Mabon
Home Musica Amici nel web Keltika Links Page CD Reviews

 

 

Mabon – Ridiculous Thinkers

 

Ridicoli pensatori, eccellenti musicisti

Sono stati l’autentica rivelazione dell’ultima edizione di Celtica VDA: la loro musica, difficile da etichettare, li sta imponendo come uno dei più interessanti gruppi emergenti provenienti dalla Gran Bretagna. Due brani sulla nostra compilation.

Intervista di Alfredo De Pietra - Foto di Sean Laffey

Diciamo la verità: quando arrivammo, lo scorso luglio, in Val d’Aosta per la nona edizione di Celtica VDA, guardando la scaletta dei gruppi partecipanti di certo non fummo colpiti dal nome Mabon. Mai sentiti. E altrettanto sconosciuti risultavano al nostro amico-collaboratore Seán Laffey, uno che certo di novità musicali se ne intende.

Quando però, ai concerti serali del Planet, facemmo conoscenza con il mondo musicale di Jamie Smith (perché proprio il giovanissimo accordionist è il vero perno dei Mabon) ci rendemmo ben presto conto che questo sconosciuto gruppo gallese aveva le carte in regola per fare un gran figurone tra il pur ricco menu del festival valdostano. Merito senz’altro di Riccardo Taraglio, infaticabile organizzatore di Celtica VDA, aver scovato una band tanto tosta e spigliata.

Un gruppo per molti versi particolare, i Mabon (http://www.mabon.org/): si è detto della figura centrale di Jamie Smith. Alla chitarra troviamo…suo padre, ovvero il simpaticissimo Derek Smith; completano il gruppo, in questo loro ultimo album, Ridiculous Thinkers, Jason (Jass) Rogers al basso elettrico e Iolo Whelan alla batteria, oltre al fiddler Gareth Whelan, che però non ha partecipato ai concerti valdostani, rimpiazzato da David Kilgallon. Concerti che hanno messo in bella evidenza le ottime capacità compositive del giovane Smith, unite a una abilità nell’arrangiamento e a un gusto per le citazioni musicali veramente degne di nota. Un esempio fra tanti: provate a mettere insieme “Music For A Found Harmonium” e il jingle dei film di 007 (sì, parliamo proprio di Bond…James Bond!...): bene, i Mabon riescono nel difficile compito di far convivere con simpatica ironia “anche” elementi tanto distanti!

Difficile “spiegare” la musica dei Mabon. Senz’altro meglio rimandare all’ascolto dei due brani presenti questo mese nella nostra compilation, “The Forzh”, e “Galician Stylee”. Certo mancano nella musica dei Mabon le “difficili” melodie tipiche della musica gallese; piuttosto pare venga prediletto un approccio di tipo panceltico, per giunta con gustose puntate nelle strutture melodico-ritmiche dell’est europeo, ma in maniera differente rispetto alle esperienze che ben conosciamo a opera di alcuni musicisti irlandesi: predomina insomma una proposta che è molto centrata sull’aspetto compositivo, opera dello Smith “figlio”.

Ridiculous Thinkers, ovvero ridicoli pensatori. Ammetterete che si tratta di un titolo abbastanza particolare per un album. Chi sono questi ridicoli pensatori?

Jamie Smith: “Ridiculous Thinkers prende spunto da una delle mie composizioni presenti sul CD, ovvero “The Ridiculous Thinker”. Il vero “pensatore ridicolo” era il nostro primo fiddler, Gareth Whelan, che ha lasciato la band alla fine del 2004. Gareth è fratello del nostro batterista, Iolo, e furono proprio le sue analitiche considerazioni “a tutto campo” che un giorno mi spinsero a definirlo “ridicolo pensatore”. Il nomignolo gli piacque, e lo prendemmo come titolo per un brano cui stavamo lavorando all’epoca. Ma durante la registrazione dell’album ci rendemmo conto che in fondo tutti noi siamo – chi più chi meno –  “ridicoli pensatori”, così chiamare l’intero album in questa maniera è stato un passo del tutto naturale!”

Raccontateci della vostra band, in modo che i vostri fan italiani sappiano qualcosa in più su questo gruppo gallese che tanto successo ha racolto al festival valdostano Celtica, lo scorso luglio…

Jamie Smith: “Ci siamo formati nel 1999, come una band di quattro elementi. Il repertorio, strumentale, era in origine composto da musica da ballo tradizionale gallese. Per un paio di anni facemmo concerti un po’ dappertutto nel Galles meridionale con una sola uscita all’estero, ma di quelle importanti: il celeberrimo Festival Interceltique de Lorient, in Bretagna. In questa fase venivamo etichettati come una band che faceva folk music gallese, in modo particolarmente energetico e dinamico. A un certo punto iniziai a comporre alcuni brani, ispirati da tutta una serie di origini riconducibili all’area celtica, ma non più necessariamente legate alla tradizione gallese. Di conseguenza, il sound complessivo dei Mabon cambiò, e divenne senz’altro più attuale, più contemporaneo. Anche alla luce di ciò nel 2002 entrò in formazione il basso elettrico, e Iolo passò dal bodhrán alla batteria. Da quel che ci viene detto da chi assiste ai nostri concerti, il nostro sound complessivo risulta molto gradevole: da allora abbiamo suonato in molti festival di musica celtica, e siamo orgogliosi del fatto che il nome dei Mabon stia acquistando una popolarità sempre maggiore. Quanto alla produzione discografica, escludendo un extended play di musica tradizionale, inciso nel 2000 e non più in produzione, il nostro primo album risale al 2001 (Lumps Of Mabon): un disco in cui la musica tradizionale gallese ha ancora un peso preponderante, ma con alcune mie composizioni. Abbiamo registrato Ridiculous Thinkers nel 2004, e speriamo di fare un nuovo album nel 2006.”

