I Chieftains
Home Musica Amici nel web Keltika Links Page CD Reviews

 

 

 

I Chieftains

 

Per loro stessa ammissione i Chieftains costituiscono per la musica tradizionale irlandese ciò che i Rolling Stones rappresentano nell’ambito del rock: degli ex-rivoluzionari oggi dall’aspetto tranquillo che continuano, tournée dopo tournée, ad andare in giro per il mondo, senza sapere quando la loro avventura terminerà. Se i puristi degli anni ’60 disapprovavano il loro approccio ad una musica irlandese suonata in gruppo, quelli di oggi vedono in essi nient’altro che stelle dello show business. La loro carriera va tuttavia molto al di là di una tale visione superficiale: a ben vedere essa ha collegato la vita di dieci musicisti ad oltre quaranta album, a creazioni per il teatro ed il cinema, ad opere sinfoniche, ad album solistici, a sperimentazioni musicali, a centinaia di migliaia di chilometri percorsi in tour, a prestigiosi premi internazionali e ad un concerto di fronte ad un pubblico di oltre un milione di persone. E soprattutto ad una incontestata reputazione per il loro infinito entusiasmo. 

L’inizio degli anni ’60 è un periodo molto importante nella storia dell’emigrazione irlandese: John F. Kennedy era il primo discendente di emigranti irlandesi (oltre che il primo cattolico) a diventare presidente degli Stati Uniti, nel gennaio del 1961. Lo stesso anno un gruppo di musicisti irlandesi emigrati in America, denominato Clancy Brothers & Tommy Makem, aveva conosciuto un successo senza precedenti: le loro canzoni ed il loro stile musicale li avevano resi in breve tempo delle stars, offrendo tra l’altro (e finalmente) a tutti gli emigranti irlandesi l’occasione di considerare la propria musica come una forma d’arte degna di interesse e di rispetto.

In Irlanda ed in Inghilterra questo trionfo fu tra gli elementi artefici del cosiddetto ballad boom, che vide emergere in Irlanda gruppi come i Dubliners ed i Wolfe Tones. Nella maggior parte dei casi le bands irlandesi dell’epoca si limitavano ad eseguire in modo scontato e piatto ciò che i Clancy Brothers suonavano con notevole talento, poiché in realtà ben poche di queste giovani bands avevano una reale conoscenza della tradizione musicale irlandese: tra le poche eccezioni di “competenza” sono da citare la famiglia McPeake a Belfast, Tomás Ó Canainn a Cork ed il Pipers’ club a Dublino.

Fu un musicista di estrazione classica, Seán Ó Riada (vedi riquadro) ad avere l’idea di riunire alcuni musicisti tradizionali con il nome di Ceoltóirí Chualann (“I musicisti di Chualann”). Nel 1959 Ó Riada, all’epoca direttore musicale dell’Abbey Theatre di Dublino, era in cerca di musicisti per eseguire un brano di Bryan MacMahon: Paddy Moloney, all’epoca ventenne, fu chiamato a partecipare al progetto, insieme al suo amico Seán Potts al tin whistle, a Sonny Brogan all’accordion ed a John Kelly al flauto. Grazie al successo ottenuto, Seán Ó Riada decide di formare, secondo le sue stesse parole, “una piccola orchestra da camera che suoni folk irlandese”, aggiungendo ai musicisti sopra citati un violinista di formazione classica, Martin Fay. Nel 1960 Ó Riada ottenne per i suoi protetti il contratto per una serie di trasmissioni radiofoniche presso Raidió Éireann, denominate Reacaireacht an Riadaigh, trasmissioni che li fecero conoscere in tutta l’Irlanda.

La musica irlandese all’epoca non era di certo sufficiente a dare un sostentamento decoroso a questi musicisti, per cui tutti i membri del Ceoltóirí Chualann avevano un’altra occupazione stabile: Paddy Moloney faceva il contabile, Martin Fay l’agente di cambio e Seán Potts era impiegato alle Poste. Tutti i membri dei Chieftains rimarranno “dilettanti” fino al 1975!

 

Il vero esordio dei Chieftains si avrà con la proposta, fatta nel 1962 a Paddy Moloney dal suo amico Garech Browne, di registrare per la propria etichetta Claddagh Records. Venne invitato un altro amico di Paddy, il flautista Michael Tubridy, ed un vecchio fabbro della Contea di Westmeath, Dave Fallon, rispolverò per l’occasione il suo vecchio bodhrán. Paddy Moloney non era tipo da accontentarsi di una registrazione fatta alla buona da musicisti messi insieme per una sera, e così le prove per l’album durarono ben sei mesi. Il primo disco del gruppo, che nelle intenzioni sarebbe dovuta rimanere un’opera unica, vide la luce nel 1963. I dischi di musica strumentale erano molto rari agli inizi degli anni ’60, ed anche per questo motivo bisognerà attendere ben sei anni per vedere un secondo album dei Chieftains.

