Flook
Home Musica Amici nel web Keltika Links Page CD Reviews

 

 

Flook – Haven

Intervista esclusiva di Alfredo De Pietra

Dieci anni di flauti, alla conquista del mondo

Nato come formazione “flutes-only”, il quartetto arriva oggi alla sua opera più matura: un album dei Flook non arriva mai a caso…

L’idea era folle. Una di quelle idee che difficilmente avrebbero potuto funzionare, nata per caso in una discussione tra musicisti, alla fine di un session in un pub: una band di musica tradizionale composta da tre flautisti!…perché no? I tre in questione erano Sarah Allen, Brian Finnegan e Michael McGoldrick, e con grande sorpresa (tra l’altro degli stessi diretti interessati), la cosa fin dagli inizi, ovvero fin dalle prime gig, pareva proprio procedesse bene.

Certo, il fatto di improntare un intero concerto esclusivamente sulla sonorità degli strumenti a fiato poneva qualche dubbio, e fu così che venne cooptato nell’impresa il chitarrista Ed Boyd. Lo stesso nome della band, The Three Nations Flutes, venne mutato in Fluke!, ma ben presto i quattro si resero conto dell’esistenza di un’altra band con lo stesso nome, specializzata in musica techno. Fu così che nacquero i Flook (www.flook.co.uk), gruppo oggi tra i più celebrati di musica irlandese, giunto ormai ai dieci anni di attività festeggiati degnamente con Haven, album splendido per concezione e ispirazione, accattivante e insieme intelligente, raffinato e pieno di spunti interessanti e innovativi.

Dei quattro musicisti della formazione originale, solo McGoldrick non fa più parte dei Flook, avendo deciso di optare per una carriera solistica nel campo della fusion tra folk, world music, jazz ed elettronica; il suo posto è stato preso con successo non da un ennesimo flautista, bensì dal bodhrán di John Joe Kelly, musicista che molti critici ritengono la vera anima innovativa delle scelte artistiche di questi ultimi anni della band

Sarah Allen ha risposto ad alcune nostre domande sul passato e sul presente dei Flook e sulle scelte artistiche che contrasegnano Haven.

Siete arrivati ormai a dieci anni di attività insieme, un traguardo non certo semplice da raggiungere: esiste un segreto della vostra longevità come gruppo?

“Ci divertiamo a suonare insieme, e questa è senza dubbio la cosa principale. E poi ci piace viaggiare e continuare a conoscere nuova gente nei posti più svariati. Ma a parte tutto ciò, cerchiamo di essere molto democratici all’interno della nostra band, nel senso che ciascuno può dire liberamente la sua su qualsiasi argomento: in questo modo alla fine nessuno di noi può dirsi insoddisfatto, dal momento che chiunque ha avuto modo di esprimere la sua opinione. E infine rispettiamo la necessità di privacy, di uno spazio personale per ciascuno di noi, e anche se lavoriamo molto, preferiamo che i tour non siano eccessivamente lunghi.”

E in dieci anni di attività, solo tre dischi ufficiali…

“Preferiamo uscire con un album solo quando ci sembra sia il momento, non siamo schiavi della mentalità per cui ogni anno ci deve essere a ogni costo un nuovo disco.”

Come per i precedenti dischi, anche Haven è auto-prodotto: alle vostre spalle non c’è nessuna casa discografica. Qual è il motivo?

“Preferiamo stabilire tutto noi, in modo che la nostra musica sia frutto delle nostre decisioni. Certo tutto ciò non è per nulla semplice, ma pensiamo ne valga la pena.”

Ma in dieci anni di attività ne saranno cambiate, di cose, nel vostro modo di suonare…

“Beh, credo che la differenza maggiore sia nella tipologia dell’organico: dalla formazione iniziale che prevedeva tre flauti siamo passati alla presenza del bodhrán suonato da John Joe Kelly. Ciò ha cambiato molto la nostra musica, nel senso che è aumentato il senso di spazialità al suo interno: prima la sonorità era forse un po’ troppo piena, ridondante…”

E cosa, invece, è rimasto dei Flook degli inizi?

“La nostra musica è il risultato di quattro individui che suonano insieme, tre dei quali sono gli stessi degli inizi: da questo punto di vista è logico che molte delle cose che facciamo oggi siano vicine a quelle che facevamo un tempo…”

Andando nello specifico, c’è comunque una qualche nuova direzione artistica nei brani di Haven?

“Io penso che Haven forse è leggermente più meditato dei due album precedenti, anche se è evidente che ha molto in comune con il precedente Rubai. La formula è comunque sempre la stessa: cerchiamo di mantenere il nostro tipico “Flook sound”, su cui poi inseriamo qua e là alcuni musicisti ospiti allo scopo di creare nuove combinazioni, nuove strutture musicali.”

Sulla nostra compilation di questo mese andrà il brano “Gone Fishing”…

“Si tratta di un set composto da due brani. Il primo, intitolato proprio “Gone Fishing”, ovvero “sono andato a pescare”, è stato scritto da me ed è dedicato a un osteopata cui mi ero rivolta uno splendido giorno d’estate di alcuni anni fa. Mi disse infatti che in un giorno come quello gli sarebbe piaciuto tanto appendere un cartello alla porta con su scritto “sono andato a pescare” e andarsene a godersi il sole da qualche parte. Il secondo brano, “Shuffle”, è stato scritto da un giovane banjoista, Damien O’Kane. Addirittura Damien l’aveva messo come suoneria del suo cellulare: ci piacque subito, al punto che lo registrammo il giorno stesso che lo sentimmo!”

I Flook e l’Italia, infine…

“Noi amiamo l’Italia, di sicuro è uno dei posti più belli dove andare a suonare. Siamo entusiasti della gente, del cibo, del caffè, della birra…Per quanto riguarda la prossima estate non abbiamo ancora notizie certe, ma speriamo proprio che una capatina da voi riusciremo a farla anche quest’anno…”