Vediamo di scendere ancora più in dettaglio. Quanto c’è di Welsh traditional nella vostra musica oggi, e quanto di musica etnica di altre parti del mondo? Ad esempio, durante i vostri concerti a Celtica VDA talvolta sembrava di ascoltare anche frammenti di tarantelle, o di sonorità dell’est europeo…

Jamie Smith: “Credo sia corretto dire che il sound dei Mabon è oggi molto meno influenzato dalla musica tradizionale gallese rispetto al passato. La musica che facciamo è totalmente sotto il nostro diretto controllo, nelle mie composizioni prendo spunti e idee dalla musica di tante altre parti del mondo, e il Galles è solo una delle componenti. Attualmente, ad esempio, sono molto più influenzato dalla musica irlandese e scozzese, e ciò ovviamente ha un riflesso nella proposta musicale del gruppo. Tuttavia va ricordato che le mie origini sono in una band che faceva dance music tradizionale gallese: le prime cose che ho imparato all’accordion erano quelle, quindi in qualche modo la mia terra è comunque sempre presente nelle mie composizioni.

Per il resto è vero, sono sempre alla ricerca di elementi “esterni” da integrare nel sound dei Mabon, e per far questo ascolto di tutto, a caccia di spunti da assorbire e aggiungere alle tune del gruppo: è fondamentale mantenere la nostra musica “fresca”, viva e attuale, sia per noi che suoniamo che per chi ci ascolta; ma è altrettanto importante non perdere l’essenza di ciò che rende il nostro sound identificabile. Insomma, si tratta di mantenere un continuo equilibrio tra coerenza e innovazione.”

Derek Smith: “In qualità di “membro anziano” del gruppo, per me è un’esperienza interessante osservare come la banda sia passata dall’etichetta di “Welsh” a quella di “Celtic”, e in prospettiva a quella di “Celtic fusion”. Credo che tutto ciò sia oggi abbastanza tipico dei musicisti giovani, nel senso che ciò riflette le loro molteplici esperienze. Ad esempio mio figlio Jamie ha avuto la fortuna di essere esposto alla musica fin dalla nascita, e di aver visto suo padre suonare in tutta una serie di differenti contesti artistici: ebbene, io credo che, sia pure in maniera inconscia, egli sia rimasto influenzato da tutto ciò che ha ascoltato nel corso degli anni, e oggi che ha 22 anni Jamie compone sulla base di quello che è la somma delle sue esperienze, come ad esempio nel pezzo “A Hungarian in Brittany”: non siamo mai stati in Ungheria, ma in qualche modo Jamie si è impadronito anche di quelle sonorità.”

Derek, dica la verità, è – giustamente – orgoglioso di suo figlio…

Derek Smith: “Ormai abbiamo suonato in tanti Paesi, dal Canada all’Australia, e dopo ogni tour c’è sempre una serie di nuove idee su cui la mente musicale di Jamie è ansiosa di mettersi a lavorare. Il fatto di essere suo padre e di condividere con lui il palcoscenico è per me ovviamente motivo di gioia, ma a prescindere dalla parentela sono realmente convinto del fatto che nel suo genere Jamie è uno dei migliori giovani talenti attualmente in circolazione a livello mondiale.”

Ci spieghi meglio: quindi i Mabon fanno una musica che si sta progressivamente allontanando dalle radici gallesi. Ciò significa forse che la vostra popolarità è paradossalmente maggiore all’estero che in patria?

Derek Smith: “Non è facile dare una risposta a questa domanda. È vero che siamo forse più noti al di fuori del Galles, ma è pure vero che negli ultimi mesi siamo invitati molto più spesso a partecipare a concerti ed eventi importanti – anche radiotelevisivi – anche “in patria”. D’altronde la scena musicale gallese rispecchia fedelmente la situazione generale britannica, con pop e rock che la fanno da padrona, e con il folk confinato nelle aree di lingua autoctona. A sua volta, anche in queste zone, la musica cantata è la più popolare, e solo negli ultimi tempi c’è un certo interesse per una musica strumentale come la nostra, e questo grazie a un crescente interesse per la danza…e per inciso noi incitiamo sempre a ballare, durante i nostri concerti: abbiamo scoperto che così suoniamo molto meglio!”

Andiamo infine alla vostra esperienza italiana, alla vostra presenza a “Celtica VDA”: pochi vi conoscevano prima, dalle nostre parti, ma avete ottenuto un successo veramente eccezionale. Cosa rimane di quell’esperienza?

Derek Smith: “Siamo rimasti veramente sorpresi dell’entusiastica risposta che abbiamo ricevuto dallo splendido pubblico di Celtica. Era la prima volta che suonavamo in Italia: ci è piaciuto immensamente, e quindi speriamo di cuore che non sia l’ultima! È veramente incredibile il grande calore umano che riuscite a trasmettere, e poi il fatto di di consocere e suonare insieme a tanti valenti musicisti della famiglia delle nazioni celtiche…Siamo rimasti in contatto con molti di loro, come ad esempio i polacchi Shannon (anch’essi ospiti questo mese del nostro magazine, n.d.r.), che abbiamo invitato a suonare a un nostro festival qui in Galles, il prossimo marzo. Ma su una cosa siamo tutti d’accordo: la cosa che abbiamo apprezzato maggiormente a Celtica è stato il nostro “angelo custode” Sara Platini. Non finiremo mai di ringraziare per questo l’organizzatore del festival, Riccardo Taraglio. Speriamo di essere di nuovo con voi già nel 2006, non vediamo l’ora di poter tornare in Italia!”