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Christy Moore: This is the Day Sono trascorsi circa due anni dall’uscita dell’album Traveller, ed in questo periodo di tempo si erano andate moltiplicando le voci che parlavano di un ritiro dalle scene musicali di Christy Moore: dopo oltre trent’anni di carriera, con alle spalle innumerevoli pubblicazioni discografiche, alcune delle quali considerate vere e proprie pietre miliari della musica irlandese di questi ultimi decenni, sembrava che a causa di seri problemi di salute il cantautore di Newbridge fosse giunto al capolinea artistico. Fortunatamente questo “This is the Day” viene a smentire tutto ciò, dando anzi l’impressione di un musicista nel pieno della sua attività e ancora con numerose frecce al suo arco. Le undici canzoni che compongono il CD sono quasi tutte a sfondo sociale, caratteristica del resto costante nella lunga carriera di Christy Moore: il disco inizia con una cover del brano di Jackson Brown “How Long”, seguita da “So Do I” di Wally Page; più in generale solo due degli undici brani sono composti dallo stesso Moore, e curiosamente entrambi hanno per argomento il mondo del giornalismo irlandese: “Veronica” è così ad esempio dedicata alla memoria della corrispondente di cronaca nera Veronica Guerin. Gli altri brani, tutti splendidamente resi in un’atmosfera generalmente intimista, sono rivisitazioni di canzoni di Jimmy MacCarthy (“Jack Doyle”), Dan Penn (“Cry Like a Man”), Mike Waterson (“A stitch in Time”), Arlo Guthrie (“Victor Jara”) ed Ewan McCall (la splendida “Companeros”). Ancora una volta si conferma la sensazione di un artista abile maggiormante nella scelta e nell’interpretazione di materiale composto da altri cantautori, come se per Christy Moore la cosa più importante sia trasmettere un messaggio nella maniera più appropriata: probabilmente, per intrinseci limiti compositivi, sono proprio i due brani autografi i meno riusciti, mentre il resto delle songs diventa sempre più convincente con il ripetersi dell’ascolto del CD. Ad accompagnare magistralmente Christy Moore in questo “This is the Day” sono due vecchi amici dei tempi dei Moving Hearts, Declan Sinnott alle chitarre e l’onnipresente Donal Lunny al bouzouki, chitarra, tastiere e percussioni. “This is the Day” dimostra ancora che il vecchio cantastorie è ancora nel pieno della sua maturità musicale, e questa è comunque una bella notizia.
Alfredo De Pietra © New Sounds 2000 Christy Moore Live At Vicar Street
“Ready, Don? Ready, Dec?” E via, lo spettacolo – o per meglio dire la festa – può avere inizio. Perché proprio di un momento magico il disco di cui vi parliamo è perfetto testimone. Christy Moore Live At Vicar Street è il titolo dell’ultimo CD del cantante forse più carismatico d’Irlanda, ma sbaglia chi immagina grandi cartelloni, prenotazioni e attese di mesi per potere assistere allo spettacolo live presentato in questo stupendo album. No, ormai il grande Christy ha deciso di mettere definitivamente da parte le lunghe, stressanti tournée del passato, ma di tanto in tanto prende e va a cantare in piccoli teatri e locali consacrati alla musica tradizionale, come ad esempio il Vicar Street, uno dei migliori posti dove ascoltare la musica a Dublino. Questi concerti non ricevono alcun tipo di pubblicità, ma vanno ugualmente incontro al tutto esaurito sulla base del semplice passa-parola. La registrazione, di conseguenza, riesce a trasmettere compiutamente quel particolare senso di intimità, il draíocht, tipico di queste particolari situazioni, anche perché buona parte del pubblico è composto da amici e conoscenti di Christy Moore. E quali migliori accompagnatori, per rivisitare degnamente tanti classici del repertorio di Moore, se non due vecchi amici come “Don” e “Dec”, ovvero Donal Lunny e Declan Sinnot? Il precedente album del cantante irlandese, This Is The Day, pubblicato un anno addietro, era stato salutato dai tanti fan come l’album della ripresa, dopo che preoccupanti voci di malattia annunciavano per imminente un ritiro di Moore dalle scene concertistiche e discografiche. Live At Vicar Street