tournee americana di Sharon, assieme al gruppo Disert Tola, risale al 1982, all’età di 14 anni (!). In seguito la Shannon frequentò per breve tempo e senza molto successo lo University College di Cork: in realtà, invece di studiare, trascorreva la maggior parte del tempo approfondendo le tecniche violinistiche. Sempre in quel periodo, Sharon si esibì con la Druid Theatre Company nell’opera teatrale The Hostage di Brendan Behan nell’allestimento di Jim Sheridan.

Nel 1989 il suonatore di bodhrán Johnny “Ringo” McDonagh, che nel frattempo aveva lasciato i De Danann, formò il gruppo Arcady, comprendente, oltre Sharon Shannon, anche Frances Black, Sean Keane e Cathal Hayden. Non esistono purtroppo testimonianze registrate di quella esperienza.

Sempre in quel periodo Mike Scott dei Waterboys (gruppo all’epoca sulla cresta dell’onda) ascoltando un concerto degli Arcady rimase colpito dalla tecnica e dalla presenza scenica della giovane accordionist, al punto da chiederle di unirsi ai Waterboys: fu quello per Sharon il primo contatto con i grandi festival e soprattutto con il grande pubblico. Con i Waterboys Sharon Shannon inciderà nel 1990 il notissimo album Room to Roam.

L’animo irrequieto della Shannon inizia però a non accontentarsi della musica suonata “insieme a” questo o quel gruppo: nel 1991 viene pubblicato il suo primo album solistico, intitolato semplicemente Sharon Shannon: pur trattandosi di un’opera prima, il disco ebbe un grande successo, anche in considerazione del valore dei musicisti che vi parteciparono: Donal Lunny, Adam Clayton degli U2, Mike Scott e Steve Wickham dei Waterboys. La musica dell’album comprendeva, in modo alquanto inatteso, anche alcuni brani di ispirazione cajun, franco-canadese e portoghese.

L’anno successivo Sharon partecipa al progetto che passerà alla storia come il disco più venduto in assoluto in Irlanda, A Woman’s Heart, assieme a Mary e Frances Black, Dolores Keane, Maura O’Connell ed Eleanor McEvoy.

Con il successivo Out The Gap (siamo nel 1995) la Shannon si sposta ancora più in avanti verso sonorità molto vicine al folk-rock, tendenza ancora più accentuata in Each Little Thing (1997), in cui è presente anche una batteria elettronica: quasi a mettere le mani avanti nei confronti della critica, Sharon in quell’occasione tenne a precisare che ascoltando il suo accordion si poteva notare un approccio musicale del tutto tradizionale, e che solo la ritmica sottostante era abbastanza “innovativa”!

Oggi il gruppo di Sharon Shannon sono i Woodchoppers, comprendenti la sorella di Sharon, Mary, al fiddle, banjo e mandolino, Liz Kane e Yvonne Kane al fiddle, Jim Murray alla chitarra, Ronnie O’Flynn al basso e Lloyd Byrne alla batteria: è un gruppo che dal vivo sa risultare entusiasmante per energia e vigore, come testimoniato dal recentissimo Live In Galway, disco nato quasi per caso, eccellente testimonianza dell’incredibile “drive” dell’ancor giovane accordionist della contea di Clare. La considerazione di cui Sharon Shannon gode attualmente in Irlanda è testimoniata dal recentissimo (dicembre 2001) premio a lei assegnato dall’Irish Music Magazine quale “Best Traditional Female Artist” dell’anno.

La poliedricità della Shannon è ulteriormente dimostrata dalla sua presenza musicale in alcune colonne sonore (This Is My Father, The Brothers McMullen), nel gruppo Coolfinn con Donal Lunny e Brian McSharry, e un po’ ovunque, nelle frequenti session musicali nelle contee di Galway e Clare.

