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La cornamusa scozzese
Oh, potessi avere tre mani, due per la bagpipe e una per la spada! (“The Cave Of Gold”, vecchia canzone gaelica)
Ieri come oggi, e per sempre le bagpipes affidano ai venti del cielo le emozioni più vere del cuore dello scozzese in gioia e in tristezza, in guerra come in pace. (Hugh Mac Diarmid, Lament For The Great Music)
Al di là delle immagini stereotipate che identificano la Scozia con il suonatore di cornamusa in gonnellino, è innegabile l’importanza che questo strumento, dal suono inconfondibile e capace di evocare intense reazioni emozionali, ha rivestito (e riveste tuttora) nella storia e nella cultura di questa regione del Regno Unito. Certo, la maggior parte delle persone associa la cornamusa scozzese – intendendo con questo termine le Highland war pipes – con le parate militari o con i funerali, ovvero con funzioni eminentemente di tipo pubblico, ma ad un esame più attento del “fenomeno cornamusa” risulterà evidente la grandezza di una musica tradizionale tra le più ricche e interessanti dell’intero mondo celtico. LA STORIA Sono molti i Paesi del mondo ad avere una tradizione musicale associata alla cornamusa, ma è solo nelle Highlands scozzesi che questa tradizione è arrivata a svilupparsi in forme paragonabili alla musica classica. È ormai universalmente accettato il concetto che la cornamusa non abbia avuto origine in Scozia, ma piuttosto in Medio Oriente, e che da lì si sia diffusa in tutta Europa, ad opera di musicisti itineranti, nel corso del XII e XIII secolo. Già nel XIV secolo piper itineranti erano presenti nelle comunità rurali della Grecia come dell’Irlanda, in Italia come in Svezia. La data dell’arrivo della cornamusa in Scozia è incerta, ma secondo la maggior parte degli studiosi questa data può essere fissata nel corso del XV secolo. La prima attestazione della presenza di una cornamusa in Scozia si avrebbe comunque nel Testament Of Mr. Andrew Kennedy, pubblicato nel 1508. Quel che è certo è che già nel XVI secolo le pipes erano diventate in Scozia uno strumento di “uso militare”. Fino all’arrivo della cornamusa, la musica popolare nelle Highlands si limitava ad alcune canzoni, accompagnate da un tamburo o da rudimentali strumenti a fiato. L’arpa era lo strumento dei nobili e per le grandi occasioni, ma il suono troppo debole ne limitava l’uso esclusivamente agli ambienti chiusi. Al contrario, il possente suono delle bagpipes, anche in virtù della presenza dei drones, poteva essere ascoltato anche a miglia di distanza, nelle vallate scozzesi. Il rango sociale del piper era, all’interno del clan, particolarmente elevato, al pari dei bardi e dei suonatori di clarsach, l’arpa celtica: ad essi erano riservate dai capi-clan alcune terre, tramandabili per via ereditaria, e l’arte della cornamusa veniva tramandata di padre in figlio. Verso il 1700 fecero la loro comparsa anche i primi piping college: i capi-clan vi mandavano i propri piper a studiare presso maestri particolarmente esperti e competenti. Alcuni di questi maestri, e le loro dinastie, divennero particolarmente famosi in Scozia: i nomi più celebri in tal senso erano quelli dei Rankin di Mull, dei MacArthur di Skye, dei Mackay di Gairloch e soprattutto dei MacCrimmon, piper del clan MacLeod si Dunvegan (vedi riquadro). Ripercorrendo a grandi passi la storia delle Highlands, in seguito alla capitolazione della Scozia di fronte alle truppe del Regno d’Inghilterra (Culloden, 1746) , nella Scozia vi fu un vero e proprio tramonto delle tradizioni delle Highlands (cornamusa compresa), e il successivo Atto di Proscrizione fu un duro colpo per l’orgoglio e il senso di auto-stima degli scozzesi. Povertà, sovrappopolazione, tasse esorbitanti e l’ostilità della Chiesa inglese fecero il resto. Molti furono gli scozzesi che decisero di emigrare in alcune regioni del nord-America (e vedremo in seguito l’importanza di questo fenomeno per quanto riguarda la musica per bagpipes), e molti altri andarono ad arruolarsi nei “reggimenti delle Highlands” dell’esercito britannico: ciò contribuì a preservare la musica per