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Mary Black: The Best Of Mary Black 1991-2001 Provate a chiedere alla maggior parte degli irlandesi il nome della prima cantante che viene loro in mente: “Mary Black!” sarà sicuramente la loro risposta. E proprio il caso di Mary Black è emblematico della scalata internazionale di alcuni dei più brillanti artisti irlandesi. Partendo dall’Irish traditional music (come del resto già accaduto a Paul Brady e Maura O’Connell) per la Black il successo è arrivato, in Irlanda ma anche in America, in Europa e in Giappone, grazie a una graduale migrazione artistica nel campo della pop music, pur senza dimenticare le proprie origini di cantante tradizionale. La musica, presso la famiglia Black, è sempre stata di casa: il padre di Mary è un violinista originario di una isoletta vicina alla costa settentrionale irlandese, Rathlein, e la madre è tutt’ora cantante affermata nel circuito delle dance halls dublinesi, per cui è normale che i cinque figli della coppia (oltre Mary, la sorella Frances e i fratelli Michael, Shay e Martin) fossero incoraggiati, sin da bambini, a cantare insieme nel circuito dei folk club di Dublino. La gioia di cantare nella giovane Mary è evidente, e sarà questa la molla che la spingerà giovanissima (siamo alla fine degli anni ’70) a fondare il suo primo gruppo, General Humbert, con cui si esibirà per un paio di anni in Irlanda e in Europa. Il 1982 è un anno fondamentale per la carriera di Mary: inizia infatti allora la collaborazione con il produttore/chitarrista Declan Sinnott, che durerà sino al 1997. Il debutto discografico della Black è l’omonimo Mary Black, album che raggiunge il quarto posto delle classifiche di vendita irlandesi e diventa rapidamente “disco d’oro” in Irlanda. Contemporaneamente Mary inizia a esibirsi con i De Danann (il sodalizio durerà tre anni), e anche grazie alla sua voce il disco della band Anthem vince il premio come miglior disco irlandese dell’anno. Il 1984 vede la pubblicazione del LP Collected, cui seguono Without The Fanfare (1985) e By The Time It Gets Dark (1986). In questi dischi la Black comincia a spostare il proprio repertorio dal folk verso altri, più moderni, orizzonti: sono ad esempio prese per la prima volta in considerazione alcune composizioni di Sandy Denny e Richard Thompson. Per sua stessa ammissione Mary rifugge le classificazioni in campo musicale, in ciò confortata dalla notevole apertura mentale del pubblico irlandese, che le consente, apprezzandole sempre più, queste sue escursioni al di fuori dell’ambito della musica tradizionale: il già citato By The Time It Gets Dark diventerà infatti in Irlanda disco di platino, e sia nel 1987 che nel 1988 la Black sarà nominata in patria miglior cantante di sesso femminile. Ogni disco di Mary Black è ormai un successo assicurato: No Frontiers (1989) rimane nella hit parade irlandese per oltre un anno e guadagna tre dischi di platino, ma diventa anche il trampolino di lancio verso lo sconfinato mercato americano, autentica terra promessa di tutti i musicisti irlandesi contemporanei. Negli States le reazioni di critica e pubblico alla pubblicazione di No Frontiers sono entusiastiche: in special modo è apprezzata la title track di No Frontiers, il brano “Columbus”, e per inciso i negozi americani specializzati in hi-fi ne apprezzano le qualità acustiche al punto tale da considerarlo un perfetto disco-test, il che contribuirà curiosamente e indirettamente alla sua popolarità. L’album del 1991, Babes In The Wood, guadagna la prima posizione tra i dischi più venduti in Irlanda dopo pochissimi giorni dalla pubblicazione, ma è inoltre il primo autentico successo internazionale per Mary Black. Anche il pubblico giapponese inizia ad apprezzarla: un singolo tratto da Babes In The Wood, “The Thorn Upon The Rose” arriva a entrare nella single chart giapponese sull’onda di una pubblicità televisiva, mentre in Inghilterra il Today Newspaper vota Babes In The Wood uno dei migliori dieci dischi dell’anno. Per ben due volte Mary fa il “tutto esaurito” alla Royal Albert Hall di Londra. Anche l’Inghilterra è conquistata dalla magica voce della Black: i critici muiscali dei vari The Guardian, The Times e The Telegraph sono concordi negli elogi. Nel 1993 l’album The Holy Ground raggiunge in Irlanda la vetta delle classifiche di vendita (ma è ormai un fatto consueto), e contribuirà in maniera determinante al consolidamento del successo americano della cantante. Mary Black a questo punto è ormai a tutti gli effetti un mito della musica irlandese, per cui è fin troppo ovvia la sua partecipazione alla compilation A Woman’s Heart (1994), disco che riscuoterà un successo di vendite tale che è ne è stata calcolata la presenza praticamente in ogni casa irlandese. La consacrazione di artista di livello mondiale giunge nella primavera del 1995, quando Mary canta dal vivo a New York insieme a Joan Baez in occasione del lancio dell’album della cantante americana Ring Them Bells. Lo stesso anno la band di Mary Black partecipa per la prima volta al Newport Folk Festival, in anticipazione del nuovo album, Circus, pubblicato nel settembre del 1995, anch’esso destinato a un grande successo di vendite. Il 1997 è un anno di svolta per la cantante, che pone fine alla più che decennale collaborazione con Declan Sinnott. L’album Shine, di quell’anno, vede la produzione dell’americano Larry Klein, già producer di artisti come Joni Mitchell e Tina Turner. Con l’album Speaking With The Angel Mary ritorna in un certo senso alle sue radici, tornando