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David HB Drake – Wish I Was A Troubadour Testo di Alfredo De Pietra Simpatia e impegno Un incontro fortuito, galeotta una foto scattata da Seán Laffey al Milwaukee Irish Fest dello scorso agosto, ci dà l’opportunità di fare la conoscenza con un personaggio semplice e autentico, un artista esperto e attivo nel sociale: due brani live sulla nostra compilation. La storia del nostro incontro con David HB Drake è una di quelle che merita di essere raccontate. Chi acquista e raccoglie i numeri della nostra rivista ricorderà senza dubbio la copertina del numero 67 di Keltika (ottobre 2003) con l’allegro, simpaticissimo faccione di un (all’epoca, per noi) sconosciuto suonatore di una concertina in cui spiccavano i colori della bandiera irlandese. La foto in questione ci era stata data qualche mese prima a Limerick dal suo autore, Seán Laffey, direttore dell’Irish Music Magazine, e faceva parte del servizio fotografico realizzato dallo stesso Laffey in occasione dello scorso Milwaukee Irish Fest, a detta di molti probabilmente il raduno di musica celtica più importante al mondo. In molti si chiesero all’epoca chi fosse mai quello sconosciuto, attempato menestrello e, confessiamo, anche noi con loro. La questione sembrava destinata alla chiusura senza risposta, se non fosse che viviamo in un’epoca in cui è molto facile, grazie a Internet, superare distanze e quesiti apparentemente insormontabili. Già, perché a questo punto entra in questa storia la presenza della nostra testata sul più importante sito web di musica celtica, l’americano Celtic Cafe (http://www.celticcafe.com/index.shtml): come accade ormai stabilmente da un anno, anche la copertina del fatidico n.67 fece per qualche tempo bella mostra di sé sulla home page del sito web in questione. Bene, qualche giorno dopo, ecco – su per giù – il tenore del messaggio di posta elettronica che ricevemmo da un certo David Drake: “Ehi, ma sono io! Sono proprio io, quello sulla vostra copertina! Ma come diavolo sono andato a finire sulla copertina di un magazine italiano? Ehi, ma forse in questa maniera qualche impresario italiano potrebbe chiamarmi a fare dei concerti…Sa, mio padre durante la seconda guerra mondiale rimase per molto tempo a fare il militare proprio in Sicilia….diceva sempre che era splendida…oh, la Sicilia, non la guerra!…Ascolta, se ti trovi a passare dal Milwaukee quest’estate facciamo una bella gita in barca insieme…” e così via. Insomma, da restare a bocca aperta. Un bel tipo, veramente un incredibile personaggio, questo David H. (che sta per Henry) B. (Blaise) Drake! Un bel faccione stile Babbo Natale che sprizza un’incredibile simpatia, e vi assicuriamo che è impossibile restare seri davanti a qualunque dei suoi messaggi email. Comunque, tra un aneddoto sulla sua vita di marinaio e alcune considerazioni ecologiste, abbiamo scoperto che il buon David non è solo un simpatico mattacchione di 57 anni, ma che è anche – e soprattutto – una specie di troubadour, e uno dei personaggi più noti della Celtic music scene del Wisconsin. Il motivo è presto detto: Drake già da quasi 25 anni è presente con la sua chitarra nei vari festival della zona, primo fra tutti il già citato Milwaukee Irish Fest, ma anche il Wisconsin State Fair, in vari concerti in campus universitari, trasmissioni radio, coffee house e manifestazioni di beneficenza. Il suo sito web (www.davidhbdrake.com, in cui lo stesso Drake fa sapere con orgoglio della sua prossima presenza su un magazine italiano…) ci parla di un repertorio ricco di oltre 200 composizioni, la maggior parte delle quali shanty song, ovvero ballate ispirate a storie che hanno a che vedere con la vita dei marinai. Ma veniamo anche a scoprire un David Drake ballerino, creatore di brani musicali per l’infanzia, tecnico delle luci, attore, pittore, presentatore…se poi vogliamo parlare degli strumenti che suona, il suo eclettismo pare non aver limiti anche lì: chitarra, banjo, concertina, dulcimer e lakota, ovvero il flauto dei nativi americani. Profondamente cattolico, rifugge tuttavia l’ufficialità della Chiesa per professare la sua religione sul campo, in un credo fortemente intriso di spunti ecologisti: tanto per dirne una, Drake tiene ad esempio a far sapere che non confeziona i suoi CD nelle solite confezioni di plastica, poichè danneggiano l’ambiente. Una bustina è più che sufficiente. Se gli si chiede quale sia lo scopo ultimo della sua vita e della sua arte, la risposta sarà inevitabilmente “essere al servizio dell’umanità”, e ciò spiega la presenza della sua musica all’interno di ospizi, ospedali pediatrici e ricoveri per disabili. Nei quasi trenta anni di attività David Drake ha al proprio attivo dieci album, tre dei quali ci sono pervenuti nelle consuete bustine “ecologiche”: A Shooner Songbag e Fisherman’s Beach ci mostrano il compositore di ballad alle prese con storie caratterizzate da naufragi, vascelli fantasma, furiose tempeste e lontani orizzonti da raggiungere. Siccome però la nostra conoscenza con questo incredibile menestrello è nata grazie a una sua foto presa al Milwaukee Irish Fest, ci è parso giusto presentare David HB Drake con il suo CD Wish I Was A Troubadour, registrato dal vivo proprio al grande festival del Wisconsin il lontano 21 agosto 1988: un bell’album in cui il cantautore alterna proprie composizioni a evergreen della musica tradizionale irlandese. Proprio a un paio di questi ultimi tocca il compito di presentare sulla nostra compilation mensile David Drake: “Kilkelly Ireland”, sicuramente una delle più struggenti immigration song della storia musicale d’Irlanda, e la drinking song “The Parting Glass”. In entrambi i casi il troubador del Wisconsin mostra tutto il suo amore per una tradizione che tanta parte conserva ancora nella coscienza popolare d’oltreoceano. |