bagpipes, che correva a quel punto un serio rischio di estinzione. I piper si unirono ai tamburini (drummer) della tradizione militare inglese, e questa fu l’origine della military pipe band, fenomeno che vide una vera e propria “esplosione” nel periodo d’oro del colonialismo britannico, ovvero nel corso del XVIII e XIX secolo. Per ironia della sorte quindi il declino delle pipes fu arrestato paradossalmente proprio da quell’imperialismo britannico contro il quale i vecchi piper avevano in precedenza combattuto. Questa rinnovata attenzione nei confronti delle Highland war pipes fu anche la causa indiretta del declino di altri tipi di cornamusa presenti in Scozia, le bellows-blown small pipes (cornamuse a soffietto) e le Border (o Lowland) Pipes. Lo studioso canadese Hamish Moore è riuscito, a metà degli anni ’80, a far luce sulle verosimili tecniche di esecuzione della musica per Highland pipes del periodo precedente alla sconfitta di Culloden. Tutto nacque dalle considerazioni a proposito della musica per pipes nel territorio canadese della Nova Scozia, e più precisamente nell’isola di Cape Breton. Furono quelli i territori verso cui si diresse il flusso emigratorio scozzese di cui si è detto, in seguito alla sconfitta di Culloden del 1746. I primi colonizzatori scozzesi importarono a Cape Breton anche il tipico step dancing, che veniva accompagnato proprio dal suono delle bagpipes. Ora, l’accompagnamento di questo tipo di danza richiede uno stile di esecuzione totalmente basato sulla ritmica, per consentire ai ballerini di non perdere il tempo: in altri termini questi colonizzatori portarono con sé i vecchi stili di piping della propria terra natìa, del tutto differenti dallo stile “tradizionale moderno”, basato essenzialmente sulle tecniche dell’abbellimento melodico e sulle cadenze tipiche delle pipe band. Hamish Moore, un veterinario che insegnava al Gaelic College di Cape Breton, giunse infine alla conclusione che il “vecchio” stile di piping, tutto basato sul ritmo e non sulla tecnica, può oggi paradossalmente essere ascoltato non in Scozia, ma in Canada, precisamente nella regione della Nova Scotia: alla luce degli studi di Moore il suono di reel, jig e strathspey eseguito oggi dai piper di Cape Breton (e con profonde differenze rispetto alle odierne tecniche di piping scozzesi!) sarebbe in altri termini lo stesso che poteva essere ascoltato nella Scozia del XVII e XVIII secolo. Per usare le parole di Hamish Moore: “…le tecniche di esecuzione erano a quei tempi basate esclusivamente sul ritmo, poiché si trattava di musica per ballare: come il rock’n’roll. In pratica era il rock’n’roll della Scozia del XVIII secolo!” LO STRUMENTO E LA MUSICA: CEOL BEG E CEOL MOR, I PIBROCH Le Highland bagpipes, o warpipes, consistono di un chanter (grazie al quale la melodia è suonata mediante le dita) e di tre drones, la parte delle bagpipes che emette un continuo suono di basso. Sia il chanter che i drones sono collegati a un bag, un “sacco”, che viene riempito di aria dalla bocca del piper mediante il blow pipe. Il piper esegue la melodia sul chanter, che ha una scala di sole nove note. Ciascuno dei tre drones produce un suono continuo. Il senso ritmico e l’espressività vengono ottenuti mediante un preciso senso del tempo e l’uso di grace notes, o note di ornamento, di abbellimento, che possono andare da note molto brevi sino a complesse sequenze di notevole durata. La musica per Highland bagpipes è di regola suddivisa in due grandi categorie: ceol beg (“piccola musica”) e ceol mor (“grande musica”). Il ceol beg comprende essenzialmente la musica da danza: reel, jig, strathspey, quickstep, marce e slow air: in altri termini, il repertorio tipico delle pipe band. Il ceol mor si identifica invece con il pibroch, universalmente riconosciuto come “la musica classica per Highland bagpipes”. Il termine gaelico piobaireachd, anglicizzato in pibroch, significa “musica per cornamusa”. Il modo migliore per descrivere un pibroch è probabilmente “un lungo brano strumentale con variazioni sul tema”. Si tratta innanzitutto di musica seria, da riservare per occasioni serie. I