L’approccio di Paddy Moloney privilegiava arrangiamenti (senza alcun dubbio sotto l’influenza di Seán Ó Riada) che si posizionavano a metà strada tra due tendenze considerate sino allora incompatibili: i musicisti classici suonavano in orchestre la cui musica era ovviamente basata sulle armonizzazioni, mentre i musicisti tradizionali irlandesi suonavano in modo solistico una musica basata su ornamentazioni. I primi gruppi di musica irlandese, le Céilí Bands degli inizi del XX secolo, suonavano a loro volta praticamente sempre all’unisono. Sebbene non sapesse leggere né scrivere la musica, Paddy Moloney riuscì a creare una sintesi tra questi due mondi musicali, senza dimenticare anche una delle caratteristiche del jazz, musica i cui interpreti si esprimono solisticamente quasi sempre in sequenza: quest’ultima tendenza si accentuerà in seguito all’interno dei dischi e dei concerti dei Chieftains, e sara ripresa più tardi da altri gruppi, come ad esempio i Clannad.

Oltre all’energia profusa da Paddy Moloney, anche la determinazione del fondatore-direttore della Claddagh Records, Garech Browne, fece molto per la riuscita di questo disco, e niente venne lasciato al caso: il nome del gruppo, ad esempio, fu scelto su suggerimento del poeta e collaboratore della Claddagh John Montague, uno dei cui libri era intitolato Death of  a Chieftain (“Morte di un Capo”). Si potrebbe tra parentesi constatare il livello dell’evoluzione odierna dell’industria discografica irlandese semplicemente constatando che questo primo disco dei Chieftains vendette solo alcune centinaia di copie, numero tra l’altro considerato all’epoca molto incoraggiante!

Oltre ad essere considerato rivoluzionario dalla gran parte dei musicisti tradizionali irlandesi, il primo album dei Chieftains costituì l’occasione, per la critica, di scoprire il talento dei musicisti che costituivano il gruppo. Curiosamente una delle rare voci critiche fu proprio quella di Seán Ó Riada che, nel giornale Hibernia, giudicò il disco nel complesso buono, facendo però uso di parole come “maldestro” e “sgradevole”, con un tono generalmente spocchioso. Sebbene culturalmente molto vicini, Paddy Moloney e Seán Ó Riada vissero infatti spesso lunghi periodi di incomprensione artistica.

Anche grazie a questo disco dei Chieftains, il Ceoltóirí Chualann di Seán Ó Riada ottenne nel 1964 dalla Raidió Éireann la commissione di una nuova serie di 22 trasmissioni intitolate Fleadh Cheoil an Raidió (“Il festival musicale della radio”), con chiaro riferimento al grande festival annuale dell’associazione Comhaltas Ceoltóirí Éireann, il Fleadh Cheoil na Éireann. Le competizioni organizzate in occasione delle trasmissioni fecero scoprire il talento di un giovane fiddler di 17 anni chiamato Seán Keane, che fu “arruolato” nel gruppo di Seán Ó Riada alla fine dei suoi studi di elettronica. Nel frattempo Paddy era stato nominato, nel 1968, direttore della Claddagh Records.

In questo periodo si stabilisce un confine abbastanza fluido tra il Ceoltóirí Chualann, gruppo che si esibisce essenzialmente in trasmisssioni radio, ed i Chieftains, il cui numero di concerti aumenta molto lentamente, perché anche per quel che riguarda la qualità delle sale da concerto, l’esigenza di Paddy Moloney si rivela assoluta, ai limiti del maniacale. La prima apparizione televisiva dei Chieftains risale al 1965, anno in cui fu registrato un loro concerto a Belfast, concerto che venne poi diffuso dal canale britannico Ulster TV. Si può incidentalmente notare come in tutti questi anni i media britannici si siano mostrati in generale molto più attenti all’attività artistica dei Chieftains rispetto alla televisione irlandese: quest’ultima, nata il giorno di Capodanno del 1962, non ha stranamente mai mostrato un eccessivo interesse nei confronti della musica tradizionale irlandese.

Il gruppo conobbe in quel tempo un piccolo periodo di sbandamento, che contribuisce a spiegare parzialmente il lungo periodo di attesa del secondo album. Nel 1968 Seán Potts e Martin Fay firmarono un contratto di un anno per una serie di concerti con la Gael Linn, casa editrice di libri e dischi fondata nel 1951 dallo Stato con lo scopo di promuovere la cultura irlandese di lingua gaelica.

Paddy Moloney, stipendiato dalla Claddagh, comprendeva ovviamente che era impossibile per lui seguire i suoi amici, e si rassegnò a vedere il suo gruppo formato, per diversi mesi, da solo quattro elementi: lo stesso Moloney, Michael Tubridy, Peadar Mercier (al posto di Dave Fallon) ed il giovane Seán Kean.

Dopo un 1968 caratterizzato da un notevole numero di concerti la sera, il lavoro quotidiano di mattina ed un crescente interesse da parte dei media, fu presa la decisione di preparare un secondo album, che comprendesse anche Seán Potts e Martin Fay. Il gruppo comprendeva quindi a questo punto sei musicisti. Essendo all’epoca l’Irlanda scarsamente dotata di validi studi di registrazione, Chieftains 2 fu registrato a Edimburgo nello spazio di un week-end, nell’aprile del 1969, ed il successivo Chieftains 3 a Londra nel 1971, poiché le esigenze di qualità di Paddy Moloney richiedevano necessariamente le tecnologie più avanzate del momento. Tra parentesi, tutto ciò indica anche il grande cammino percorso in questi decenni dagli studi di registrazione irlandesi, che figurano oggi tra i migliori e più richiesti a livello planetario, a prescindere dal tipo di musica.

