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Pauline Scanlon – Red Colour Sun Testo di Alfredo de Pietra Tra passato e futuro, con passione e onestà A soli 24 anni, la vocalist della Sharon Shannon Band si va imponendo come una delle voci irlandesi più interessanti dell’ultima generazione. Due brani tratti da Red Colour Sun sul nostro sampler mensile. Il disco che ci accingiamo a presentare è per molti versi una sorta di “promozione sul campo”, e necessita pertanto di alcune note preliminari: in uno degli ultimi numeri del nostro mensile abbiamo recensito Libertango, l’ultimo album della grande fisarmonicista Sharon Shannon; un disco eclettico, ricco di spunti interessanti, grazie anche alla presenza di un buon numero di ospiti d’onore. Ora, uno dei brani più affascinanti di quel CD era un’eccezionale “All The Ways You Wander”, cantato da una certa Pauline Scanlon, che non sfigurava minimamente nonostante fosse preceduto da una canzone interpretata da una certa Sinéad O’Connor… Che questa voce avesse qualcosa di particolare evidentemente lo devono aver intuito in molti, prima fra tutti la casa discografica della stessa Shannon, The Daisy Label (www.daisydiscs.com) che ha deciso di puntare decisamente su questa giovanissima (24 anni), deliziosa ragazza nativa di Dingle, nella contea di Kerry: a pochi mesi dall’uscita da Libertango ecco infatti arrivare Red Colour Sun, l’album di esordio di Pauline Scanlon: fresco, gradevole e soprattutto maturo, come difficilmente ci si potrebbe aspettare da un’opera prima. D’altronde, Pauline Scanlon canta in pratica da sempre, incoraggiata dall’humus di una famiglia di musicisti. La sua prima performance risale all’età ancor fanciullesca di tredici anni, e sin da allora si è divertita a cantare di tutto, incurante della barriere: dal sean-nós al pop, dal folk al materiale più sperimentale. Animo inquieto, quello della giovanissima Scanlon, che ancor adolescente si mette a girare il mondo, soprattutto Europa e Australia le sue mete, ogni tappa una nuova lingua da imparare e una nuova canzone da cantare. Dopo tanto girovagare, Scanlon sente tuttavia di dover tornare al punto di partenza e si stabilisce a Galway, dove fa conoscenza con due musicisti che risulteranno fondamentali per lo sviluppo della propria carriera artistica. Il primo è il chitarrista dei Lúnasa, Donogh Hennessy (anc’egli presente su Red Colour Sun), musicista che a detta di Scanlon incarna il difficile, sottile equilibrio tra tradizione e modernismo, grande aspirazione della cantante di Dingle. La seconda musicista in questione è ovviamente Sharon Shannon, che si imbattè in Pauline Scanlon durante una session in un pub di Galway rimanendone colpita dallo stile vocale, sincero e passionale. Fu la stessa fisarmonicista a chiederle se volesse incidere qualcosa nel proprio studio di registrazione, e ben presto la cantante si trovò arruolata nel ruolo di vocalist dei Woodchoppers, la band di Shannon, con cui si è esibita, oltre che da noi in Italia, anche in Irlanda, Gran Bretagna, Spagna, Paesi Scandinavi, Francia, Canada, Australia e Giappone. Tra parentesi, proprio nei giorni in cui questo magazine sarà nelle edicole (8-12 luglio) è previsto un tour italiano della Sharon Shannon Band con tre concerti che vedranno all’opera anche Pauline Scanlon. Torniamo al punto di partenza, ovvero alla presenza della giovane vocalist in Libertango: la casa discografica della Shannon inizia a progettare il debutto discografico di Pauline Scanlon. Le registrazioni iniziano a Galway per spostarsi poi a Londra, sotto la produzione del batterista John Reynolds (Sinéad O’Connor, Hothouse Flowers, Cara Dillon). Ricorda la cantante: “Avevo provato a registrare questo disco per ben tre volte, ma continuavo a non sentirlo “mio”; fortunatamente tutto è cambiato nel momento in cui John Reynolds si è unito a noi. Desideravo trattare il materiale tradizionale alla stessa maniera delle composizioni più moderne, per dare un’immagine di quelle che sono le mie radici, del mio stato attuale e delle direzioni che sto per seguire.” E in effetti Red Colour Sun mostra una selezione di brani molto variegata, che spazia dalla tradizione (come “What Put The Blood” e “Sally Free and Easy”, che potete ascoltare sulla compilation di “Keltika” di questo mese) a canzoni di Willie Nelson e Don MacLean: niente barriere musicali, nessun timore di infrangere assurde regole di catalogazione. L’unica cosa che conta è “sentire” quella particolare canzone: “Le canzoni che mi interessano sono quelle che mi comunicano un’emozione, siano esse vecchi traditional o moderne canzoni d’amore. Amo la varietà, ma ancor di più la sincerità del testo. In gaelico, quando si chiede a qualcuno di cantare una canzone, gli si chiede “abair amhran”, che tradotto vuol dire più “raccontami” – che non “cantami” – una canzone. Così, io devo innanzitutto “credere” in quello che interpreto, ed è così che scelgo i miei brani.” |