tipi più frequenti di pibroch sono lamenti, inni di saluto, o musica per chiamare a raccolta il clan: in altri termini musica destinata a particolari cerimoniali. Le origini del pibroch sono abbastanza oscure. Secondo alcuni studiosi esso deriverebbe dal repertorio del clarsach, ovvero dell’arpa celtica, mentre per altri la sua origine sarebbe la musica vocale. Se prendiamo in considerazione, ad esempio, il pibroch utilizzato per chiamare a raccolta un clan, il piper eseguiva la melodia caratteristica di quel clan utilizzando la tecnica strumentale e l’inventiva personale con lo scopo di non ripetere all’infinito la stessa linea melodica. In altre parole il pibroch viene costruito su una semplice melodia, con abbellimenti sempre più complessi e strutturati con il procedere del brano: il pibroch inizia con alcune note sparse che si trasformano in un tema dall’andamento solenne, che prende il nome, in gaelico, di urlar. All’esposizione dell’urlar seguono, in maniera sempre più complessa, le variazioni, che culminano nel crunluath, in cui le note fondamentali della melodia di base fanno la loro ricomparsa in modo solenne e ritmato, spesso accompagnate dall’uso di grace notes. La tipica esecuzione di un pibroch è lenta, ipnotica e solenne, e dura in media una quindicina di minuti. I compositori di pibroch erano in genere i migliori piper in circolazione, alle dirette dipendenze dei capi-clan, ed erano considerati quasi una casta elitaria. La composizione dei pibroch raggiunse il massimo splendore durante il XVII e il XVIII secolo. Tecnicamente le Highland bagpipes si prestano perfettamente al pibroch. Il loro suono è per forza di cose continuo, ovvero non sono possibili pause tra le note, e manca la possibilità di variare il volume di una singola nota: è cioè impossibile rendere il suono più basso o più alto. L’espressione artistica può dipendere quindi esclusivamente da metodiche differenti, come la lunghezza delle singole note e l’abbellimento ad opera delle grace notes. È tuttavia degno di nota che un corpus musicale così ricco come quello dei pibroch sia nato come repertorio di uno strumento limitato alla esecuzione – è bene ricordarlo – di sole nove note. I pibroch erano inizialmente composti e tramandati interamente ad orecchio: come del resto per l’arpa, il metodo d’insegnamento era sostanzialmente orale, pur esistendo un particolare tipo di notazione musicale, chiamato canntaireachd: grazie a questo sistema i piper imparavano a cantare la melodia del pibroch dal canto del maestro. La tonalità della nota veniva indicata dal tipo di vocale utilizzata, mentre le consonanti specificavano le grace notes da eseguire debitamente. Questo sistema di notazione musicale esisteva esclusivamente in Scozia, e somigliava, per inflessione e cadenza, alla stessa lingua gaelica. Per completezza va specificato che il termine pibroch non si applica esclusivamente alla musica per Highland bagpipes: esistono anche fiddle pibroch e pibroch song. I violinisti più esperti riescono infatti a emulare, con le opportune tecniche, le sonorità proprie delle Highland bagpipes ed il loro basso continuo (drone), mentre nel caso delle pibroch song si tratta di canzoni, o poesie, da cantare sulla linea melodica di un pre-esistente pibroch. Così, ad esempio, “MacCrimmon’s Lament”, conosciuta più come una song che come un pibroch, è essenzialmente un testo le cui parole furono adattate alla melodia di un precedente pibroch. Questi sono alcuni dei pibroch più famosi:
LE LOWLAND O BORDER PIPES Come si accennava all’inizio, in Scozia esistono anche altri tipi di cornamuse. Le Lowland, o Border pipes, anche note come cauld wind (in inglese cold) pipes, o small pipes, pur essendo molto meno diffuse delle Highland bagpipes, stanno attualmente vivendo un periodo di revival. A differenza delle Highland bagpipes, esse sono riempite d’aria mediante un soffietto invece che con la bocca: in questo senso esse sono più simili alle uilleann pipes irlandesi ed alle Northumbrian pipes. Il nome di cauld wind pipes indica il fatto che l’aria che vi viene immessa tramite il soffietto è fredda (“cold”), a