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Grey Larsen & Paddy League: Dark Of The Moon Testo di Alfredo De Pietra Antiche sonorità Irish dal Nuovo Mondo Per quanto strano possa sembrare, uno dei massimi flautisti specializzati nella storia e nella tecnica dell’Irish flute è un americano: il secondo album di Grey Larsen è un disco che ci conferma quanto di buono si dice sul suo conto. In inglese, il termine “Dark of the Moon” indica quella parte del ciclo lunare che inizia il primo giorno successivo alla luna piena e continua fino al giorno che precede la luna nuova: tempo di transizione, tempo di meditazione, sembra ci voglia suggerire il titolo dell’album di Grey Larsen e Paddy League, Dark Of The Moon. Ma Larsen ci rammenta anche un’altra interpretazione: il lato oscuro della luna, perché le tune di questo disco, trasposte in tonalità idonea al flauto, strumento di cui lo stesso Larsen è riconosciuto maestro di assoluto livello, sono per lo più nell’oscura tonalità di Sol minore. Per molti versi questo disco è il perfetto complemento allo splendido volume, a firma dello stesso autore, “The Essential Guide To Irish Flute And Tin Whistle”, recensito su queste stesse pagine nello scorso numero di febbraio. Lì Larsen si mostrava impareggiabile “docente” di flauto irlandese e whistle, con una monumentale opera di sicuro valore didattico e divulgativo. Con Dark Of The Moon comprendiamo invece appieno le ragioni del rispetto e della grande fama di flautista di cui questo americano del Midwest (senza alcun pedigree celtico…) gode, non solo negli States ma anche in Irlanda. In realtà tutto ha inizio molto tempo fa: siamo agli inizi degli anni Cinquanta quando una dozzina di emigranti irlandesi – ex-contadini o ex-minatori trasferitisi nel Nuovo Mondo alla ricerca di una vita migliore – inizia a incontrarsi a Cleveland, con lo scopo di ritrovarsi a suonare insieme la musica della loro terra lontana. Nasce così il Cleveland Irish Musicians’ Club, un ambiente per molti versi riservato, addirittura chiuso, per iniziati. Grande è quindi la sorpresa dei membri del club stesso nel momento in cui – siamo nel 1974 – vi fa ingresso un gruppo di studenti (dall’aspetto decisamente trasandato) del celebre Oberlin College. Racconta il flautista: “Nel momento stesso in cui entrammo, vi fu un silenzio di tomba. Da molti punti di vista – politico innanzi tutto – eravamo lontani mille miglia dal loro modo di pensare, ma una volta che iniziammo a suonare insieme diventammo subito grandi amici.” La riunione settimanale al Cleveland Irish Musicians’ Club diventa un’appuntamento fisso per Larsen, che ogni volta si sobbarca volentieri i 60 chilometri di strada da Cincinnati per impadronirsi dei segreti flautistici di quegli improvvisati maestri. D’altro canto la tentazione era troppo forte, e ormai è un dato di fatto universalmente riconosciuto: per molti versi per guardare alla vera musica irlandese delle origini bisogna andare a cercare in America, là dove le tradizioni musicali – ma non solo – degli espatriati si mantengono più incontaminate. È probabilmente questa la molla che spinge Larsen alla frequentazione di quegli immigrati, e che successivamente (1979) lo spinge naturalmente alla prima trasferta irlandese. A questo proposito è interessante l’approccio del flautista alle tecniche di apprendimento: “Ho imparato una delle track di Dark Of The Moon proprio nel 1979, a casa di Josie McDermott, celebre flautista della contea di Sligo. Era il mio primo viaggio in Irlanda, e mi ero messo in testa che avrei dovuto imparare la musica nello stesso modo in cui questa veniva tramandata di generazione in generazione: in altri termini volutamente rifiutai l’idea di portare con me un registratore, sforzandomi di mandare tutto giù a mente. In questo modo, pensavo, la mia concentrazione sarebbe stata completamente focalizzata sullo sforzo di imparare tutto ciò che McDermott continuava a suonare. Purtroppo invece alla fine della giornata era solo una, la melodia che mi era rimasta in mente, e continuai a canticchiarla all’infinito, nel tentativo di non dimenticarla, durante il viaggio di ritorno, sul retro di un trattore.” Bene, questa tune, per anni chiamata dallo stesso flautista “Ride On The Tractor”, è stata ora ribattezzata per l’occasione “Josie McDermott’s Reel”. L’approccio “primordiale” di Larsen lo ha portato a un generale riconoscimento: a detta di molti specialisti è proprio lui, americano del Midwest, uno dei musicisti “custodi” della pura tradizione irlandese. Ciò in buona parte grazie agli insegnamenti del fisarmonicista Michael J. Kennedy (1900-1978), un ex-contadino irlandese trapiantato a Cincinnati, città di Larsen. Fu lui a parlare per la prima volta al flautista americano delle “crooked tune”, termine che indica una melodia che presenta alcune battute aggiunte all’interno della propria struttura: “Oggi le crooked tune sono quasi scomparse nel repertorio irlandese – spiega Larsen – ma fino a qualche decennio fa ve ne era un buon numero, e ritengo che cento anni or sono erano veramente moltissime. È qualcosa che stava per andare smarrito per sempre.” Al di là dell’importanza storico-documentaristica di un simile approccio, Dark Of The Moon, secondo disco dell’accoppiata Grey Larsen & Paddy League dopo The Green House, si mostra album interessante e gradevole, come testimoniano i due brani presenti sulla nostra compilation mensile: il set di reel “The Cat That Ate The Candle/Petticoat Loop/The Corry Boys” è proprio un esempio di crooked tune, mentre “Another Jig Will Do/The Ship Doctor/I’m The Boy For Bewitching Them” è una gustosa serie di slip jig. In ognuno dei brani il flauto, il tin whistle e la concertina di Larsen sono supportati in modo creativo ed energetico dalla chitarra e dal bodhrán di Paddy League. Dark Of The Moon, disco che farà la gioia (soprattutto, ma non solo) dei flautisti, può essere ordinato direttamente presso il sito web dell’autore: http://www.greylarsen.com/store/recordings.php
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