è la conferma che il vecchio leone, anche se forse stanco di un’attività troppo frenetica, è comunque in perfetto stato artistico, oltre che in buona salute. È lo stesso cantante a confessarsi nelle note di copertina: “È bello essere tornato a suonare dal vivo. Per un certo tempo sembrava che fosse una gioia ormai scemata. Poi una sera mi trovai a cantare al Marble City, e mi divertii moltissimo. Due giorni dopo John Cleere ci portò a suonare al Cleres Theatre, e anche lì la gioia di cantare fu enorme per me: canzoni, tune e la compagnia di due grandi musicisti, il tutto racchiuso dalla particolare atmosfera che solo un pubblico entusiasta può riuscire a creare. Che tutto ciò possa continuare per ancora molto tempo!” Dec e Don si rivelano i perfetti compagni di viaggio (ma non poteva essere diversamente…) per una serata che deve essere stata indimenticabile per i pochi fortunati ammessi al Vicar Street nel dicembre 2001. Si parte subito con l’accattivante “Continental Céilidh”, per passare ad una intensissima “First Time Ever” di Ewan MacColl, assolutamente da brivido, splendida e con un tempo ancora più rallentato rispetto all’originale. Si volta bruscamente pagina con “Biko Drum” e “McIlhatton”, poi ancora “Allende” e “Johnny Don’t Go”, per chiudere in bellezza con la scatenata “Lisdoonvarna” e con la classica “Ride On” di Jimmy McCarthy. Ma Christy Moore è anche un vero gentiluomo, e allora, anche in modo abbastanza inatteso, dopo “Ride On”, sentiamo che il cantautore prende la parola per tributare un giusto omaggio ad uno dei più grandi compositori irlandesi contemporanei, Noel Brazil, deceduto lo stesso giorno in cui è venuto a mancare anche George Harrison. Alla luce della dedica, la conclusione del CD non poteva che essere una delle composizioni di Brazil, e infatti Christy Moore si congeda con una bellissima versione di “Metropolitan Avenue”. Signore e signori, una gran bella notizia: il grande Christy Moore è tornato più in forma che mai!
Testo di Alfredo De Pietra
Christy Moore Live At Vicar Street – Columbia Sony Music 508635.2 Christy Moore – The Box Set 1964-2004 Intervista esclusiva di Alfredo De Pietra Quarant’anni di musica, quarant’anni di vita. È abbastanza facile comprendere l’opinione generale degli irlandesi nei confronti di Christy Moore. È sufficiente parlare di lui con la gente del posto: la stima, il rispetto e l’affetto per questo grande della musica irlandese emergeranno in modo netto ed evidente. Né potrebbe essere altrimenti, d’altronde: in fondo stiamo parlando di uno dei membri fondatori di due tra le band più importanti dell’Irish music in assoluto, ovvero i Planxty e i Moving Hearts, ma al di là di ciò è la persona Christy Moore, oltre che l’artista, che suscita tanta incondizionata ammirazione. Idee politiche molto ben ponderate e ostentate senza timore, unite al magnetismo delle sue live performance, in compagnia solo della sua chitarra e del suo bodhrán, ne fanno un personaggio di assoluto livello, morale oltre che artistico. E dire che, a differenza della maggior parte dei musicisti irlandesi, Christy Moore non era cresciuto in una di quelle famiglie immerse nell’Irish traditional, tipiche di quelle parti: da giovane era anzi cresciuto in compagnia del rock’n’roll, “fino al momento in cui mi capitò di sentire alla radio Liam Clancy; da quel momento in poi tutto il resto non mi interessò più…”. Il giovane Moore prese a suonare la chitarra col suo compagno d’infanzia Donal Lunny (personaggio che ovviamente per i lettori del nostro magazine non ha bisogno di presentazioni), e ciò lo spinse ad abbandonare un tranquillo posto in banca per partire all’avventura alla volta di Londra. Siamo nel 1966 e, chitarra in mano, Christy Moore prende a frequentare il circuito dei folk club in compagnia di grandi del folk revival d’Oltremanica come Ewan MacColl, Joe Heaney e Hamish Himlach. A parte un oscuro album di esordio di cui in pratica si sono perse le tracce (Paddy On The Road, 1969), il suo debutto discografico avviene nel 1972 con Prosperous, LP che anticipa la formazione dei futuri Planxty (sono insieme a lui