Prescindendo dagli aspetti musicali, Sharon è una ragazza con gli hobby dell’antiquariato e dell’uncinetto, con la passione per il giardinaggio, nuoto, equitazione…ma se provate a chiederle qual è il vero amore della sua vita, senza alcun dubbio risponderà…la musica!

Torniamo ora indietro di un paio di anni: nel 2000 viene pubblicato dalla Grapevine il CD The Diamond Mountain Sessions, a firma Sharon Shannon & Friends: in occasione di questo progetto Sharon reclutò un buon numero di eccellenti artisti, li riunì nell’Old Monastery Hostel di Galway, e  diede il via alle registrazioni: ancora una volta gli strumenti tradizionali sono affiancati dal sax, dall’organo Hammond e dalla batteria. Metà dei brani è cantata da singer del calibro di Jackson Browne, Dessie O’Halloran, Steve Earle e John Hoban. Gli strumentali, quasi tutti composti dalla stessa Shannon, si confermano i veri punti di forza del disco, comunque ricco di spunti interessanti e momenti musicali gradevolissimi. Sul CD di Keltika di questo mese sono presenti due brani tratti da The Diamond Mountain Sessions: “A Costa De Galicia” vede all’opera il notissimo piper galiziano Carlos Nunez in un entusiasmante, intricato dialogo musicale con l’accordion di Sharon, mentre la più tradizionale “The Hounds Of Letterfrack” è una suite di tune eseguita dai Woodchoppers, per l’occasione supportati dal piano di Triona Ni Dhomhnaill.

Abbiamo posto a Sharon Shannon alcune domande sulla sua musica e sul CD da cui sono tratte le tracce presenti sul CD-compilation di Keltika:

In considerazione  della sua giovane età, lei è universalmente apprezzata come uno dei più interessanti musicisti irlandesi della cosiddetta “new generation”. Esistono secondo lei reali differenze con i musicisti irlandesi dei decenni passati?

“E’ probabile che ci siano delle differenze, ma credo sostanzialmente che i musicisti irlandesi di oggi in fondo non facciano altro che portare avanti quella musica tradizionale splendidamente riportata in auge dai grandi musicisti degli anni ’70 e ’80. Sì, probabilmente ci sarà un cambiamento nell’approccio alla musica, ma in fondo è la musica stessa che si evolve in continuazione…”

Sempre in tema di musica tradizionale irlandese, si direbbe che una delle sue tendenze più importanti sia una grande apertura nei confronti della musica etnica di varie regioni del mondo. Altri sembra prediligano un abbondante uso dell’elettronica…

“Sì, in effetti è così. Ritengo che l’avvento dei grandi musical come Riverdance e Lord Of The Dance abbia reso necessarie alcune nette variazioni stilistiche per consentire alla musica tradizionale irlandese un - altrimenti difficile - adattamento ai grandi palcoscenici e alle crescenti masse di pubblico interessate a questo fenomeno. In fondo anche l’unione con alcuni aspetti del rock si è resa necessaria per lo stesso motivo. A sua volta Riverdance ha avuto anche il merito di esplorare l’integrazione con la musica balcanica e dell’est europeo. È però da tenere a mente che musicisti come Donal Lunny e Andy Irvine proponevano questa fusione già da molti anni, e con risultati splendidi. Quanto all’elettronica, penso che sia utile soprattutto in sala di registrazione: apparecchi come il “Pro-Tools” sono oggi preziosi, quasi insostituibili in ogni studio che si rispetti”.

E la sua posizione personale al riguardo?

“Personalmente non ho intenzione di stravolgere la musica irlandese, mi sento molto legata alle vecchie tune della mia terra. La mia missione, se di missione si può parlare, è semplicemente di presentare, divulgare questa splendida musica al resto del mondo. Proviamo ad esempio a considerare il pubblico giapponese che viene ai miei concerti: mi rendo conto, ovviamente, di non suonare in modo “puristico”, ma è pur vero che in questo modo quello stesso pubblico riesce ad avvicinarsi al mio modo di suonare. Quanti giapponesi, italiani, tedeschi, e così via, si avvicinerebbero altrimenti alla musica irlandese suonata in modo realmente tradizionale?”