Per Chieftains 2 Paddy spinse la propria esplorazione musicale ancora un po’ più lontano con The Foxhunt, un descriptive piece in cui il musicista imita di volta in volta i cani, i cavalli, la volpe, ecc. In quest’occasione Paddy compose una vera e propria opera orchestrale di oltre 5 minuti, ma decise anche di vestire i panni dell’uomo d’affari per la promozione del disco negli Stati Uniti.

Questa onnipresenza di Paddy Moloney sul piano tecnico, musicale, del marketing e del management lo fa talvolta passare per una specie di despota: il suonatore di bodhrán dell’epoca, Peadar Mercier, disse a questo proposito nel 1974 che effettivamente egli aveva spesso la sensazione di “recitare un ruolo di secondo piano”, ma che comunque ciò non costituiva per lui un problema. Va però ricordato che sono state alcune sgradevoli esperienze ad aver fatto diventare Paddy così diffidente nei confronti di alcuni organizzatori: egli richiede spesso la metà del cachet prima dello spettacolo e l’altra metà nell’intervallo del concerto!

 

Anche l’album Chieftains 2 fu un successo commerciale, ed i giornali americani iniziarono ad interessarsi in modo serio ai Chieftains. Ancora una volta la sorpresa negativa venne da Seán Ó Riada, che nel marzo 1970 annunziò che poneva fine al progetto Ceoltóirí Chualann dichiarando inoltre che non vedeva alcun futuro per i Chieftains, di cui notava grossi limiti nell’ambito della produzione. Il gruppo giudicò queste critiche come dettate dalla gelosia, e incurante proseguì per la sua strada.

L’inizio degli anni ’70 fu senza dubbio il periodo più difficile per il gruppo, a causa delle difficoltà di conciliare attività professionali mattutine ed ingaggi serali, ingaggi che ad onor del vero Paddy era riuscito a moltiplicare. Dopo un veloce passaggio (della durata di un week-end) negli Stati Uniti nel 1972, due grandi tournée furono organizzate nel 1974 e nel 1975. Nei loro dischi alcuni artisti ospiti iniziarono ad aggiungere una qualche nota di originalità: ad esempio nel terzo disco, nel 1971, Pat Kilduff registrò qualche lilting vocale per un reel e per alcune slides.

Nel 1972 la BBC dell’Irlanda del Nord propose al gruppo di suonare, insieme alla sua orchestra sinfonica, un brano dell’arpista Turlough O’Carolan per celebrare in televisione la festa di San Patrizio. L’arpista dell’orchestra in questione si chiamava Derek Bell, e partecipò, in seguito a questa esperienza, ad alcuni concerti dei Chieftains. Egli è presente nell’album Chieftains 4 (1973) su esplicita richiesta di Paddy, che mostra in questo disco le proprie qualità di arrangiatore in un altro descriptive piece di più di sette minuti: The Battle of Aughrim.

Bisognerà tuttavia attendere il 1974 perché, spinto dai suoi superiori a scegliere tra una solida carriera di musicista classico e “quel piccolo, miserevole gruppo folk”, Derek Bell si decida: egli completerà così in modo perfetto il puzzle musicale che Paddy ha in mente fin dagli inizi del “progetto Chieftains”, diventando così il settimo elemento del gruppo.

Una delle melodie più note dell’album Chieftains 4 si intitola Mná na hÉireann (“Donne d’Irlanda”) che diventerà l’icona musicale dei Chieftains quando più tardi verrà riorchestrata e reincisa per il film Barry Lindon. Spesso considerata a torto una melodia tradizionale, Mná na hÉireann è in realtà una composizione di Seán Ó Riada su un poema del XVIII secolo di Peadar Ó Doirnín. A titolo di curiosità vi è tra l’altro da segnalare che Mná na hÉireann è stata re-intitolata in seguito Words nel disco del gruppo pop inglese The Christians nel 1990, ed etichettata nell’occasione “trad. arr. H. Priestman”!

Nel marzo 1974 il giornale musicale inglese Melody Maker realizzò la prima grande intervista internazionale al gruppo. La prima tournée negli Stati Uniti, nell’autunno dello stesso anno, rivelò la loro grande popolarità presso un pubblico di certo più avvezzo alla musica pop-rock degli anni ’70 che non alla musica tradizionale irlandese: certo, una gran parte di questo pubblico era innegabilmente di origine irlandese, soprattutto in città come Boston o Los Angeles, ma questo fatto non poteva bastare da solo a spiegare in modo completo la loro crescente notorietà. In quella occasione, come del resto anche nelle tournée successive, una delle grandi idee di Moloney fu quella di mirare ad un pubblico giovane, dandosi da fare per contrastare, con la musica del gruppo, l’immagine degli irlandesi negli Stati Uniti, considerati sì un popolo cordiale, ma tutto sommato abbastanza arretrato.