per la prima volta Liam O’Flynn, Andy Irvine e Donal Lunny), gruppo che vedrà la luce ufficialmente di lì a poco, con una sopravvivenza fino al 1975 e una ripresa a partire dal 1979 fino allo scioglimento del 1983. La carriera solistica del singer di Newbridge si è sempre sviluppata in parallelo rispetto a quella con i Planxty prima, e con i Moving Hearts in seguito, con splendidi album ricchi di personalità e di fascino: basti pensare a titoli come Ride On (1984), Ordinary Man (1985), Voyage (1989) e Smoke And Strong Whiskey (1991), dischi che non dovrebbero mancare nella collezione di qualsiasi appassionato di musica irlandese. Il 1987 è per due motivi un anno cruciale per Moore. Un attacco cardiaco lo convince a smetterla con gli eccessi di alcool, e l’attentato di Enniskillen, ad opera dell’I.R.A., lo spinge ad annullare definitivamente il sostegno dato in precedenza all’organizzazione paramilitare nord-irlandese. L’attività concertistica di Christy Moore continua senza soste sino al 1997, anno in cui il cantante è costretto a fermarsi per un anno a causa di un profondo esaurimento nervoso. Completamente ristabilitosi, si lancia in un nuovo tour nel 1999, ma purtoppo una ricaduta dei vecchi problemi cardiaci lo costringe a un nuovo stop. Si mormora di un suo ritiro definitivo dalle scene, ma il vecchio leone torna di nuovo a ruggire. Non solo, c’è anche il tempo e la voglia di riformare i gloriosi Planxty, e questa è storia degli ultimi mesi. È comunque forse tempo, per il singer irlandese, di guardare alla propria carriera anche in modo retrospettivo: da tempo si sapeva che Moore era impegnato in un progetto ambizioso quanto faticoso, raccogliere il meglio degli inediti di quaranta anni di attività artistica, ed ecco che finalmente arriva tra le nostre mani il tanto atteso The Box Set 1964-2004, cofanetto sestuplo che contiene, per usare le parole del suo autore-compilatore “101 canzoni che provengono da lati-B, notti insonni, sedute di prova, registrazioni live e incisioni che si credevano distrutte. Questi sei CD rappresentano “i sotterranei” del mio lavoro, a cominciare dalla prima volta in cui mi imbattei in un registratore a nastro, nel lontano 1964.” Così, è con un certo orgoglio che offriamo ai lettori di “Keltika” uno di questi centouno inediti: orgoglio derivante dal fatto che, a quanto comunicatoci dal management dello stesso Moore, si tratta di un’esclusiva mondiale. Non è poi cosa di tutti i giorni presentare un brano scritto in un certo senso dal passato, presente e futuro della musica irlandese: stiamo infatti parlando di “North And South”, firmato, oltre che da Christy Moore, anche da Bono e da The Edge, ovvero i due membri più rappresentativi degli U2. “Si tratta di una versione registrata durante un sound-check al Savoy di Cork, nel 2001- narra Christy Moore nelle note di copertina – È una canzone che iniziò la sua vita nel 1986, a Bellaghy, nella contea di Derry, e fu terminata dieci anni dopo a Dublino. Questo brano ha avuto tanti ammiratori e altrettante critiche…”. D’altro canto, trattandosi di una canzone che tratta delle problematiche nord-irlandesi, è evidente che non potrebbe essere altrimenti. Ad accompagnare Christy Moore (voce e chitarra) in questa versione sono i due fedelissimi Declan Sinnott alla chitarra e Donal Lunny al bodhrán. Christy, come mai questo The Box Set 1964-2004 proprio a questo punto della sua carriera artistica? “In realtà già da qualcosa come otto anni avevo deciso di raccogliere tutta la musica che era sparsa in varie forme nel mio ambiente lavorativo, una situazione per me poco gradevole, dal momento che era all’origine di una grande confusione per la mia vita anche a livello personale. Il materiale era di dimensioni così vaste che sono riuscito a portare a termine questa operazione solo di recente, e questo spiega perché The Box Set 1964-2004 è uscito solo oggi. Sapevo anche che gran parte del mio pubblico aveva una grande curiosità nei confronti di queste mie vecchie registrazioni, e che quindi in qualche modo avrei dovuto dare ai miei fan la possibilità di ascoltare queste