Le sue principali influenze artistiche?

“Due nomi sopra tutti: il grande fiddler Tommy Peoples, ed il musicista della contea di Clare Miko Russell”.

E la musica che preferisce ascoltare?

“Ascolto di tutto…John Prine, Steve Earle, Bob Marley…attualmente ascolto soprattutto gli ultimi CD di Bob Dylan, Love And Theft, e di Natalie Merchants, Motherland”.

Andiamo ora a questo CD, The Diamond Mountain Sessions:  ascoltandolo si avverte chiaramente un grande senso di gioia e di relax. Si direbbe che vi siate veramente divertiti, durante queste registrazioni. Qual è la storia di questo album?

The Diamond Mountain Sessions è stato registrato in una splendida situazione ambientale, a Letterfrack, nel Connemara, nella parte occidentale dell’Irlanda: abbiamo trasformato un vecchio monastero in uno studio di registrazione, ed è stato bellissimo suonare e registrare in quella situazione, all’ombra della Diamond Mountain, la cui immagine è tra l’altro sul retro-copertina del CD. Probabilmente quel senso di serenità e di gioia traspare all’ascolto del disco: se è veramente così, ne sono felice!”

Di recente è stato pubblicato un altro suo CD, per l’esattezza Live In Galway. Ascoltandolo, si direbbe che lei si trovi perfettamente a suo agio nella dimensione “live”…

“Quel disco è stato registrato in una serata, perfezionato il giorno dopo e infine mixato la sera successiva! Da questo punto di vista, la sua realizzazione è stata veramente semplicissima. Quando l’abbiamo registrato pensavamo di venderlo solo “on the road”, sa, uno di quei dischi che si vendono dietro le quinte a fine concerto. La richiesta da parte del pubblico è stata però assolutamente fantastica, superiore ad ogni aspettativa, soprattutto da parte dei miei fan giapponesi, e quindi abbiamo deciso di passare ad una pubblicazione commerciale in piena regola”.

I suoi programmi futuri?

“L’unica cosa certa è che quest’anno non ci saranno nuovi dischi. Farò alcuni show con mia sorella Mary al banjo e al mandolino e con il chitarrista Jim Murray. Ma niente tour lunghi e stancanti: solo alcune date in Europa, in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, forse qualcosa in Giappone, e naturalmente i principali festival irlandesi: per quest’anno una sessantina di concerti. Per il periodo successivo….vedremo. I programmi a lungo termine non sono per me! Vedremo, vedremo…”

 

                                                                                              Intervista di Alfredo De Pietra

Discografia 

Con The Waterboys: Room To Roam (Ensign, 1990)

Sharon Shannon (Solid, 1991)

Con Mary e Frances Black, Dolores Keane, Maura O’Connell ed Eleanor McEvoy A Woman’s Heart (Dara, 1992)

Out The Gap (Grapevine, 1995)

Each Little Thing (Grapevine, 1997)

Spellbound (The Best Of Sharon Shannon) (Grapevine, 1998)

The Diamond Mountain Sessions (Grapevine, 2000)

Live in Galway (Daisy Discs, 2001)

Sharon Shannon - Libertango 

Testo di Alfredo De Pietra

Un approccio globale

Audacia e curiosità: a Sharon Shannon queste due caratteristiche non fanno certo difetto, a giudicare da quanto ci offre l’ultimo suo album, capace di spaziare dal tango argentino alla musica araba, dal rap alla più pura tradizione irlandese.

