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Joe Ross & Janet Naylor & Friends – The Harper’s Reverie: Irish Music Of Turlough O’Carolan 

Testo di Alfredo De Pietra

In onore del bardo

La trasversalità del principale compositore irlandese del Seicento non ha limiti: un polistrumentista dell’Oregon, con radici nella musica bluegrass, dedica un intero album all’arpista Turlough O’Carolan. Due brani sulla nostra compilation

 C’è poco da fare. È praticamente impossibile occuparsi di musica irlandese senza imbattersi a più riprese nella mitica figura dell’arpista cieco Turlough O’Carolan, e questo vale per il critico, per l’appassionato e anche per il musicista.

Questa volta a rimanere affascinato dalla figura e dall’arte compositiva del bardo di Nobber è Joe Ross, multistrumentista americano (hammered dulcimer, mandolino, synth, concertina e contrabbasso) che in compagnia della arpista neozelandese Janet Naylor e della band Oregon Celtnicks (Michael Bardossi violino, Julia Heydon violino e flauti dolci, Kevin McCormack flauto e concertina e Peter Pollazek synth) ci offre questo mese il suo album The Harper’s Reverie (splendido l’artwork della copertina!), a scanso di equivosci sottotitolato “Irish Music Of Turlough O’Carolan”.

Vista l’ubiquitarietà di O’Carolan nella musica  irlandese (anche) odierna, sarà a questo punto forse opportuno ripercorrerne brevemente le vicende umane e artistiche. L’anno di nascita fu il 1670, il luogo Nobber, nella Contea di Westmeath, ma da bambino il piccolo Turlough si trasferì con la famiglia nella zona compresa tra le contee di Roscommon e Leitrim. Suo padre lavorava in una fonderia di proprietà delle famiglie  St.George e MacDermott Roe. Negli anni dell’adolescenza divenne cieco a causa del vaiolo, e venne ben presto accolto proprio dalla signora MacDermott Roe, nella tenuta di Alderford. Qui il giovane O’Carolan studiò l’arpa per tre anni con un maestro di musica; una leggenda, invero molto più fantastica, narra invece che furono le fate a ispirarlo. Qualunque sia la realtà, sta di fatto che all’età di 21 anni, con un cavallo, una guida e un po’ di denaro, Turlough O’Carolan iniziò la sua carriera di arpista itinerante, non spingendosi tuttavia mai troppo lontano dalle contee dove aveva vissuto fino ad allora.

Nella tradizione bardica irlandese, l’arpista era un personaggio rispettato e di elevato livello sociale, soprattutto nelle case dei nobili: lì gli arpisti componevano melodie che venivano denominate “planxty”, ovvero tributi musicali nei confronti dei mecenati che li ospitavano e li nutrivano.

In questo panorama, O’Carolan era tuttavia considerato molto più che un musicista o un compositore: per tutti era piuttosto un saggio, un uomo di grande eloquenza e profondità, anche se in realtà spesso l’arpista indulgeva al pettegolezzo nei confronti di chi lo aveva ospitato in precedenza, ancor più se egli non era rimasto soddisfatto del trattamento ricevuto. Molte furono anche le amanti del bardo, ciascuna delle quali omaggiata con un brano ad essa dedicata.

Con tutto ciò, fu però una certa Bridget Cruise il vero amore (tra l’altro non corrisposto) della sua vita, almeno a giudicare dal numero di composizioni più o meno direttamente a lei collegate.

Dal punto di vista musicale, è universalmente riconosciuta una notevole influenza del barocco italiano (in special modo Geminiani e Corelli) nella musica di O’Carolan. Si ritiene che oltre duecento furono i brani composti dall’arpista, ma buona parte di questi non è sopravvissuta al tempo.

Ci si potrebbe allora chiedere come la musica dell’arpista cieco sia riuscita ad arrivare – almeno in parte – ai nostri giorni: il merito va a un altro personaggio mitico della musica irlandese del passato, Edward Bunting, che riuscì a trascrivere le melodie dei brani che ebbe modo di ascoltare nel 1792 nel corso del Belfast Festival of Harpers, una riunione di musicisti e musicologi ante litteram interessati a conservare in questo modo la tradizione arpistica irlandese.

Turlough O’Carolan morì nel 1738, e venne sepolto nel cimitero annesso alla vecchissima (VI secolo) O’Duignan Abbey, a Kilronan, accanto alle sepolture della famiglia MacDermott.

Si potrebbe discutere a lungo sul valore dell’opera del bardo di Nobber. Certo, dal punto di vista dell’appassionato di musica classica queste melodie potrebbero sembrare fin troppo “semplici” e forse anche banali dal punto di vista dell’armonizzazione e del contrappunto. O’Carolan resta tuttavia, a nostro modo di vedere, una figura artistica in bilico tra musica classica e tradizionale, e il valore delle sue composizioni è testimoniato dalle decine e decine di rielaborazioni che continuano ad affacciarsi sul mercato, a opera di interpreti della più varia estrazione artistica: ensemble orchestrali, arpisti, chitarristi, band di musica irlandese, tutti contribuiscono a tenere viva ancora oggi la fiamma artistica di Turlough O’Carolan.

Torniamo a questo punto a Joe Ross, musicista per altro più incline alla musica bluegrass: nel 1990, in compagnia della moglie (arpista pure lei) si trova ad assistere all’O’Carolan Festival, che si svolge annualmente nel pittoresco villaggio irlandese di Keadue, nella contea di Roscommon, proprio lì dove visse e compose l’arpista cieco.

Tornato negli States, il convincimento di registrare un disco interamente composto dalle melodie di O’Carolan si fa sempre più forte, e nel 1998 The Harper’s Reverie vede la luce: un ottimo compendio dei brani più celebri dell’arpista del diciassettesimo secolo, rivisitati con gusto e – soprattutto – rispetto, senza farsi prendere la mano dalla smania di stravolgere melodie la cui bellezza sta principalmente nella loro semplicità, caratteristica peraltro comune un po’ a tutta la musica irlandese.

Due sono i brani tratti da The Harper’s Reverie presenti sulla nostra compilation di questo mese: “O’Carolan’s Welcome” si ispira proprio alla vita errante dell’arpista; il nobile di turno era pronto ad offrirgli il benvenuto, fatto di un pasto caldo e di un soffice letto, in cambio della musica e del pettegolezzo sul precedente mecenate. La suite “Morgan Magan/Fanny Power” è invece composta da due brani, dedicati a due personaggi che ospitarono O’Carolan: Morgan Magan, appunto, e Frances (Fanny) Power, figlia di un nobile della contea di Galway; una delle molte composizioni dedicate dall’arpista alla famiglia Power.

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