differenza dell’aria calda e umida immessa nel “sacco” delle Highland pipes direttamente dalla bocca del piper. Le Lowland pipes a loro volta si suddividono in Scottish small pipes, Border pipes e pastoral pipes. Le cornamuse a soffietto sono presenti in Scozia almeno a partire dal XVIII secolo, raggiungendo la massima diffusione nella zona dei Borders (ma anche nel Perthshire e nell’Aberdeenshire) in occasione di vari festival e feste da ballo. Verso la fine del XIX secolo ebbe progressivamente inizio il loro declino. Le Border pipes venivano suonate principalmente nelle città. Il Border piper era una figura spesso presente nelle fiere, nei matrimoni e nel periodo del raccolto, quando venivano eseguite danze in circolo nelle pause lavorative, proprio su una musica eseguita dalle Border pipes, dal suono discretamente stridulo. Le Scottish small pipes hanno invece un suono dolce, simile alle Northumbrian pipes, anche se queste ultime hanno una tonalità più acuta. Le pastoral pipes sono invece abbastanza simili alle uilleann pipes irlandesi, sebbene la loro tonalità complessiva risulti differente. LA SITUAZIONE ODIERNA La cornamusa vive oggi in Scozia un periodo di grande popolarità: i virtuosi dello strumento sono particolarmente numerosi, e d’altro canto l’attività delle pipe band è spesso frenetica: esistono circa 800 pipe band nel Regno Unito, la metà delle quali è attiva nel giro delle competizioni ufficiali. Si calcola inoltre che altrettante pipe band esistano nel resto del mondo, concentrate per lo più nelle ex-colonie britanniche come il Canada e l’Australia. È proprio la ceol beg, la piccola musica fatta di jig, reel, marce, strathspey e hornpipe, che riscuote oggi il massimo successo presso il pubblico scozzese. Il circuito delle competizioni impegna in modo continuativo il calendario delle principali pipe band, bande musicali che negli ultimi anni hanno del resto di gran lunga modernizzato il proprio approccio alla musica per cornamusa. Tra le pipe band più innovative vanno citate la Shotts pipe band e la Dykehead pipe band (campioni del mondo rispettivamente nel 1997 e nel 1994), la Vale Of Atholl e la Dysart & Dundonald in Scozia, l’australiana Victoria Police pipe band e le canadesi Fraser University pipe band e 78th Fraser Highlanders. Anche se un tale successo delle pipe band potrebbe ritenersi responsabile di un certo declino delle esecuzioni in chiave solistica, è d’altro canto pur vero che la stessa tecnica bandistica ha contribuito in modo essenziale all’elevazione del livello tecnico della maggior parte dei piper, che spesso affiancano alle attività musicali in parata una attività personale di tipo solistico. Il folk revival degli ultimi decenni ha contribuito in larga misura al successo della cornamusa scozzese, riportando innanzitutto le Highland pipes nell’alveo della loro dimensione più vera, al di là di associazioni più o meno aristocratiche: la cornamusa scozzese è infatti – e forse è bene ricordarlo – uno strumento essenzialmente tradizionale! Ai primi anni del folk revival ben poche erano le band scozzesi che presentavano nella loro formazione un piper. Oggi la situazione si è invece capovolta: grazie ad un attento bilanciamento dei volumi di amplificazione (la cornamusa, anche non amplificata, è in grado di “coprire” qualsiasi altro strumento…), le Highland pipes sono oggi presenti in molti gruppi di musica folk scozzese. I pionieri in questo senso furono, negli anni ’70, i Whistleblinkies (che però adoperavano per lo più le Border pipes); gli Alba (in cui le Highland pipes affiancavano flauto, violino e chitarra), e The Clutha (il cui piper suonava sia le Highland che le Lowland pipes). Una “seconda generazione” di band scozzesi – tra l’altro di maggiore successo – comprendeva i Tannahill Weavers, la Battlefield Band e gli Ossian: in queste band la cornamusa scozzese si affermò pienamente con il ruolo di strumento cardine, quasi un elemento fondamentale nelle dinamiche musicali di questi gruppi. È da ricordare, tra l’altro, la commistione delle pipes con l’uso delle tastiere elettroniche (Battlefield Band), unione che