Sono trascorsi poco più di tre anni dall’ultimo disco di Sharon Shannon, quel The Diamond Mountain Sessions che tanto successo (di pubblico e critica) ha riscosso, e che venne presentato anche sulle colonne della nostra rivista: si trattava di un disco nervoso, scattante, in cui la curiosità artistica della celebre accordionist irlandese risultava evidente a ogni traccia.

A tre anni di distanza si direbbe proprio che quell’eclettismo, quell’interesse capaci di muoversi liberamente oltre ogni confine musicale siano stati lasciati liberi di spaziare a piacimento. Sono queste le prime impressioni che si hanno all’ascolto dell’ultimo, recentissimo Libertango, in cui Shannon & Friends riescono ancora una volta a dare il meglio di sé, e per di più in un ambiente musicale lontano mille miglia dallo stereotipo del classico “disco-di-musica-irlandese”.

Già il titolo dell’album la dice lunga sulla voglia di diverso della Shannon: si tratta di una delle più note – se non la più nota in assoluto – composizioni del grande fisarmonicista argentino Astor Piazzolla, in questa occasione cantata dalla compianta Kirsty MacColl: il brano, che potrete tra l’altro ascoltare sulla compilation di “Keltika” di questo mese, era già stato inciso sull’album Each Little Thing, ma è stato completamente riarrangiato per questa occasione. Un pezzo celebre, portato al successo diversi anni fa da Grace Jones e che, tra cadenze argentine, testo anglo-francese e musicisti irlandesi sembra un vero inno alla world music.

D’altronde la stessa carriera di Sharon Shannon è costellata di collaborazioni quanto mai eterogenee: da Bono e Adam Clayton degli U2 a Jackson Browne, da Emmylou Harris al violinista classico Nigel Kennedy, dal reggae di Denis Bovell alla musica giapponese (!). Difficile da immaginarsi, nell’ormai lontano 1988, quando la giovanissima Shannon iniziava la sua professione artistica con i Waterboys…

Ma proseguiamo con la “folle scaletta” di Libertango: il secondo brano che abbiamo tratto dall’album per il nostro sampler, “The Whitestrand Sling”, ha anch’esso uno strano sapore latino, e fin qui ci può anche stare, ma ancora un paio di track e ci si imbatte nella struggente “An Phailistin”, ovvero “Palestina”, composta da Donal Lunny e cantata in gaelico e in arabo da una famiglia egiziana residente nel Connemara. Neanche il tempo di rimettersi dalla sorpresa ed ecco la riedizione di un brano dei Fleetwood Mac, “Albatross”…per non parlare della finale “What You Make It (da da da da)”, rifacimento in chiave rap della stessa tune di apertura, “The Whitestrand Sling”: decisamente poco convenzionale!

Ci si potrebbe chiedere quanto rimanga, in un disco del genere, di ciò che “normalmente” ci si aspetterebbe in un disco di musica irlandese: è bene chiarire che anche da questo punto di vista siamo in presenza di un prodotto di assoluto valore. La lunga militanza dell’accordionist in compagnia di Sinead O’Connor ha come effetto la presenza di quest’ultima in due brani di Libertango, un antico canto a carattere religioso, “The Seven Rejoices Of mary”, e la song di origine scozzese “Anachie Gordon”. Da segnalare anche la splendida voce di una (finora) semi-sconosciuta cantante, Pauline Scanlon, in una eccezionale “All The Ways You Wander”.

Come sempre, l’accordion di Shannon si circonda di musicisti di prim’ordine: dal già citato Donal Lunny, qui in veste di produttore, a John Reynolds (Sinead O’Connor band), dall’ex-Waterboys Steve Wickham (fiddle) al contrabassista Trevor Hutchinson (Lúnasa) al sassofonista Richie Buckley (Van Morrison).

La casa discografica di Sharon Shannon, l’irlandese Daisydiscs (http://www.daisydiscs.com/) con l’occasione della nostra presentazione del disco ci ha chiesto di far sapere di essere attualmente alla ricerca di un distributore per l’Italia. A buon intenditor…

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