Dopo due settimane di concerti e di trasmissioni radio-televisive negli States tutti i membri del gruppo (tranne Paddy) ripresero le proprie abituali attività lavorative il lunedì mattino. La situazione era diventata francamente paradossale, ma tuttavia era ancora fuori discussione per la maggior parte dei membri dei Chieftains il fatto di abbandonare i propri impieghi stabili nell’ambito di una situazione economica complessivamente incerta, anche perché tutti, ad eccezione di Derek Bell, erano diventati nel frattempo padri di famiglia. Nel febbraio del 1975 Paddy si recò al MIDEM di Cannes per promuovere la casa discografica Claddagh e dare al progetto un respiro internazionale: vi incontrò Jo Lustig, all’epoca celebre impresario americano. Conscio del potenziale di un gruppo che non chiedeva che di diventare professionista, e avendo deciso pertanto di ottenere un contratto, Lustig organizzò per i Chieftains un concerto a Londra in una delle più prestigiose concert-halls inglesi, la Royal Albert Hall con i suoi 6.000 posti a sedere. Nel giro di due settimane si arrivò al “tutto esaurito”, e la musica irlandese conosceva così uno dei suoi primi trionfi a livello internazionale, grazie ad un gruppo che esisteva ormai da oltre dieci anni.

Alla fine del 1975 i Chieftains furono consacrati “gruppo dell’anno” dal Melody Maker, davanti a bands storiche come i Rolling Stones ed i Led Zeppelin! A questo punto una decisione doveva essere presa, e nonostante alcune reticenze, rimarcate da alcuni membri del gruppo, Paddy Moloney, Seán Potts, Michael Tubridy, Martin Fay, Peadar Mercier, Seán Keane e Derek Bell accettarono l’idea di tentare l’esperienza professionistica. Dopo lunghi, difficili negoziati tra Paddy e Jo Lustig, nell’estate del 1975 fu firmato un contratto triennale, ma alcuni elementi del gruppo concordarono con i propri datori di lavoro dei lunghi periodi di aspettativa non retribuita, nel caso in cui… 

* * * 

Messi sotto pressione dal loro impresario e dalla casa discografica, ma anche dalle famiglie dei musicisti che formavano il gruppo, i Chieftains si lanciarono quindi in una vasta campagna promozionale: diciotto mesi furono ininterrottamente consacrati a palcoscenici e media inglesi, americani, europei, australiani e neozelandesi, con lo scopo di conquistare tutti i potenziali mercati. Va precisato che una tale attività strategica, data oggi per scontata da tutti i musicisti irlandesi professionisti, all’epoca era ritenuta in Irlanda assolutamente innovatrice. Era però in un certo senso una mossa obbligata, poiché il mercato irlandese era notoriamente troppo piccolo per far vivere in modo decoroso musicisti che non accettassero in un certo senso di “emigrare” in Paesi come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna.

Grazie al loro impresario venne firmato un contratto per l’Europa con la Polydor, per l’Australia con la casa discografica Festival e per gli Stati Uniti con la celebre Island, ma a condizione che un disco fosse pubblicato immediatamente. Registrato a Londra, Chieftains 5 consentì ancora una volta a Paddy di mostrare il proprio talento di compositore nell’ambito di un collage musicale denominato Samhradh, Samhradh.

Due elementi innovativi confermarono inoltre la ricerca di nuovi orizzonti: il lato A del disco ci presenta per la prima volta un timpán o tiompán, ovvero un dulcimer a martello, utilizzato forse nell’Irlanda del Medio Evo (sebbene ciò sia opinabile). La seconda faccia del disco presentava invece alcune melodie bretoni, a testimoniare l’affetto di Paddy Moloney nei confronti dei suoi amici bretoni, Polig Montjarret in testa. Questa tendenza condurrà più tardi i Chieftains a registrare un intero album di musica bretone.

Nello stesso periodo Paddy aveva trovato il tempo di partecipare alle registrazioni di un disco di un altro musicista che, in uno stile differente ma con lo stesso spirito di Moloney, era solito realizzare abitualmente dei “collage musicali”. L’album di Mike Oldfield in questione aveva il titolo di Ommadawn, pronuncia anglicizzata del termine irlandese gaelico amadán (“il folle”). Nell’ambito di una tournée fu organizzata a Londra una seduta di registrazione per una nuova versione di Mná na hÉireann per il film di Stanley Kubrick Barry Lyndon. Perfetto mix di musica classica e di musica dei Chieftains, la colonna sonora di questo film ottenne nel 1976 il primo grande riconoscimento internazionale del gruppo: l’Oscar per la miglior colonna sonora nella sua categoria. 

* * * 

Nel giro di un anno i Chieftains erano diventati delle vere e proprie star. Grazie a Jo Lustig essi avevano ottenuto non solo contatti personali e professionali con un mondo sino allora ad essi sconosciuto, quello dello show business e delle rock star, ma erano anche riusciti a raggiungere mercati finora impermeabili alla musica tradizionale. Paddy aveva comunque raggiunto il suo scopo: dare un riconoscimento internazionale alla vera musica irlandese, troppo spesso confusa con la musica country o con ballate nostalgiche dei crooners americani come Mother Machree, When Irish Eyes are Smiling etc.

Come previsto da Jo Lustig, questo periodo si rivelò estremamente positivo da un punto di vista economico per i membri del gruppo. I dischi assicuravano solo una piccola parte dei loro redditi: nonostante la riedizione dei quattro primi album sotto etichetta Island, i Chieftains nel 1976 non avevano venduto complessivamente più di 250.000 copie. Derek Bell e Seán Keane pubblicarono, sempre nel 1975, degli album solistici, evidentemente con lo scopo di mantenere la propria autonomia artistica, spesso minacciata dalle tendenze monopolistiche di Paddy Moloney.