a portare alla ribalta le composizioni dei migliori autori irlandesi, come Shane Howard, Noel Brazil (purtoppo recentemente scomparso) e Steve Cooney. Nell’ottobre 2001 è stato pubblicato dalla Grapevine Label un eccellente disco antologico di Mary Black, The Best Of Mary Black 1991-2001, che rappresenta in modo esemplare l’ultimo decennio di attività artistica di una interprete ormai di sicura classe mondiale. E ovviamente anche questo CD ha raggiunto la vetta delle classifiche irlandesi dopo poche settimane dalla pubblicazione. La splendida voce di Mary, da sempre gioiello di bellezza ed espressività, si dimostra perfettamente a proprio agio sia in ambito tradizionale che con materiali sonori più attuali. La Black si conferma in questa compilation talento capace di attraversare con estrema naturalezza qualsiasi barriera musicale, riuscendo a far proprie le caratteristiche emozionali di ogni brano cui si avvicini. Va precisato che The Best Of Mary Black 1991-2001 è in realtà un doppio CD: il vero disco antologico è il primo dei due CD; il secondo disco ha il titolo emblematico di Hidden Harvest (“il raccolto nascosto”), e in effetti si tratta di una preziosa collezione di brani inediti, spesso registrati dal vivo in concerto. Abbiamo chiesto a Mary Black se si senta ben rappresentata dalle canzoni presenti in questo disco antologico, e se lei guardi alla sua carriera come ad un qualcosa in continua evoluzione: “Sì, certo, guardando agli ultimi dieci anni della mia carriera devo dire che la scelta dei brani riflette molto bene questo periodo. Quanto alla mia carriera, preferisco immaginarla come una serie di “capitoli musicali”, ognuno caratterizzato da un album. Credo anche che ogni nuovo album abbia portato nuove idee e nuove prospettive alla mia musica”. Andando invece più indietro nel tempo, come considera il suo periodo artistico precedente agli anni ’90? Anche in quegli anni furono molte le sue incisioni interessanti… “Quegli anni sono stati fondamentali per la mia formazione di cantante e di interprete. Forse però la cosa più importante per me è stata la scoperta di alcuni fra i migliori cantautori irlandesi: il far emergere le loro composizioni attraverso le mie interpretazioni è sempre stato per me motivo di orgoglio, oltre che una delle principali caratteristiche della mia attività musicale”. Ma cos’è che rende interessante per lei un brano musicale? Cosa la fa decidere di cantare una canzone piuttosto che un’altra? “Per me è fondamentale il testo di una canzone, perché per poter interpretare correttamente una canzone devo necessariamente avvicinarmi il più possibile, da un punto di vista emozionale, ai sentimenti che essa vuole esprimere. Qualche volta però è impossibile descrivere cosa mi attragga in un brano musicale: semplicemente può accadere di avvertire qualcosa di particolare…” Come per molti altri musicisti irlandesi, la famiglia è stata per lei importante anche da un punto di vista musicale. “Da questo punto di vista l’Irlanda è un Paese veramente particolare: è tradizione che la musica sia tramandata dal padre ai figli e dalla madre alle figlie. Nel caso della mia famiglia sia mio padre che mia madre sono persone profondamente legate alla musica, per cui il dono della musica è stato tramandato in modo del tutto naturale sia a me che ai miei fratelli”. Le sue più importanti influenze artistiche? “Sostanzialmente mi piace citare tre nomi: Sandy Denny, Billie Holiday e Joni Mitchell”. Malgrado ciò in Italia la sua immagine resta comunque legata alla musica tradizionale irlandese. Ritiene veritiera una tale collocazione artistica? “A dire il vero personalmente non mi considero una cantante di musica tradizionale nel senso stretto del termine.Tuttavia mi rendo perfettamente conto dell’importanza delle mie origini irlandesi per la mia attività di cantante!” Mary, questo è un disco antologico, e come tale guarda al passato. Cosa c’è nel suo immediato futuro? Vi è la possibilità di averla in tour in Italia? “Trascorrerò i prossimi mesi in un lungo tour; in seguito mi prenderò un periodo di riposo e forse, verso la fine dell’anno, inizierò a pensare ad un nuovo album. Quanto all’Italia, ovviamente sarei felicissima di venire a cantare da voi: devo però purtroppo dire che fino ad ora non mi sono pervenuti inviti in questo senso”. *** Due sono i brani, tratti da The Best Of Mary Black 1991-2001, presenti sul CD allegato a questo numero di Keltika. Pur nel difficile compito di optare tra canzoni tutte splendide, ci pare che la scelta sia caduta su due dei brani più belli, oltre che famosi, di questa raccolta: la notissima, struggente “The Dimming Of The Day”, composta da Richard Thompson, e “Still Believing”, di Thom Moore. È comunque un album a parer nostro assolutamente imperdibile per coloro che volessero avvicinarsi alla voce di questa eccezionale interprete. Le canzoni che hanno tracciato artisticamente questo decennio della Black sono tutte nel primo CD, mentre Hidden Harvest ci regala momenti indimenticabili come la già citata “Ring Them Bells” dal vivo con Joan Baez, la beatlesiana “Across The Universe” con Noel Bridgeman e la splendida, tradizionale “Sonny”, cantata insieme a Dolores Keane e ad Emmylou Harris. È stato detto che Mary Black è uno dei più noti ambasciatori d’Irlanda all’estero: questo The Best Of Mary Black 1991-2001 ci mostra in modo evidente i motivi di questa affermazione.
Testo e intervista di Alfredo De Pietra Mary Black - The Best Of Mary Black 1991-2001 – The Grapevine Label GRACD324 Copyright © New Sounds 2000 |