fece gridare allo scandalo più di un purista, insofferente all’ipotesi che un tale “nobile strumento” fosse accoppiato con i suoni di una batteria elettronica o di un sintetizzatore. Come si accennava poc’anzi, anche il gruppo delle cauld wind pipes ha tratto indirettamente giovamento dal successo di questi ultimi decenni delle Highland pipes: musicisti come Robert Wallace (Whistleblinkies), Hamish Moore, Gordon Mooney e Matt Seattle hanno infatti contribuito a fare uscire da una mera dimensione storico-musicale le Border pipes. L’eccellente stato odierno di salute della cornamusa scozzese è testimoniato anche dalla situazione delle etichette discografiche scozzesi. La Lismor, di Glasgow, ha nel proprio catalogo un gran numero di ottime registrazioni per Highland bagpipes, con un repertorio che spazia dalle pipe band ai pibroch fino alle esecuzioni solistiche. Da segnalare, sempre per la Lismor, la serie World’s Greatest Pipers, che raccoglie il meglio dei piper “da competizione” di questi ultimi anni. La Temple ha a sua volta in catalogo un’ottima serie di album registrati nel corso degli anni al Glasgow’s Piping Centre, e anche tra i dischi della Greentrax figurano ottimi esempi di musica per cornamusa scozzese; ad esempio un eccellente introduzione al pibroch è l’album Ceòl Na Pìoba: Pìob Mhor, registrato durante il festival internazionale di Edinburgo nel 1999. La Scozia di oggi è piena di piper di grande levatura artistico-strumentale: i nomi che ricorrono maggiormente tra gli esperti sono quelli di Gordon Duncan, Robert Wallace, Roderick MacLeod, William MacDonald, Angus MacColl, Chris Armstrong e il Pipe Major Robert Mathieson. Una figura particolare è quella di Allan MacDonald, piper e musicologo esperto in cultura gaelica: il suo album Fhuair Mi Pog del 1998 è interessante soprattutto per il legame che tende a dimostrare tra pibroch e canto gaelico. Si diceva del rinato interesse nei confronti delle bellows-blown pipes: qui i nomi più importanti sono quelli di Iain MacInnes, Rory Campbell (Deaf Shepherd e Old Blind Dogs) e Fred Morrison. In tutti questi casi si tratta tuttavia di musicisti che affiancano regolarmente alle cauld wind pipes anche le Highland pipes. La figura di piper per certi versi più intrigante è quella di Martyn Bennett, spesso definito “techno-piper” per la naturalezza con cui assembla le sonorità sia delle Highland che delle small pipes con il violino elettrico, su un tappeto di suoni campionati e di batterie elettroniche che eseguono ritmiche funky e hip-hop. La cornamusa scozzese, ad onta di un suono fin troppo caratteristico, si affaccia così ai nuovi scenari tecnico-musicali del ventunesimo secolo. Testo di Alfredo De Pietra
Riquadro: Discografia consigliata (577 caratteri, spazi compresi)
Chris Armstrong: Quantum Leap (Lochshore, 1999) Martyn Bennett: Martyn Bennett (Eclectic, 1996) Gordon Duncan: Just For Seumas (Greentrax, 1994) Iain MacInnes: Tryst (Greentrax 1999) Gordon Mooney: O’er The Border (Temple, 1989) Fred Morrison: The Sound Of The Sun (Lochshore, 1999) Margaret Stewart & Allan MacDonald: Fhuair Mi Pog (Greentrax, 1998) AA.VV.: Ceòl Na Pìoba: Pìob Mhor (Greentrax, 2000) AA.VV.: The Great Highland Bagpipe: Piping variations (Lismor, 2000) AA.VV.: The Piping Centre: 1997 Recital Series (Temple, 1997) 78th Fraser Highlanders: Flame Of Wrath (Lismor, 1998)
Una dinastia di piper
Il ruolo del piper all’interno della società gaelica comportava una posizione di grande prestigio, ed era quindi naturale che l’arte del piping fosse tramandata dal padre ai figli. La prima – e più famosa – dinastia di piper fu quella dei MacCrimmon di Skye, piper del clan MacLeod di Skye per qualcosa come trecento anni. Si ritiene addirittura che furono proprio i MacCrimmon ad avere concepito il pibroch: prima del loro arrivo sulla scena scozzese, le bagpipes erano in fondo uno strumento primitivo, dal repertorio musicale molto semplice. La loro linea familiare comprende una serie di compositori, suonatori e insegnanti di pibroch che va dal XVI al XIX secolo. Il capostipite dei MacCrimmon divenne il piper personale del capo-clan dei