Erano invece le tournée ad assicurare la maggior parte degli introiti, grazie ad una strategia pubblicitaria molto spinta ed alle notevoli capacità di negoziatore di Paddy. Ma questo nuovo tipo di pressione aveva modificato totalmente il loro modo di vivere, in particolare quando le tournée li tenevano per lunghi mesi lontani dalle loro famiglie. Venne dunque deciso che i tour non avrebbero superato, per il futuro, la durata di tre settimane, fatto evidentemente mal “digerito” dal loro manager: Paddy Moloney dovette di nuovo vestire i panni dell’intermediario, ed il suo senso commerciale dovette cedere il passo alle problematiche familiari dei musicisti.

Era nel frattempo divenuto evidente che Peadar Mercier, che aveva già superato i sessanta anni, non riusciva più a reggere questi ritmi. Egli decise di ritirarsi, lasciando a Paddy il compito di trovare un altro suonatore di bodhrán: un certo Kevin Conneff era arrivato alla musica tradizionale irlandese solo tardivamente, ma era diventato un assiduo frequentatore delle sessions dublinesi, come quelle organizzate dal Tradition Club, di cui era stato uno dei membri fondatori. Conneff aveva tra l’altro contribuito al primo album di Christy Moore, Prosperous, nel 1972.

Il suo debutto con i Chieftains avvenne nell’estate del 1976, nell’album Bonaparte’s Retreat, in cui Kevin è citato come ospite. Dopo una ponderata riflessione, egli accettò di far parte del gruppo in modo definitivo. Questo sesto album, pubblicato nell’ottobre dello stesso anno, perpetuava la tradizione dei mosaici musicali di Paddy Moloney con un’opera di 14 minuti di durata, ispirata alle problematiche delle famiglie gaeliche irlandesi del XVII e del XVIII secolo, i cui uomini in gran numero abbandonavano l’Irlanda per arruolarsi nell’esercito francese. Vi si ritrovano anche per la prima volta alcune parti cantate da Dolores Keane, una giovane cantante di sean-nós della Contea di Galway, che aveva iniziato la propria carriera artistica nel gruppo dei De Dannan.

 

Per l’estate del 1977 Jo Lustig aveva previsto una tournée di proporzioni gigantesche, ma dovette confrontarsi con un nuovo problema: Paddy Moloney era diventato a marzo padre per la terza volta, e Seán Keane attendeva un figlio per settembre. Le relazioni tra il manager ed il gruppo non erano mai state molto serene, poiché Lustig riteneva dal suo punto di vista che un musicista professionista non dovesse comunque anteporre i propri problemi familiari alla musica. I membri del gruppo chiesero invece di comune accordo di “stringere” le dimensioni della tournée in questione in dimensioni più “umane”. In seguito a questa decisa presa di posizione, Jo Lustig diede le dimissioni, ed anche l’etichetta Island abbandonò i Chieftains.

Le cose del resto non andavono per il meglio anche all’interno del gruppo: iniziavano a circolare voci di separazione, rilanciate da una stampa irlandese diventata nei loro confronti sempre più dura con il passare degli anni. Seán Keane annunciò pubblicamente il proprio abbandono, e Potts, Tubridy e Conneff meditavano di tornare alle proprie attività lavorative originali. Di fronte a questa piccola ribellione Paddy Moloney pensò opportuno far convergere l’interesse di tutti i membri del gruppo sul disco successivo: Chieftains 7 fu registrato a Dublino, città ormai dotata di validi studi di registrazione, e venne pubblicato dalla loro nuova etichetta, la CBS.

L’album Chieftains 8, registrato alla fine del 1978, segna la fine di un’epoca per i Chieftains: da un lato Paddy continuava ad affermarsi come un grande compositore con un brano di sei minuti intitolato Sea Images, brano in cui tra l’altro lasciava larghi spazi esecutivi ai suoi compagni; ma Seán Potts e Michael Tubridy, stanchi delle tournée, non avevano modificato la propria decisione di qualche mese addietro: all’inizio del 1979 entrambi decisero di tornare ai loro mestieri d’origine.

In quell’occasione il colpo di genio di Paddy fu riuscire a convincere un vecchio amico, Matt Molloy, già flautista dei Planxty e della Bothy Band, ad entrare a far parte dei Chieftains. Formata ora da sei elementi, la band non cambierà più dopo questo ingresso, ed il primo album di questa versione definitiva del gruppo, Boil the Breakfast Early, fu registrato a Dublino nell’estate del 1979. Quest’anno vide anche l’evento universalmente considerato più significativo della loro carriera, allorquando i Chieftains suonarono, il 29 settembre 1979, al Phoenix Park di Dublino per una messa all’aperto celebrata dal Papa Giovanni Paolo II. Più di un milione di fedeli era presente, senza dubbio il pubblico più numeroso mai riunitosi per una cerimonia.