canzoni.” The Box Set 1964-2004 consta di sei CD, ciascuno dei quali è indicato da un colore: rosa, lilla, verde, giallo e così via. Le canzoni sono messe a caso in ciascuno dei sei “colori”, o c’è piuttosto un filo conduttore che le accomuna, all’interno di ciascun CD? “Ho deciso di usare i colori che vengono citati all’interno della canzone “Yellow Triangle”. Si tratta di un brano scritto da me una decina di anni fa: parla dell’Olocausto e della necessità di non cadere nell’apatia, di reagire contro l’oppressione. E…sì, c’è un motivo ben preciso che mi ha portato ad associare ciascuna canzone ad un “colore” ben preciso, ma si tratta di una questione molto personale, non mi va di parlarne pubblicamente.” Queste track coprono lo spazio di quaranta anni: cosa è cambiato nella sua musica, in tutto questo tempo? “Tutto, in quaranta anni è cambiato veramente tutto: quaranta anni fa ogni sera me ne andavo in giro con la mia chitarra alla ricerca di un posto dove cantare, di una casa dove passare la notte…di un po’ di amore… di un po’ di cibo…di tanto vino…Non esisteva il business, non c’erano concerti, non c’erano domande, non c’era bisogno di addetti alle public relations…La vita era più semplice, ero povero, giovane e affamato. Oggi, di converso, riesco a focalizzarmi molto meglio sull’elemento-canzone.” Christy, le posso fare una domanda provocatoria? Se dovesse definire la sua musica, parlerebbe di musica celtica o di musica irlandese? “Stronzate, mi creda…musica irlandese, musica celtica…solo stronzate! La mia musica non è all’ombra di alcuna bandiera…” Ascoltando questi sei CD, si avverte la grande importanza della dimensione live nella sua musica… “Suonare e cantare dal vivo è per me di vitale importanza: le canzoni acquistano una vera vita solo in presenza di un pubblico. In realtà noi vediamo le immagini di sfuggita, in una frazione di secondo, ma ogni concerto ha i suoi propri colori, una sua atmosfera del tutto particolare.” Ma lei alla fin fine si sente un po’ cantastorie? “Sì, i vecchi cantastorie in realtà non facevano altro che diffondere le notizie tramite le loro canzoni…in fondo mi sembra un termine abbastanza appropriato alla mia attività…” Quest’anno è stato anche segnato dal ritorno dei Planxty. Cosa vi ha spinti a questa riunione, dopo tutto questo tempo? “Mah, dopo tutto ci siamo riuniti quest’anno dopo un breve riposino di soli ventidue anni! Vede, in realtà io e gli altri membri dei Planxty in tutto questo tempo ci siamo incontrati in continuazione, e parlavamo sempre di tornare a suonare insieme: bene, quest’anno ci siamo riusciti! D’altronde tutti e quattro non abbiamo fatto altro che suonare e fare tour, in tutti questi anni…insomma, voglio dire che non avevamo perso l’allenamento, e quindi è stato semplice tornare insieme: ciascuno di noi aveva il proprio strumento a portata di mano, quindi…” Christy Moore e l’Italia… “I miei ricordi dell’Italia sono leggermente sfocati, ma sostanzialmente molto positivi. Ricordo un pubblico molto amichevole, ricettivo. Ogni volta, prima di iniziare, c’era sempre un gran casino, ma in un modo o nell’altro poi alla fine il concerto andave bene. Per ora non mi pare ci siano prospettive di concerti lì da voi, ma tutto è possibile. Ehi, per caso qualcuno dei vostri lettori era presente a un concerto che i Planxty tennero nel giardino che in precedenza era stato di proprietà di Mussolini? Quello sì, che fu un gran concerto…” Immergersi nell’ascolto di questo cofanetto, acquistabile direttamente presso il sito web ufficiale dell’artista (http://www.christymoore.com/) al prezzo di 55€ comprensivi di spese di spedizione, è in realtà un’esperienza indimenticabile: molti dei brani sono dal vivo, dimensione che si adatta a perfezione alle corde di Christy Moore, e le track sembrano tracciare la storia stessa della canzone irlandese d’autore degli ultimi quattro decenni. Mai un attimo di stanchezza, in questo The Box Set 1964-2004, quasi a simboleggiare l’incessante attività di uno dei più grandi dell’Irish music. Forse del più grande in assoluto.
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