MacLeod in un anno imprecisato del XVI secolo, presso il castello di Dunvegan. L’arte del piping venne trasmessa dal padre ai figli, cui venne donata dal capo-clan la bella e importante tenuta di Boreraig, alla sommità del lago Dunvegan: fino al 1773 il MacCrimmon College Of Pipng a Boreraig divenne una sorta di mecca per i piper di tutta la Scozia. Le origini della famiglia MacCrimmon sono molto incerte: un MacCrimmon fa per la prima volta la sua comparsa tra i documenti della parrocchia di Glendale, in Skye, nel corso del XVI secolo. Per alcuni storici essi provenivano dall’isola di Harris, per altri erano originari dell’Irlanda, e alcune altre teorie li riportano infine, per assonanza del cognome, ad un’origine dalla città italiana di Cremona. I primi MacCrimmon di cui si ha certezza si chiamarono Finlay, Iain Odhar e Padraig Donn. Successivamente fece la sua comparsa, nel 1750, Donald Mór MacCrimmon, che ereditò ufficialmente il titolo di piper del clan MacLeod nel 1620. In precedenza (1603) gli venne commissionato un pibroch che celebrasse la fine delle ostilità tra i MacLeod e i MacGregor: Donald Mór ne compose invece tre: “MacLeod’s Controversy”, “The MacLeods’ Salute” e “The MacDonalds’ Salute”; sono tutti e tre considerati tra i brani migliori e più affascinanti dell’intero repertorio dei pibroch. Intorno al 1610 un fratello di Donald Mór, Patrick Caogach, fu assassinato, e lo stesso Donald Mór dovette scappare a Sutherland, dove visse per diversi anni prima di far ritorno a Skye, ove morì nel 1640. Ad egli subentrò il figlio Patrick Mór (1595-1670), tuttora considerato il miglior compositore dell’intera dinastia MacCrimmon, seguito a sua volta dal figlio Patrick Og, nato nel 1645, la cui popolarità arrivò a superare anche quella del padre, essendo Patrick Og ritenuto il miglior piper ed il miglior maestro di bagpipes che la storia ricordi. A Patrick Og succedette Malcolm (1670-1760), che diresse la Piping School di Boreraig fino alla sua scomparsa. L’importanza della dinastia dei MacCrimmon nella storia della Scozia è testimoniata dalla storia di uno dei figli di Patrick Og, Donald Ban MacCrimmon: durante la rivolta giacobita del 1745, Donald Ban si arruolò tra le truppe governative contro Bonnie Prince Charlie, e fu fatto prigioniero durante la battaglia di Inverurie. La mattina successiva un silenzio irreale si impadronì dell’accampamento giacobita: il suono della cornamusa era assente, perché nessuno dei piper avrebbe mai potuto suonare alla presenza di un MacCrimmon prigioniero, fosse pure un MacCrimmon passato tra le fila del nemico! Donald Ban venne quindi lasciato libero, ma sarebbe morto l’anno successivo durante la battaglia di Rout Of Moy. Prima di lasciare Skye per arruolarsi tra le truppe governative, Donald Ban MacCrimmon compose la struggente “Cha Till Mac Cruimen”, o in inglese “MacCrimmon Will Never Return”, o più semplicemente “MacCrimmon’s Lament”: il ritornello di questa canzone preannunciava che l’autore del brano, quasi prefigurando la propria morte, non avrebbe mai più fatto ritorno a Skye. La premonizione è ancora più sconvolgente considerando che Donald Ban MacCrimmon fu l’unico a perdere la vita nel corso della battaglia di Rout of Moy! “MacCrimmon’s Lament” divenne in seguito un brano popolarissimo in tutta la Scozia: esso veniva tradizionalmente cantato, o eseguito dal suono delle bagpipes, quando le navi cariche di emigranti salpavano dai moli dei porti scozzesi verso il Nuovo Mondo. La dinastia dei MacCrimmon ebbe termine con i figli di Malcolm, Iain Dubh (1730-1822) e Donald Ruadh (1740-1825). Iain entrò in serio contrasto con i MacLeod per problemi riguardanti l’avita tenuta di Boreraig, e per questo motivo pensò anche di emigrare in America. Cambiò però idea all’ultimo minuto, e fece ritorno a Skye, dove morì. Donald Ruadh invece si recò in America dove combattè le guerre di indipendenza dalla parte dei Lealisti. In seguito fece ritorno in Scozia. Morì a Londra nel 1825, all’età di 82 anni: la lunga linea ereditaria dei MacCrimmon di Skye scompariva con lui. Testo di Alfredo De Pietra Copyright © New Sounds 2000 |