Il nono album fu pubblicato all’inizio del 1980 e, oltre al debutto di Matt Molloy, comprendeva per la prima volta la presenza di una vera e propria canzone. Inizialmente Kevin Conneff era infatti stato reclutato solo per suonare il bodhrán, cosa che del resto aveva già fatto all’interno della band nel corso degli ultimi quattro anni. Ma le sue capacità di cantante non erano sfuggite a Paddy Moloney. Sulla base della logica dominante nell’ambito della musica tradizionale irlandese fu stabilito un limite netto tra brani strumentali da una parte e canti non accompagnati dall’altra, limitatamente ai successivi album di musica “esclusivamente” irlandese. 

* * * 

L’ultima parte della carriera dei Chieftains, corrispondente agli ultimi venti anni, è un’incredibile successione di progetti, in apparenza sempre più folli, giocati sostanzialmente lungo due grandi direttrici: la musica da film e la sperimentazione musicale. Il primo (e più celebre) di tali “viaggi musicali” fu la visita di due settimane in Cina nell’aprile del 1983, visita che confermava la volontà del gruppo di allargare il proprio orizzonte, sia da un punto di vista musicale che commerciale. Da sempre abituati a suonare con gruppi locali nel corso delle loro tournée, i Chieftains collaborarono in ogni città cinese con una orchestra locale: gli scambi musicali in questione si rivelarono tanto ricchi che due anni dopo venne pubblicato l’album The Chieftains in China, mélange di melodie irlandesi e cinesi suonate dai Chieftains e da un ensemble strumentale cinese.

Nell’ambito di una logica molto simile, un disco di musica bretone venne registrato nel 1986 grazie alla forte amicizia che lega da sempre Paddy Moloney e Polig Montjarret, e nel maggio 1987 fu organizzata una tournée in Bretagna.

Dal 1983 al 1986 la sponsorizzazione dei Chieftains da parte della Guinness li spinse al rango di ambasciatori turistici dell’Irlanda. Ma nel 1989 essi furono nominati ambasciatori musicali dell’Irlanda anche direttamente dal governo irlandese, con l’incarico di rappresentare l’isola di smeraldo in tutto il mondo con i loro concerti e la loro musica. Un riconoscimento forse un po’ tardivo, ma ampiamente meritato.

Altri due incontri risultarono fondamentali nel corso della loro carriera: nel 1986, dopo la firma di un contratto discografico con l’etichetta di musica classica Victor Red Seal (BMG-RCA), i Chieftains registrarono un album intitolato In Ireland con uno dei più grandi flautisti classici in assoluto, l’irlandese James Galway, disco seguito nel 1990 da Over the Sea to Skye, sempre con Galway. Nel 1988 invece, una partnership a tratti alquanto travagliata con il nord-irlandese Van Morrison ebbe per risultato artistico l’album Irish Heartbeat, disco che servì tra l’altro a rilanciare la carriera del rocker-bluesman, in attività sin dagli anni ’60.

Le musiche da film composte da Paddy Moloney, che prevedevano sempre più spesso l’impiego di orchestre sinfoniche, erano diventate una delle principali attività del gruppo: oltre al lavoro per Barry Lyndon (1975), i Chieftains possono essere ascoltati in produzioni di vario genere, come Un Taxi Color Malva di Yves Boisset (1977), il film Tristano e Isotta (1991), la serie storica franco-irlandese The Year of the French (1982), il film canadese The Grey Fox (1983), il documentario Ballad of the Irish Horse (1985), il cartone animato Tailor of Gloucester (1988) ed il film americano Treasure Island nel 1989. Per quest’ultimo progetto Paddy chiamò un giovane artista galiziano incontrato qualche anno prima al Festival Interceltico di Lorient, Carlos Nuñez, artista con il quale la collaborazione prosegue tuttora.

Per quanto riguarda il palcoscenico, i Chieftains furono invitati a suonare all’inizio di un grande concerto dei Rolling Stones a Dublino nel 1983 davanti a 83.000 persone. Il gruppo ha lavorato negli anni anche con i Pogues, gruppo di folk-punk anglo-irlandese degli anni ’80, e con Roger Daltrey, vecchio membro della storica band Who; Daltrey compare con Nanci Griffith nell’album dei Chieftains An Irish Evening, pubblicato nel 1991.

I singoli membri dei Chieftains nel corso degli anni hanno iniziato ad intraprendere progetti personali: è risaputo ad esempio che Matt Molloy ha aperto nel 1989 un pub che porta il suo nome a Westport. Tutti i singoli Chieftains hanno pubblicato album solistici, generalmente considerati dischi molto validi; il solo Paddy ha mostrato di preferire collaborazioni sempre più sorprendenti: ha suonato in un disco di Paul McCartney, ha registrato di nuovo per Mike Oldfield ed è stato invitato nel primo album solistico di Mick Jagger, Primitive Cool, pubblicato nel 1987. A Paddy Moloney è stato infine conferito un dottorato honoris causa dall’Università del Trinity College, a Dublino, nel 1988. 

Uno dei principali successi comerciali dei Chieftains di questo periodo fu, nell’ambito della tradizione anglosassone, un album di canzoni natalizie (The Bells of Dublin), pubblicato nel 1991 con la partecipazione di artisti di varia provenienza, come Marianne Faithfull, Elvis Costello, Jackson Browne, Nanci Griffith e Ricky Lee Jones. Questo disco divenne, nel 1995, il primo “disco d’oro” dei Chieftains, con oltre 500.000 copie vendute. Come del resto in occasione di ogni nuova “contaminazione”, la critica da parte dei puristi si fece ancora più severa: per questi era incomprensibile questa smania di superare continuamente i limiti, e si intravvedeva il pericolo di una musica tradizionale irlandese irrimediabilmente trasformata in prodotto di massa. Un’altra critica di questi ultimi anni, forse più accettabile, riguarda la mancanza di spontaneità dei concerti, in cui esibizioni troppo rodate da tanti e tanti tour fanno uso degli stessi effetti scenici e delle stesse battute di spirito ormai da decenni.

Nel 1992 l’album Another Country testimoniava una ricerca dei legami tra musica country americana e musica irlandese, tema all’epoca molto di moda. Il disco fu registrato a Nashville con i migliori musicisti del genere: Chet Atkins, Emmylou Harris, Willie Nelson, Kris Kristofferson, Bela Fleck e Ricky Scaggs. Alla cerimonia dei Grammy Awards (equivalente musicale degli Oscar) del 1993, i Chieftains furono premiati per due dei loro ultimi dischi: miglior album di musica folk tradizionale (An Irish Evening), e miglior album di folk contemporaneo (Another Country). Queste onorificenze furono considerate da Paddy Moloney il miglior riconoscimento mai ottenuto, sia a titolo personale che per la comunità musicale irlandese.

Dopo ben tre dischi di contaminazioni musicali, un album di vera musica tradizionale irlandese vide la luce: il suo nome era The Celtic Harp, registrato con la Belfast Harp Orchestra di Janet Harbison. Pubblicato nel 1992, esso rendeva omaggio al lavoro di raccolta svolto da Edward Bunting duecento anni prima, all’epoca dei grandi incontri fra arpisti a Belfast. Anche questo album otterrà l’anno successivo il Grammy Award nella categoria “miglior album tradizionale”. Sull’onda di questi riconoscimenti, i Chieftains si tuffano immediatamente in un nuovo album “sperimentale” pubblicato nel gennaio del 1995, The Long Black Veil, CD cui partecipano i Rolling Stones, Sting, Sinéad O’Connor, Van Morrison, Mark Knopfler, Ry Cooder, Marianne Faithfull e Tom Jones.

Il successo di questo album fu senza precedenti, rendendo noto, anche grazie alle partecipazione di cotanti ospiti, il nome dei Chieftains a livello planetario. The Long Black Veil fu anche il primo disco d’oro dei Chieftains negli Stati Uniti, venne giudicato uno degli “album dell’anno” dal famosissimo Time, e fu premiato con un ennesimo Grammy Award (categoria “migliore collaborazione della musica pop”) grazie al contributo di Van Morrison. Durante la cerimonia un Paddy Moloney visibilmente emozionato disse, alzando in alto il suo trofeo: “Vengo da una piccola isola chiamata Irlanda, e questo è per gli irlandesi!”. 

Nel 1996 il disco Santiago, realizzato in gran parte assieme a Carlos Nuñez, costituì l’omaggio dei Chieftains alla musica galiziana, basca, messicana e cubana, e valse al gruppo il conferimento del quinto Grammy Award, questa volta per la categoria “miglior album di musica folk internazionale”. In seguito, dopo la partecipazione ad un documentario sull’emigrazione irlandese negli Stati Uniti ed un disco natalizio realizzato da Paddy (Silent Night – A Christmas in Rome - in buona parte registrato a Palermo ed a Roma), fu reso omaggio (1997) ai musicisti canadesi con Fire in the Kitchen, ed alla musica al femminile (1999) con Tears of Stone, album che vedeva la partecipazione di artiste del calibro di Joni Mitchell, Loreena McKennitt, Sinéad O’Connor, Bonnie Raitt, Eileen Ivers ed i Corrs. 

Provando a guardare oggi alla carriera dei Chieftains si rimane impressionati: le mode e le bands passano, ma i Chieftains sono sempre lì. Oggi i membri del gruppo hanno un’età che va dai 54 ai 66 anni, e sarà forse difficile per loro continuare a sorprendere e sperimentare, ma il loro ultimo album, pubblicato nel 2000, mostra che gli anni non hanno sminuito o fiaccato il loro entusiasmo. Questo 36° disco, Water from the Well, è stato visto come un sincero ritorno all’Irlanda dallo stesso pubblico irlandese che, va sottolineato, riesce a vedere ormai molto di rado i Chieftains, accaparrati per lo più dal ricco mercato americano.

La longevità dei Chieftains può sorprendere, ma può essere spiegata senza alcun dubbio da un rigore minuzioso mascherato da un aspetto di ingenuo dilettantismo, associato a grandi qualità umane e ad una notevole semplicità nel contatto interpersonale: la loro reputazione, nell’ambito dei professionisti della musica e dei media, è infatti altissima. Un altro motivo, forse più singolare, può contribuire a spiegare questa longevità. Durante le lunghe tournée le loro singole attività rimangono sempre separate, con lo scopo di preservare un’atmosfera distesa ed una certa sincerità sulla scena: i Chieftains non vanno mai in giro insieme, non pranzano mai insieme negli stessi ristoranti, dormono in piani differenti dello stesso hotel, e così via; si ritrovano esclusivamente nei camerini, prima dello spettacolo.

Questi quarant’anni di carriera rappresentano anche, al di là della dimensione musicale, una delle immagini più fedeli dell’evoluzione della società irlandese a partire degli anni ’60: l’evoluzione di una nazione giovane verso un clima di fiducia del tutto nuovo, l’emergere di una generazione urbanizzata, priva di quel complesso di inferiorità di cui avevano sofferto in precedenza padri e nonni, troppo spesso forzati all’esilio.

Il carattere vincente di personalità artistiche come i Chieftains va inquadrata, secondo molti analisti, nel più vasto ambito delle variazioni comportamentali degli irlandesi, principalmente sul piano economico, vero punto di forza dell’Irlanda di oggi. La loro carriera è sufficiente da sola a testimoniare l’affermarsi di una identità culturale sbarazzatasi ormai degli eccessi del nazionalismo, ottimamente riassunta, con un pizzico d’ironia, dal flautista James Galway: “La gente pensa che gli inglesi abbiano colonizzato il mondo, ma in realtà gli irlandesi ci sono riusciti meglio, e per giunta in modo pacifico!”.

 

* * *

 

Seán Ó Riada 

Nato a Cork nel 1931, John Reidy iniziò lo studio del piano in tenera età, considerato un talento precoce. Sebbene tentato dal fiddle, alla fine si orientò verso la musica classica, ed ottenne una borsa di studio presso l’Università di Cork (UCC) nel 1948. Dopo essersi diplomato, e dopo il matrimonio con Ruth Coghlan, fu nominato direttore musicale della radio irlandese (Raidió Éireann) nel 1953. Si dimise nel 1955 per entrare a far parte della radio francese a Parigi, ma la nostalgia lo fece tornare ben presto a Dublino, dove divenne per otto anni direttore musicale dell’Abbey Theatre, oltre a riprendere il proprio posto presso la radio irlandese. Egli realizzò in quest’ambito una serie di trasmissioni radio sulla musica tradizionale irlandese, Our Musical Heritage, in cui fustigava l’evoluzione dell’Irlanda: la scomparsa degli stili regionali, particolarmente per quel che riguarda il fiddle, rappresentava per lui un chiaro esempio di questa degenerazione culturale, ancor più che artistica. E’ in questo periodo che John adotterà la forma gaelica del suo nome, Seán Ó Riada, componendo le sue più importanti opere per orchestra sinfonica e da camera, tra cui Hercules Dux Ferrariae (Nomos n.1) e Five Greek Epigrams (Nomos n.2). Lavorò anche componendo musiche da film, tra cui le più note rimangono quella del documentario di George Morrison, Mise Eire (“Io sono l’Irlanda”) e Saoirse (“Libertà”), dedicata ai lutti che si resero necessari per la causa dell’indipendenza irlandese, ottenuta nel 1921; in queste composizioni Ó Riada fece uso di temi popolari come Róisín Dubh, riarrangiati in modo classico. Nel 1961 una versione cinematografica della pièce di John Synge “Il saltimbanco del Mondo Occidentale” rese il suo nome ancora più famoso in tutta l’Irlanda.

In seguito alla sua collaborazione alla radio irlandese, e dopo che si trasferì nel Kerry, iniziò a contribuire al quotidiano Irish Times. Decise di nuovo di trasferirsi, questa volta definitivamente, nella regione gaelofona del Cúil Aodha (Coolea), ove fondò un coro (Cóir Chúil Aodha), per il quale scrisse partiture a carattere religioso e due messe in gaelico, in un’epoca in cui il concilio Vaticano II decideva di autorizzare per la messa l’utilizzazione di altre lingue, diverse dal latino. La sua impronta è rimasta molto forte in questa regione, e la sua opera, dopo la sua morte, fu proseguita dal figlio Peadar.

L’influenza di Seán Ó Riada sui primi dieci anni di carriera dei Chieftains è evidente, ma la sua importanza si avvertì anche ad altri livelli: a lui si deve ad esempio l’introduzione nella musica irlandese del bodhrán, percussione all’epoca confinata solo in alcune contee (del sud-est e del sud-ovest) e solo in alcune occasioni (il 26 dicembre ed il periodo della mietitura). Preconizzò senza grande successo l’uso del clavicembalo, considerandolo un valido sostituto dell’arpa con corde in budello. Le sue considerazioni sull’uso degli strumenti erano spesso abbastanza nette e prive di sfumature: la fisarmonica venne da lui considerata del tutto incompatibile con la musica irlandese, ed il pianoforte veniva descritto “uno sfregio, una cicatrice sul volto della musica irlandese”. Infine, le Céilí Bands avevano con la musica “…lo stesso rapporto che una mosca ha con un barattolo di marmellata”.

Assunto all’Università di Cork nel 1970, non ebbe tuttavia il tempo di proseguire la sua opera, poiché morì nel 1971 all’età di 40 anni. Egli rimane, grazie alle sue idee innovatrici, uno dei principali artefici del rinnovamento della musica tradizionale irlandese e della sua metamorfosi in una forma artistica universalmente accettata e rispettata.

 

                                                                                              Testo di Erick Falc’her-Poyroux

                                                                                              Traduzione di Alfredo De Pietra